Solito post post vacanze. Torno in Romagna anche quest’anno, anche se ogni tanto mi chiedo perché. Cerco risposte nell’ultimo libro di Vittorio Zucconi (presto ne parlerò qui sul blog), anche lui dice che si ritorna su queste amate sponde per ritrovare quel sapore di buono, quell’illusione di buono aggiungo io, che ci è necessaria per trovare riparo da tutti gli impicci fastidiosi della vita. Ritornare nel posto dove sei stato felice da bambino, con mamma e papà che si occupavano di tutto mentre tu non avevi altra incombenza se non quella di fare il bambino, e dunque divertirti un mondo. In realtà noi andavamo al Lido di Pomposa, qui a Greendale – a due passi da Cesenatico – veniva la pollastrella, ma in sostanza poco cambia, sebbene la Romagna sembri forse più morbida, la Riviera Adriatica emiliano romagnola la vivo come casa in tutta la sua lunghezza. Certo, come dico sempre, qui ci veniamo soprattutto perché a Doe (a Cervia insomma) c’è il kartodromo outdoor più grande d’Europa, so bene con che razza di speed queen / motorhead io stia, ma è innegabile che, al di là di tutto, vi sia una legame atavico che ci lega a queste spiagge.
Mi torna in mente il commento al post dello scorso anno che fece il Michigan Boy, Paolo Barone insomma.
POLBI 7/9/2017: Ho letto il tuo pezzo stamattina presto davanti allo Stretto di Messina. Parli di un Mare e di un mondo che non conosco ma che sei riuscito a rendere affascinante. Sei sempre più bravo, la parte dedicata alla colonia AGIP è da vero fuoriclasse, non è per niente facile riuscire a vedere e descrivere così certi luoghi e certe sensazioni. Che sia per la nostra comunità Rock, per le riflessioni musicali o per i tuoi racconti di vita vissuta, il Blog è una parte importante delle mie giornate.
Ecco, al di là degli immeritati complimenti che sempre mi fa il mio amico Polbi, alias the holy diver, a volte mi dico “beh, spero non mi chieda mai di portarlo sull’Adriatico!”. Sì perché, cosa gli fai vedere ad uno dei più grandi subacquei d’Italia? Uno che di solito si immerge negli abissi dello stretto di Messina, e con questo ho detto tutto. Non so nulla di subacquea, sebbene Paolo sia uno di quegli amici che sono carne della mia carne, ma se ho ben capito immergersi ad esempio nel Mar Rosso (un mare “facile” insomma) è come mettersi ad ascoltare gli Asia mentre farlo nelle profondità marine presenti tra Scilla e Cariddi è come affrontare la Mahavishnu Orchestra.
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Già, che gli racconti a Barone di un mare in cui si tocca anche a 50m dalla riva? Un mare profondo – a queste latitudini – al massimo 300 metri e stressato da una balneazione e urbanizzazione eccessiva, un mare dalla sabbia scura e con una nomea (ingiusta) pari a quella di uno stagno? Un mare che però appena vedi, il giorno in cui arrivi, ti si calma l’animo e in un secondo ti adatti al suo battito, al suo respiro; mare che ti avvolge, ti rallegra e ti immalinconisce, mare insomma che ti fa sentire vivo.
QUIET SEA
Già, mi basta vederlo l’Adriatico per sentirmi subito meglio. Respiro l’aria ricca di iodio come mi diceva di fare mia madre e lo guardo; non smetterei mai di farlo, questa lastra piatta di metallo blu mi infonde nel cuore solo vibrazioni positive.
Passo interi minuti ad osservare vele bianche all’orizzonte, ed è così che – benché meditabondo – riesco a trovare un po’ di sollievo, a lenire i sempiterni blues che mi gironzolano intorno … maledetti diavoletti azzurri.
Anche la pollastrella (ribattezzata Polly qui in riviera) non è certo insensibile al fascino dell’Hadriaticum.
Il primo bagno della stagione lo vivo ogni volta come una sorta di battesimo. La gente a mezzogiorno lascia la spiaggia, rendendola un paradiso (almeno sino alle 16). Il mare è tutto per noi, scivoliamo felici in quel liquido primordiale, ritrovando di nuovo il contatto con noi stessi.
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Pranzare nei baretti sulla spiaggia poi accresce ancor di più l’affetto per questi luoghi.
Quiete, cieli e mari blu, rapsodie romagnole accennate sulla tastiera della mia animuccia.
In cuffia un best di Chris Rea, nulla di troppo impegnativo ma pur sempre bluesy e classy.
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L’unica nota veramente negativa è la musica (?) di melma con cui ci affliggono gli animatori. Quei 5/6 pezzi di odiosa musica (?) commerciale sudamericana sparati a palla alle 5 del pomeriggio e in alcuni hotel dopo cena. Temo non sia un problema solo della riviera romagnola, certo è che in questi momenti anche queste terre e queste spiagge perdono il loro fascino. Il pezzo Amore E Capoeira di Takagi e Ketra feat. Giusy Ferreri è un tormento trasmesso almeno 7/8 volte al giorno. E tutti lì a seguire i passi dei ragazzi che si occupano della animazione, ragazzi non proprio talentuosi. Bambini, adolescenti e adulti affetti da disagio culturale che goffamente (e allegramente) cercano di seguire ritmi elettronici e sviluppi musicali di pessima fattura. Mi chiedo come saranno le prossime generazioni, come potranno essere loro a guidarci avendo un bagaglio musicale così lofi? Intendiamoci, anche quando eravamo piccoli noi c’era una buona fetta di popolazione che ascoltava inezie musicali, ma dall’altra parte c’era un 50% di popolazione che mandava Tarkus dei Emerson Lake And Palmer primo in classifica in Italia (!) e spediva LZ IV e Dark Side Of The Moon in cima alle classifiche universali. E’ con quel tipo di album che hai più possibilità di diventare un essere umano decente, non con Despacito e Amore E Capoeira. Poi certo, naturalmente è giusto che ci sia anche il momento dell’easy listening, purché non sia immondizia musicale.
In alcuni bagni anche il risveglio muscolare delle 10 del mattino viene fatto con quella porcheria elettronica sudamericana … invece di mettere non dico Mozart o Rachmaninov ma almeno che so Sting, Pino Daniele, Nora Jones o al limite anche James Last, per consentire al corpo di risvegliarsi con la dovuta armonia, sparano a palla quegli insulsi motivetti. Destinati all’estinzione, non abbiamo scampo.
L’unico brivido musicale lo provo una sera passeggiando per Cat At the Sea (Gatteo A Mare insomma), il paese a qualche centinaia di metri da Greendale; tenevo Polly sottobraccio mentre mi gustavo un cono limone e liquerizia (sì, lo so che l’italiano corretto vorrebbe le quattro i) quando d’un tratto sento aria sonora (musica insomma) arrivare da uno zainetto di un giovanetto a suo volta avvinghiato ad una ragazzina. D’acchito non riesco a decifrare di cosa si tratti, ma sento che è una vibrazione famigliare, il ragazzo mi passa accanto e finalmente riconosco quel meraviglioso ballo da strappa mutande che è Rock And Roll dei Led Zeppelin.
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Io e Boogie Mama (a volte la chiamo anche così, visto che va pazza per il riff omonimo) iniziamo a rockeggiare e fare le mossette che faceva Jimmy “Poige” alle prese col brano in questione nel film TSRTS. Ma allora c’è ancora speranza … W i Led Zeppelin, W l’umanità, W il rock and roll.
WEIRD THINGS
Anche quest’anno si palesa la presenza di un gruppo di cui leggiamo ogni anno …rullo di tamburi, signore e signori, i Band. Come faccia un gruppo a chiamarsi I Band, solo il diavolo lo sa. Un conto è farlo in inglese, The Band, come il leggendario gruppo americano, un conto farlo in italiano sensato, La Banda, come il vecchio gruppo di Ligabue con alla chitarra il leggendario Mel Previte, un conto è chiamarsi I Band.
Un’altra cosa strana è la mia attrazione per “la Rosetta”, tipico negozio della riviera dove si vende un po’ di tutto: articoli da mare, giochi per i bambini, costumi, abbigliamento, pile, assorbenti intimi, tazze dell’Inter e così via. ROSETTA GRAN BAZAR CONFEZIONI sono le scritte che capeggiano sul locale. Ogni anno ci faccio un giro e snasuplo (ficco il naso in emiliano). Inconsciamente sono alla ricerca del battello rimorchiatore giocattolo che avevo da bambino.
Per un paio di giorni l’Adriatico ribolle. Le acque sono davvero troppo calde e il risultato è l’arrivo di alghe, che soffocano le rive, e di meduse. Per fortuna sono del tipo non urticante, ma fare il bagno con alcune decine di celenterati che ti volteggiano intorno non è piacevole. Fortunatamente una mareggiata sistemerà le cose.
Solita tappa di qualche secondo davanti all’Hotel Riposo, un nome e un albergo fuori dal tempo.
Mentre vado a prendere il mitizzato krapfen caldo delle Tre Palme (pasticceria dove – dalle 21 alle 2 del mattino – vi è una continua processione di gente attratta dai bomboloni appena sfornati ed effettivamente buonissimi) incappo in una Trabant con tanto di adesivo della Repubblica Democratica Tedesca. Essendo affetto dalla Ostalgie, mi inginocchio, mi commuovo e sospiro pensando ai tempi grigi della DDR.
Sosto per qualche minuto davanti al Vista Mare Hotel, l’albergo di John Paul Jones. Un quattro stelle che mi affascina. Chissà se c’è l’ animazione, e chissà se invece di passare diarree musicali propongono altri motivetti allegri tipo No Quarter.
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MOONLIGHT IN CESENATICO
Il Porto Canale di Cesenatico è assai caratteristico, vecchie case adagiate al porto progettato da Leonardo Da Vinci, atmosfere d’altri tempi e romantiche. Passeggiare tra quelle antiche mura e sponde è molto piacevole.
Cenare in uno dei ristorantini tipici poi è quasi commovente; preparano dei fritti misti con frutta (melone e pesca) che ti riconciliano col mondo.
Quando cala la sera e le luci si riflettono sulle acque chete del porto senti gli sgrisòri come diciamo noi in Emilia, brividi che si amplificano se dai un’occhiata alla volta celeste e ti accorgi che la luna e’ una palla ed il cielo e’ un biliardo, quante stelle nei flippers sono piu’ di un miliardo.
Bello camminare al chiaro di luna, sembra quasi di essere in Samosa, e invece siamo qui, a Cesenatico, cittadina che non ci delude mai.
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… e la luna in silenzio ora si avvicina con un mucchio di stelle cade per strada luna che cammina luna di città poi passa un cane che sente qualcosa li guarda abbaia e se ne va.
I’M IN LOVE WITH MY KART (she said)
Ennesima prova sontuosa, come direbbero certi telecronisti che si occupano di sport, della speed queen. Tre puntate al kartodromo, sei gare, quattro primi posti e due secondi posti.
La prima sera impiega 58 secondi al giro, la seconda 57,5, la terza 56,8. Per una che corre una (massimo due) volte l’anno è un risultato straordinario. La vedo sfrecciare anche quest’anno con una convinzione senza pari, tutti gli altri partecipanti devono farla passare, quasi nessuno riesce a stare al suo passo. Che talento.
Alla fine di una gara, le si avvicina uno che ha appena gareggiato con lei e le dice “Alla fine ti ho aspettato, altrimenti con nessun altro davanti mi sembrava di correre da solo”. Saura ammicca ed evita polemiche. Guardo il tipo, è in compagnia della moglie, è un uomo più della stessa età della Speed Queen, pantaloni corti, scarpe alla moda, polo col colletto tirato su, aquila stilizzata tatuata sull’avambraccio destro, simbologia che personalmente detesto. Dopo un po’ saluta e se ne va. Saura mi sussurra col suo inconfondibile accento e slang reggiano: “Sè, mi ha aspettato, ma se gli davo tre secondi al giro … mo vat a fèr bendìr” … vatti a far benedire . A cosa sono costretti certi uomini per non ammettere che hanno preso la paga da una donna. Che spasso.
TAVULLIA STATE OF MIND
Poteva mancare la cena “Da Rossi” a Tavullia? Certo che no! Appuntamento ormai fisso e occasione per rivedere i nostri amici pesaresi Floro, Clelia e Francesca, fan di Rick Wakeman e Johnny Winter
A Tavullia Valentino è (giustamente) ovunque.
Scrivo anche io qualcosa sugli striscioni posti all’entrata del vecchio borgo. Ricordo che a Vale un tempo piacevano i Led Zeppelin e non dimentico certo che è un cuore nerazzurro e dunque …
LA COLONIA DEL TERRORE
E arriva il momento del terrore, della paura, del raccapriccio: visita alla Colonia dell’Agip e alle altre colonie dismesse, edifici abbandonati che nelle tenebre di fine agosto paiono set di film dell’orrore.
Ne parlo ogni anno, lo so, ma è impossibile per me evitare gli angoli spaventosi di queste case. Il clou è sempre la colonia dell’Agip, di cui l’anno scorso parlai in questi toni:
DAL POST DEL 7/9/2017 DEL BLOG: “Tornando, a piedi, verso Greendale, entriamo in quella twilight zone che sta tra Cesenenatico e alcune delle sue frazioni. Quel pezzo di litorale non ancora ingoiato dalla urbanizzazione, dove macchie di pinete e vecchie colonie dismesse da decenni danno al paesaggio un atmosfera color tenebra. Le vecchie colonie sono derelitte, con gli scuri chiusi che tendono a essere fuori asse, avvolte nel buio, l’aggettivo che viene alla mente è “spettrale”. Questo fino a che non si entra nello spazio del terrore vero e proprio: La Colonia dell’AGIP. Sul finire degli anni trenta il regime fascista decise di costruire la colonia per i figli dei dipendenti di quella che allora era una importantissima azienda italiana. Di stile razionalista, negli anni della guerra fu utilizzata da ospedale e da rifugio per le truppe in ritirata, mentre negli anni cinquanta ospitò gli alluvionati del Polesine. Oggi non ne comprendo la funzione, è tutto sotto il segno dell’anacronismo, e ogni anno che vi passo – in agosto – solo un appartamento è illuminato, rimandando ad associazioni mentali lugubri e mefistofeliche. Questa grande costruzione, questo grande ingresso illuminato a cui fanno da contraltare interi piani bui… la sola lucetta che si vede rende il tutto ancor più spaventoso. Sarebbe un set ideale per un film di Dario Argento. Chiedo a Saura: “Ma tu ci staresti qui in un appartamento con me mentre tutto il resto dell’edificio è vuoto?” in quel momento udiamo un fruscio, una civetta spicca il volo verso le nere tenebre, io e Saura ci guardiamo e senza parole ci incamminiamo a passo svelto verso la civiltà. Paura….”
Così eccoci di nuovo qui a goderci le prospettive più inquietanti di questo edificio.
E’ davvero difficile pensare di passare notti in quegli appartamenti. Quest’anno notiamo con grande sorpresa che nell’estremo lato sinistro c’è una festa, festa in linea col mood della colonia: setto otto partecipanti alle prese col karaoke con risultati raccapriccianti: latrati umani che fanno paura almeno quanta ne fa l’edificio. Ad un certo punto una ragazza si allontana e torna al suo appartamento, nell’estremo lato destro. La osserviamo attraversare l’immenso cortile ed eclissarsi dietro ad una porta. Donna coraggiosa.
Mentre gironzoliamo lì intorno Saura fa partire l’audio di A Shadow In The City del Dark Lord, colonna sonora perfetta.
Un paio di mattine dopo torniamo sul luogo del relitto, chissà che col sole non regali vibrazioni positive …macché, anche alla luce del giorno l’effetto è più o meno quello…
Però la costruzione mi affascina, come ho già scritto soffro di Ostalgie e quel tipo di edificio fa tanto DDR…
Il tour tra ville e colonie del terrore continua. Siamo a ridosso della mezzanotte, poca gente in giro, civette e gufi volteggiano tra le nere frasche, il mare a qualche decina di metri rimanda echi sinistri benché il susseguirsi delle onde in qualche modo calmi l’animo.
Trovo rifugio per una cioccolata calda all’Inter Bar poco distante, quei colori sono un balsamo per il mio spirito.
Rientrando cerchiamo di distrarci mappando il cielo con la app Sky Map,
ma una volta che a Saura si è acceso il chip dell’occultismo poi è difficile spegnerlo, ed così che tornati in albergo prima di entrare in camera si esibisce nella posa di Bafometto.
Già, Bafometto, l’idolo pagano venerato finanche dai cavalieri templari. Sono uomo di scienza (nel senso che è l’unica cosa che venero), ma sono anche un adepto del Dark Lord, James Patrick Page insomma, e non posso sottrarmi allo studio e alla fascinazione di quest figure nate dagli abissi delle menti umane. Sono varie le ipotesi dell’origine del nome Bafometto, e mi piacciono tutte: “padre dell’ignoto”, “battesimo di saggezza”, “saggezza” (dalla parola greca sophia), le iniziali “Tem. ohp. ab” lette al contrario , che prendono origine dal latino Templi omnium hominum pacis abhas “padre della pace universale tra gli uomini”. Padre della pace universale tra gli uomini … che bello, viva Bafometto.
Tornato in camera, seleziono dal mio lettore hifi portatile il file flac di Stairway To Heaven e cerco uno stratagemma per ascoltarlo al contrario, non riesco, dovrò aspettare di tornare alla Domus Saurea e di farlo col vinile sul piatto…
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MAREGGIATA
La mareggiata dell’ultima settimana di agosto è provvidenziale, il mare si rimescola, si rinfresca, si pulisce. Amo passeggiare sulla spiaggia col mare mosso e i nuvoloni in cielo,
Anche Polly diventa meditabonda …
… il giorno seguente di buon mattino siamo di nuovo in spiaggia a camminare, l’acqua ora è pulita, il mare è rimesso a nuovo, le nuvole piano piano lasciano il posto al sole, la bassa marea crea quelle ondine di sabbia che tanto piacciono alla pollastrella. Mi perdo nei ricordi, io e Mother Mary fine sessanta inizio settanta a goderci l’oro in bocca del mattino, madre e figlio in sintonia con la natura, il mare che arretra, isole di sabbia su cui passeggiare … giorni felici di bambino.
Spunta il sole, qualche artista si mette all’opera sulla abbia ancora un po’ umida,
io vesto i colori della mia fede e benché la partenza della nuova stagione sia stata titubante, non vedo l’ora di guardarmi sul tablet la partita dell’Inter. On the pitch, one the beach, one faith, one love.
La pollastrella si legge il libro sulla DDR recensito qui sul blog recentemente,
il sole ritorna, il mare è pulito, ci sono ancora alcuni giorni da godere, per festeggiare il buon umore mi immergo nella musica. Prima però accade una stranezza: d’improvviso sento il suono famigliare di Autumn Lake, ovvero i sibili esoterici che Il Dark Lord fa uscire dalla ghironda mentre è seduto sulle rive dello stagno dove scivolano con eleganza due cigni neri australiani che abitavano le acque della sua casa di Plumpton Place. Torno in me e capisco che è solo il cigolio del moscone che il bagnino sta spingendo in acqua. Riporto la mia impressione a Saura e le chiedo “Sono pazzo?”. E lei, “sì!”
(Autumn Lake al minuto 3:20)
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Quest’anno mi son portato un nuovo lettore musicale, l’Hifi Walker, un lettore Hifi capace di leggere molti formati, compresi naturalmente anche quelli lossless. Hanno un bel da dire certi miei amati e stimati amici, ma la differenza con gli odiosi mp3 di sente, eccome.
I file flac pompano negli ottimi auricolari inclusi nel gighino, ed è bellissimo perdersi in quest’incantesimo, cioè essere in spiaggia a osservare il mare con in cuffia un album dal vivo che mi irretisce e mi spinge là ai confini delle galassie: Between Nothingness & Eternity di quel patrimonio dell’umanità che è stata la Mahavishnu Orchestra.
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I giorni rimasti passano in fretta, festeggiamo l’ultimo andando a mangiare nel nostro ristorantino, Sapore di Mare. Fritto misto, cozze alla marinara, una Weiss ghiacciata … la vita potrebbe andare peggio.
E’ ora di tornare, è ormai settembre, carico le valige sulla blues mobile, un ultima occhiata al mare, un sospiro e via. Grazie Adriatico, grazie Cesenatico, torno a Massenzatico.
ANIMALS
Durante il ritorno ci fermiamo a prendere Strichetto e Palmiro che una cara amica ha ospitato amorevolmente durante la nostra assenza. Una volta arrivati a casa la Stricchi si è ambientata subito, mentre Palmir ci ha fatto pagare la lunga assenza tenendoci il muso per qualche ora, ma poi si è sciolto ed è tornato a cercare il contatto con i suoi umani.
Abbiamo anche salvato due riccetti che erano caduti – dalla loro tana – in un fossettino. Piangevano in modo disperato, non abbiamo potuto rimetterli al loro posto perché la tana era proprio sulla riva del fosso, sarebbero ricaduti.. Nostro malgrado (sappiamo che è sempre controproducente interagire con un animale che ha i piccoli con sé), abbiamo cercato di ricreare una nuova tana poco lontano alla famigliola. Il giorno dopo però la mamma e tre piccoli erano scomparsi, così non abbiamo potuto far altro che cercare di salvare il piccolo rimasto, che poi abbiamo saputo essere femmina.
Abbiamo telefonato al Rifugio Matildico Centro Recupero Fauna Selvaggia, abbiamo preso informazioni, abbiamo comprato latte in polvere adatto e per un giorno abbiamo tenuto Gigetta in casa con noi, dentro ad una scatola con una bottiglietta d’acqua calda in modo che sentisse un tepore simile a quello che le avrebbe garantito sua madre. L’abbiamo allattata, le abbiamo accarezzato la pancia affinché digerisse e infine la abbiamo adottata consegnandola al rifugio di cui sopra facendo una donazione. L’hanno trovata in buone condizioni e ben nutrita. Quando la libereranno ci chiameranno. Siamo entrambi felici di questo lieto fine, sebbene sia stato un po’ difficile staccarci da quella patatina a cui iniziavamo ad affezionarci, ma poi, una volta rientrati a casa, per l’ennesima volta mi son detto che an s’è mai vest Johnny Winter fer chi lavòr ché… non si è mai visto Johnny Winter fare quei lavori qua … accarezzare la pancina di una riccetta!
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Bentrovato Tim,
ma davvero JPJ è proprietario di un hotel in Riviera? Forse ne avevi già parlato e mi era sfuggito. Veramente incredibile. Ho dato una occhiata al sito, c”è il suo logo ovunque, anche sui cuscini.
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Ostalgie canaglia! Bentornato Tim , un articolo veramente ispirato . Tra colonie dismesse e villette fantasma ci potrebbe scappare anche un nuovo horror di Pupi Avati .
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Grande Luca, mi hai anticipato.
Leggendo questo Hadriaticum Blues e guardando le foto delle colonie spettrali mi è proprio venuta in mente quella “underrated gem” che è ZEDER, il secondo horror di Pupi Avati dopo LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO, uscito nel 1983 (stesso anno di BORN AGAIN dei BLACK SABBATH, si vede che era un periodo favorevole per l’horror quasi “gore”).
La parte finale si ambienta per l’appunto all’interno della colonia Varese di Milano Marittima.
ZEDER è un film non privo di difetti ma che fa veramente paura: qui sotto trovate il link ad un paio di recensioni piuttosto ben fatte:
https://quinlan.it/2016/12/26/zeder/
http://www.creepyvisions.it/recensione/film/zeder/
E qui invece potete leggere praticamente tutto quanto vorreste sapere sulla colonia Varese:
http://www.cerviaemilanomarittima.org/2014/12/22/colonia-varese/
Long live to Bafometto & Gigetta!
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Francesco, naturalmente no. Una semplice coincidenza su cui ho fatto un po’ di spirito (di patate).
Luca, vecchio mio, grazie.
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Un caro saluto Tim; come mai nessun accenno ai 50 anni dalla fondazione dei Led Zep, ricorrenza del 12 agosto se non vado errato ?
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baccio, mi hai tolto la domanda di bocca, stavo per farla io; vedo in rete che deve uscire un lussuoso libro solo o anche fotografico ” Led Zeppelin by Led Zeppelin …
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Ciao anche a te Baccio. Non c’è una data certa, nessuno sa di preciso il giorno in cui si sono trovati la prima volta in sala prove, ad ogni modo sì, dovrebbe essere intorno alla metà di agosto. Forse avrebbe senso festeggiarlo il 7 settembre, giorno del debutto live in Scandinavia.
Nessuna parola perché ancora non si sa nulla delle nuove uscite. Sono state pubblicate finora le nuove edizioni di How The West Was Won e di The Song Remains The Same, due riedizioni inutili e senza senso. A tal proposito sono un po’ alterato, finirei per ridire le stesse cose e per criticare Jimmy Page, con una buona parte dei fan che non capirebbe. E sono un po’ stufo di passare per quello a cui non va mai bene niente.
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Speriamo in qualche pubblicazione più appetitosa per noi devoti del dirigibile!
P.S. la famiglia di ricci è deliziosa!
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Sì lo so ragazzi che il blog di Tim Tirelli dovrebbe parlare di ogni nuova uscita dei LZ, ma:
-HOW THE WEST WAS WON uscì nel 2003, dunque non c’era bisogno di una nuova rimasterizzazione, sebbene si dica che il motivo principale sia stato quello di renderlo disponibile anche in vinile. Però perché togliere (rispetto alla edizione del 2003) HELLO MARY LOU dal medley di WLL? Certo, così si risparmia sui diritto da pagare agli autori di quel classico.
-THE SONG REMAINS THE SAME, perché ripubblicarlo senza sistemare le cazzate fatte nella versione del 2007 (una per tutte il taglio dell’inizio dell’assolo di NO Quarter)?
-LIBRO FOTOGRAFICO. Il costo è oltre i 50 euro. Sarà anche carino, ma personalmente preferirei VERE novità audio.
Al momento non ho comprato nessuno di questi tre articoli, se ci penso sopra mi sembra inverosimile che uno come me non acquisti nuove uscite ufficiale dei LZ, ma sono un po’ stufo di acquista fuffa.
Ormai dovrebbe esserci l’annuncio delle novità vere e proprie in uscita in occasione dei festeggiamenti del 50esimo. Tra non molto quindi ci sarà qui sul blog un articolo su tutta questa faccenda.
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L’adriatico, per quel tratto di costa romagnola da ravenna a gabicce, significa molto
per tanti emiliani e non solo.
Ricordi di infanzia, vacanze con fidanzata, poi con moglie e figlie.
Concentrando i ricordi su rimini, un ammalato di vinile come me da 47 anni compiuti,
la citta’ assume un significato particolare.
Se per gli amanti del cinema rimini é fellini, amarcord e i vitelloni, per me la citta’
e’ la DIMAR.
E chi non c’é mai stato non sa cosa si é perso.
Tanti e indelebili i ricordi legati a quel negozio.
Prima spedizione nel 1977.
La seconda nel 1980.
Poi una terza nel 1982, quando sollevai da uno scaffale un triplo vinile dei led zeppelin
di copenaghen 1979 che costava la bellezza di 78 mila lire e che lasciai li’.
In seguito sono tornato tantissime volte.
Ai bei tempi la DIMAR aveva 2 negozi a rimini, 1 a riccione e 1 a pesaro.
i dischi erano contraddistinti da una lettera che corrispondeva ad un dato prezzo.
Prezzi elevatissimi.
Nel luglio 2009 stavo in vacanza con mia moglie e lessi dei cartelloni che annunciavano
la chiusura della DIMAR entro il 30 settembre.
Si annunciava una grande liquidazione,
Alla fine di agosto mi recai per 3 giorni di fila alla Dimar ( zola predosa – rimini 130 km X2
X 3 ).
A settembre andai 16 volte ( zola predosa – rimini 130 km X 2 x 16 ).
Il periodo piu’ bello della mia vita vinilitica.
Per comprendere bisogna avere la malattia del vinile.
Malattia latente in questo blog,
Comunque il negozio era sito in via arco d’augusto.
Era su 2 piani.
Entrando al piano terra erano esposti scaffali di vinile in offerta.
In fondo un ascensore portava al piano alto.
Era un’ascensione al paradiso perché su numerose stanze migliaia di vinili erano
esposti.
Rock straniero, musica italiana, colonne sonore, musica jazz, musica classica.
Anche 45, cd, musicassette e edizioni musicali.
Casa del disco di varese, caru’ a gallarate, disfunzioni musicali a roma ,
nannucci a bologna e tanti altri negozi ho visitato in italia.
Ma la DIMAR di rimini……..
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non avevo la tua stessa compulsione ( o gas?) , io volevo solo i vinili che non avevo potuto permettermi , o quelli che ascoltavo dagli amici e che quindi non comprai . Ero legato dalle copertine. Quella di Fragile degli Yes per esempio. Cose semplici. Frequento sempre meno i mercatini, mi sembra una cosa che sia finendo. Prezzi folli. Vedo gente che fa incetta di tutto il possibile , per esempio, della disco anni ’80. Ma si può? Non so se a qualcuno dice qualcosa, ma i miei luoghi della memoria sono Maccagnani ( strumenti e dischi) e “daea vecia” ( dalla vecchia) a Mestre . Stram.al..siamo stati discriminati: faccio solo un esempio:” Let it Bleed” degli Stones , copertina singola ( io ce l’ho cosi). Mi è venuto male quando in un mercatino l’ho visto con copertina apribile ecc. Al prezzo di 150 euro però… l’ho lasciato li. Come diceva brunetta, ho interrotto un’emozione?
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Chiaro che se uno abita che ne so a porretta terme ( bo ) puo’ avere enormi
difficolta’ a reperire vinili ( ed anche cd ) se non comprandoli su internet.
Abitando pero’ in una citta’ medio-grande succede a chiunque, anche andando a
fare la spesa, di imbattersi in scaffali di vinili ( media world, unieuro, carrefour,
ipercoop, comet, feltrinelli,etc. ).
Senza tirare in ballo i negozi di musica che vendono nuovo o usato.
Se poi i vinili sono stati fatti rinascere perché il cd era in crisi e nulla di nuovo era
subentrato, questo puo’ essere.
Ma sicuramente su cio’ ha influito tantissimo il fatto che il vinile é sopravvissuto
alla sua morte ( primi anni novanta ) grazie a tanti appassionati che hanno
continuato a coltivarlo nonostante l’impero del cd.
E forse allora l’industria é tornata sui suoi passi.
Ma se qualche scrittore di libri prog o qualche illustre critico di rock vuole negare
che i vinili, i piatti di qualita’ e non, gli impianti stereo, gli LP ed i 45 non siano
tornati in auge……..allora mi viene da pensare che viva su una montagna senza
radio e tv.
E impianto stereo.
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