Il nostro Polbi boy, Paolo Barone insomma, ci trascina in un altro dei suoi vortici rock raccontandoci del concerto siciliano degli Skunk Anansie. Lettura e musica per animi forti.
Skunk Anansie per me e’ una storia d’amore, penso mentre guidiamo verso Noto in una serata infuocata di luglio, con le fiamme che ardono sui bordi dell’autostrada e nei boschi sulle colline. Mettiamo le mani fuori dai finestrini, e l’aria e’ cosi calda che sembra solida. Il concerto e’ sold out, e noi siamo in ritardo. Ma attraversiamo la Sicilia in una luce crepuscolare senza fretta, con i pensieri che mi portano avanti e indietro nel tempo, fra le pieghe di mille emozioni e ricordi.
La prima volta che sentii parlare di loro fu sulle pagine del Manifesto. Meta’ anni novanta, dopo la botta di band come Nirvana, Kyuss e Rage Against The Machine, ero in un periodo di bassa tensione. Rimasi colpito quando vidi la foto di Skin in bianco e nero sulle pagine del quotidiano. Clit Rock aveva scritto sul cranio rasato, e uno sguardo che ti inchiodava di energia. L’articolo parlava di questa band un po’ indefinibile, che veniva dall’Inghilterra smosciata delle minestrine brit-pop con una furia rock come non se ne vedeva da tempo. Ovviamente era un pezzo incentrato su Skin, figlia di immigrati, femminista, lesbica, squatter, politica e rock in ogni respiro. Internet ancora non si usava per sentire la musica a cazzo in streaming, e riuscii comunque facilmente a procurarmi il loro primo cd Paranoid e Sunburn. Dalla prima canzone all’ultima un capolavoro, oltre ogni mia aspettativa. Avevo trovato qualcosa che mi parlava veramente, non stavo seguendo un onda, non mi stavo accodando a nessuno.
Pochi mesi dopo, a Roma, venni a sapere che suonavano in un club fuori mano, una specie di hangar chiamato Il Frontiera. Eravamo qualche centinaio di persone, e fu uno dei live più importanti della mia vita rock. Non avevo mai visto nessuno prendere il palco, il pubblico e la musica come Skin quella sera. Ero capitato in un momento magico, quando una band sente che sta per diventare qualcosa di grande ma ancora non lo e’ del tutto, e la voglia di sfondare si unisce all’entusiasmo di vederlo accadere sera dopo sera generando un onda di energia pazzesca. Nessuno aveva mai visto una donna nera rompere ogni barriera di generi, identitàsessuale, stili musicali e interazione con il pubblico in quel modo. Era come se Tina Turner, Iggy Pop, Grace Jones e Joe Strummer le avessero dato la loro essenza e lei l’avesse fatta sua e trasformata in un rito voodoo. Travolti, quella sera fummo tutti travolti.
Skunk Anansie rimise in moto in me la voglia di rock e di concerti, e gia’ solo per questo potrei esserle grato per tutta la vita. Li ritrovai fra il pubblico del concerto romano di Steve Winwood, lei disponibilissima a scambiare qualche parola con me, mentre Winwood e Capaldi suonavano insieme in quella che sarà l’ultima volta, con Carlo Massarini estasiato ad occhi chiusi di fianco a me e Skin che mangiava pop corn. Il giorno dopo sullo stesso palco al centrale del tennis del foro italico, fu il momento in cui tutti capimmo che nel giro di pochi mesi Skunk Anansie erano diventati un vero successo di massa internazionale. Dal centinaio di persone del Frontiera ora eravamo migliaia. Accolsi questo cambiamento con un mix di compiacimento e gelosia, credo che chi ha seguito una band sul nascere e poi la vede diventare “di tutti” sa di cosa parlo.
Il secondo disco era arrivato, Stoosh, ed era ancora più bello del primo, cosi diverso brano dopo brano. Melodie pop, sfuriate punk, hard rock, fratture di elettronica e trip hop, quel disco riesce a fotografare il patrimonio rock inglese di meta’ anni novanta. Forse solo una band come loro, le cui radici culturali se pur anglosassoni per crescita venivano da semi piantati in terre lontane, poteva avere il coraggio e la capacita’ di fare. Stoosh e’ un classico e ha venduto molto nel tempo, per certi versi il loro disco migliore.
Qualcuno fra pubblico e critica prettamente rock rimase un po’ interdetto. Troppa melodia pop, troppa forza rock, successo commerciale, concerti sold out, performance incredibili. Una donna, nera e lesbica, aveva preso un posto di rilievo nel mondo del rock rimanendo se stessa e cantando di radicalita’, politica, razzismo, esclusione sociale e storie d’amore?!? Per molti era ed e’ ancora decisamente troppo. Basti pensare al rifiuto che la band paga negli States, dove dopo 25 anni di attività ancora non trova un circuito disposto a raccogliere la sfida. Nonostante Kathryn Bigelow li avesse voluti come band che cantava al futuristico capodanno del 2000, in una Los Angeles post rivolte nel film Strange Days.
Era un Italia ancora lontana dal razzismo d’accatto di questi giorni quella del successo di massa di Skunk Anansie. Nei ricordi c’e’ il porto di Catania, un concerto in piena estate che nessuno immaginava raccogliesse un mare di persone da ogni dove. Le bocche aperte dei miei amici che non avevano mai visto un loro live, la polvere nella notte afosa, un ragazzo sulla sedia a rotelle che urlava felice, magliette rock nere grondanti sudore eil cocomeraro che si ferma a vedere Skin che cammina, letteralmente, cammina sostenuta dal pubblico come mai nemmeno Iggy aveva saputo fare.
Post Orgasmic Chill arrivo’ alla fine di questa corsa a perdifiato.Ormai la band era headliner di festival in tutta europa, Inghilterra compresa, e suonava in spazi molto grandi. Il disco era il più complesso, il più prodotto dei primi tre che rappresentano il nucleo portante della musica della band. La voce di Skin in primo piano, immensa, classica, capace di scavalcare ogni barriera di genere. Nel disco della definitiva maturita’, un alternarsi di romanticismo pop di classe e rock politico militante, con spazi di riflessioni sociali e personali sulla esclusione sociale nella splendida Charlie Big Potato. Archi, arrangiamenti complessi e folate di chitarra elettrica seguono come possono la voce di Skin protagonista assoluta. Cass, Ace e Mark sono una band molto coesa, capace di meraviglie, ma la figura di Skin e’ incontenibile. Collabora con tantissimi, e ovunque lascia il segno, sia se e’ con Tony Iommi o sulle onde più elettroniche di Maxim. La vogliono in ogni contesto. E’ un momento di passaggio forse inevitabile, e sicuramente comprensibile. Lei tenta unacarriera solista sulle sponde più pop, ma in fin dei conti si rende conto che quelli non sono lidi per lei e la band si riforma iniziando il percorso della seconda fase di Skunk Anansie. Pavarotti, X factor e qualche tv di troppo hanno fatto storcere la bocca a diversi fan della prima ora, ma rimaniamo in molti a fottercene di tutto questo, ognuno cerca di fare qualche guadagno come puo’. I dischi seguenti avranno da aggiungere alla storia della band, pur non essendo ai livelli dei primi tre lavori, e i loro concerti restano sempre uno spazio in cui tutto può accadere.
Finalmente siamo a Noto. Strade deserte e luci lontane, sembra impossibile che da qualche parte in paese ci sia un concerto con migliaia di persone. La notte avvolge tutto e lasciamo la macchina in uno strano parcheggio con una navetta che porta al centro storico. Il concerto e’ nella piazza della cattedrale barocca, fa un caldo assurdo e la citta’ antica e’bellissima, con una folla ora crescente man mano che attraversiamo il centro. Adesso la fretta si fa sentire, camminiamo veloci. Sono passati diciotto lunghi anni dall’ultima volta che ho avuto modo di vederli dal vivo, e mi scorrono immagini davanti agli occhi della mente ad ogni passo che faccio lungo il corso di Noto. Sono molto emozionato, per me per loro per tutto quello che ci e’ successo a tutti noi in questi anni, per chi e’ con me adesso e per chi veniva ai loro concerti con me allora. Sono emozionato come ogni volta che ho visto questa band dal vivo e anche un po’ di più stavolta, mentre varchiamo il passaggio di ingresso e ci ritroviamo stranamente, facilmente, in un attimo a pochissimi metri dal palco. Il posto e’ veramente di una bellezza mozza fiato.
Palco davanti al palazzo del comune che funge da backstage, e praticamente attaccata parte una scalinata enorme molto ripida strapiena di gente, con dietro la cattedrale di Noto.
La distanza delle persone dal palco e’ veramente minima, e stavolta grazie alla a me tanto cara politica del biglietto unico, con un po’ di impegno fisico chi ama la band e vuole partecipare al concerto direttamente e’ nelle prime file. Mi guardo intorno nel caldo asfissiante e vedo unpubblico veramente incatalogabile, ma intuisco che siamo in molti ad essere fan da tempo. Charlie Big Potato come da tradizione apre le danze. Skin e’ mobile, agile, nervosa, sente la serata e lo si capisce subito. E’ un contesto ideale, un muro di gente a un passo dal palco con cui interagire anche fisicamente e uno scenario maestoso.
Cass al basso e Mark alla batteria fanno un lavoro enorme oggi esattamente come ieri, Ace alla chitarra non sfigura certo, ma ho la sensazione che abbiano un po’ abbassato il volume della stessa, il suono esce meno grezzo e violento rispetto a una volta. Ma non cambia niente, il tappeto sonoro e’ quello giusto e lei stasera e’ veramente al top. Cammina sulla folla, incita, salta sulle casse, e’ una performer rock inarrivabile Skin, ma al tempo stesso riesce a comunicare un emozione vera e credibile fino in fondo. Ho visto solo lei fare questo su un palco, incredibilmente oggi come ieri. E’ una data speciale del tour questa e la ricorderanno tutti i presenti e forse ancora di più la band. La partecipazione di tutti e’ pazzesca, nel giro di due tre brani il concerto decolla e tutto diventa un mare di energie. Skin si carica e restituisce elettricità.
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La voce e’ talmente potente che si prende tutta la piazza, una meraviglia, e i brani arrivano tutti uno dopo l’altro. C’e’ una corista tastierista ballerina, ma nulla aggiunge e secondo me poteva tranquillamente e meglio farne a meno, ma credo che a molti sia piaciuta. I telefoni scattano e riprendono continuamente, e’ un po’ fastidioso per tutti certo, ma Skunk Anansie e’ una band che non si fa problemi. Provo anche io a fare qualche foto, ma non e’ perme, ho bisogno di stare concentrato sulle mie danze quasi immobili e un karaoke senza vergogna. Presentano un brano nuovo, molto hard, e poi fra un assalto e l’altro arrivano ben tre bis. E’ la fine del tour in Italia e Skin e’ molto emozionata dalla bellezza del posto e la forte partecipazione di tutti. Durante lo show parla dei 25 anni della band, dei brani e di come questo momento politico per lei, nera e figlia di immigrati, sia particolarmente difficile.
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Tutto si chiude con la furia di Little Baby Swastikkka, un pezzo molto duro e radicale e a me sembra incredibile che roba del genere abbia ottenuto un successo popolare. Cass, Ace e Mark lasciano il palco e lei resta da sola, cantando senza microfono sulle note di Bella Ciao nella versione appena fatta insieme ai Marlene Kuntz. Ma non va via nessuno, ne’ pubblico ne’ band, e ci si continua a salutare per un po’ dal backstage. E’ stata una serata magica, si percepisce emozione da tutte le parti.
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Finalmente un po’ alla volta iniziamo tutti a lasciare l’area del palco e torniamo sul corso di Noto. Camminiamo come spinti dall’onda del concerto, e ci fermiamo solo dopo qualche minuto per un po’ d’acqua in un bar. Maglietta zuppa di sudore, voce roca, occhi scintillanti, era da tanto che non uscivo da un concerto in queste condizioni. Non ci sono più tante rock band e artisti in giro capaci di darmi queste emozioni. Skunk Anansie e’ sicuramente una delle migliori band che ho visto live in tutta la mia vita, e che continui a darci serate come questa nel 2019 e’ una cosa preziosa, da tenere veramente inconsiderazione se amiamo il Rock e tutto quello che rappresenta.
©Paolo Barone 2019 / www.timtirelli.com
Conosco bene solo Post orgasmic chill, gran bell’album, che mi ricorda
un periodo in cui l’ascoltavo in macchina con moglie e figlie.
L’avevo comprato su audiocassetta pirata a 1.000 lire vicino Roma.
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Prendi anche Paranoid and Sunburn e Stoosh, sono due album da avere!
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Gran recensione, come le altre a cui ci ha abituati PB.
Siamo lettori fortunati, noi di tt.com.
Grazie
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Grazie tantissimo!!!
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Leggendo questi resoconti appassionati mi
chiedo come sarebbe stata la mia vita se,
metti caso, in quel 1971,inveve di scoprire
il rock, mi. fossi dedicato al collezionismo
di francobolli oppure agli studi di ingegneria
o al tennis o alla pesca sportiva.
Nessuna di quesre opzioni escluderebbe a
priori il rock.
Ma il colpo di fulmine che ebbi ha cambiato
la mia vita veramente.
E se cio’ non fosse stato, sarebbe stata
diversa.
Sicuramente piu’ normale, noiosa, meno
appassionata in tutti i sensi.
Probabilmente avrei fatto felici i miei
genitori con una laurea.
Sarei ingrigito in una carriera come alcuni
compagni di studio che ancora vedo.
Avrei forse progettato lo stereo del mio
salotto per ascoltarvi mozart.
Oppure sarei andato al concerto di frank
sinatra con l’abito migliore.
Avrei sposato una collega neanche tanto
bella ma esperta di informatica.
Non e’ andata cosi’.
Comprare led zep 4 quel dicembre 1971
mi e’ stato fatale.
E ripensando a quella cassetta di post
orgasmic chill che ascoltavo nel mio
peugeot 405 assieme a moglie e figlie
durante i nostri viaggi, penso che
veramente il rock ha dipinto le nostre
vite di colori vivaci. come un van gogh.
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