Nuova edizione per il quinto album da studio degli UFO, il terzo dell’era Schenker. No Heavy Pettinge soffre il fatto di essere schiacciato tra (quelli che considero) i migliori lavori del gruppo, ovvero Force It (1975) e Light Out (1977); non è alla loro altezza ma rimane pur sempre un buon album di hard rock britannico (o meglio europeo). Si aggiunge alla formazione classica Danny Peyronel (ex Heavy Metal Kids), tastierista argentino di educazione prettamente inglese, che rimane nel gruppo per questo disco soltanto (lascerà gli UFO nel luglio 1976), tuttavia dopo di lui la band continuerà ad avvalersi di tastieristi a tempo pieno. Registrato nel gennaio 1976 a Londra, No Heavy Petting esce nel maggio dello stesso anno, per quanto riguarda le vendite rispetto a Force It è un passo indietro, si ferma al 169esimo posto della classifica Usa, quando il precedente arriva alla casella 71; se in effetti NHP non ha freschezza compositiva di Force It, contiene comunque diverse cose pregevoli. La nuova edizione prevede 6 bonus track (ma solo una è inedita seppur sia solo un riempitivo) e il concerto del 1976 alla Roundhouse di Londra (già pubblicato nel 1996).
Natural Thing apre il disco in maniera perfetta, validissimo pezzo di hard rock teutonico, molto quadrato visto lo stile compositivo di Schenker ma comunque risulta una apertura vivace affrontata con il giusto approccio. Breve assolo di chitarra, melodico e corposo.
I’m A Loser per certi versi ha un inizio alla Lou Reed (Walk On The Wild Side), con quella chitarra acustica e quel disegno della solista, poi prende una strada tutta sua quando si trasforma in un gran brano Hard Rock. Buono il lavoro al piano di Danny Peyronel e assolo di Schenker assai riuscito. Una piccola meraviglia.
Lo stile percussivo di Peyronel apre Can You Roll Her, di nuovo heavy Rock ma più di maniera. Quando Schenker si butta sulla solista per l’assolo però è sempre un bell’ascoltare. Belladonna è costruita inizialmente su un arpeggio in minore che già nel 1976 era un po’ consunto, lo sviluppo in tonalità maggiore migliora le cose, le tastiere a mo’ di tappeto però non convincono così come il lavoro della chitarra sul finale. Con Reasons Love ci si impantana ancora nel rock duro manieristico, gli UFO sono capaci di aperture che risultano piacevoli ma l’ossatura del pezzo è debole, e anche l’assolo di Schenker appare meno felice del solito. L’Hard Rock di Highway Lady ha un respiro più melodico, pur non essendo un capolavoro si fa ascoltare con gusto, così come il convincente guitar solo. On With The Action è un tempo medio in tonalità minore che non lascia tracce particolari.
A Fool In Love invece induce al ritmo e con lo slancio melodico che ha contribuisce a rendere l’album più accessibile.
L’inizio di Martian Landscape ci riporta alla prima fase del gruppo, quello dello space Rock, prima di riconvertirsi al british symphonic glam rock alla John Miles e Mott the Hoople. Molto bene tutto il gruppo qui, prova davvero notevole. Deep cut perfetta per la chiusura del disco.
Bonus tracks
I bonus sono relativi ad un paio di buone cover di All Or Nothing degli Small Faces
e di Have You Seen Me Lately Joan? di Frankie Miller (versione standard e versione acoustic demo) e ad outtake proprie del gruppo: l’ariosa semplicità di French Kisses e l’andamento standard di Tonight Tonight.
All The Strings infine è un pezzo di Peyronel che intriga parecchio e mi chiedo come mai non sia stato inserito nel disco originale visto che è una di quelle riflessioni sull’essere un musicista Rock on the road davvero commovente e sincera.
L’album dunque ha i suoi numeri, la normalità di alcuni pezzi non l’aiuta a raggiungere uno status elevatissimo, ma come detto è un disco che – in campo Hard Rock – ha comunque valore.
Il concerto presente sul secondo compact disc è una buona rappresentazione del gruppo nell’epoca di cui si parla. Niente di nuovo, tutto già pubblicato precedentemente, ma ben si sposa con l’album di riferimento che sarebbe uscito pochi giorni dopo quel concerto.
No Heavy Petting – UFO – 2 CD/
CD 1
Natural Thing
I’m A Loser
Can You Roll Her
Belladonna
Reasons Love
Highway Lady
On With The Action
A Fool In Love
Martian Landscape
Bonus tracks
All Or Nothing
French Kisses
Have You Seen Me Lately Joan?
Tonight Tonight
All The Strings
Have You Seen Me Lately Joan? (Acoustic) previously
unreleased
CD 2
Can You Roll Her – Live At The Roundhouse, London 1976
Doctor Doctor – Live At The Roundhouse, London 1976
Oh My – Live At The Roundhouse, London 1976
Out In The Street – Live At The Roundhouse, London 1976
Highway Lady – Live At The Roundhouse, London 1976
I’m A Loser – Live At The Roundhouse, London 1976
Let It Roll – Live At The Roundhouse, London 1976
This Kid’s – Live At The Roundhouse, London 1976
Shoot Shoot – Live At The Roundhouse, London 1976
Rock Bottom – Live At The Roundhouse, London 1976
C’mon Everybody – Live At The Roundhouse, London 1976
Boogie For George – Live At The Roundhouse, London 1976
Il documentario Echo In The Canyon, ora disponibile su una TV a pagamento, mi ha rigettato nel mood spirituale del Laurel Canyon∗, quel quartiere montuoso nella regione di Hollywood Hills delle montagne di Santa Monica, all’interno del distretto di Hollywood Hills West di Los Angeles, in California. Un canyon è una gola prodotta per erosione da un corso d’acqua che scorre tra rocce prive di vegetazione, tipica di zone montuose dell’America settentrionale. Negli anni ’60 il quartiere era diventato un centro locale per la controcultura e molti importanti musicisti folk e rock si trasferirono nell’area, rendendolo un fulcro per la collaborazione musicale.
Io iniziai a capire qualcosa una volta che mi capitò in mano l’album di John Mayall “Blues From Laurel Canyon” (fine 1968), il primo disco di Mayall dopo il periodo Bluesbreakers.
Una volta messo a fuoco la (bella) zona e il crogiuolo che diventò nella seconda metà degli anni sessanta, iniziai ad affezionarmi all’idea di un luogo in cui vennero a contatto e si amalgamarono elementi e culture diverse. Vedere il documentario in questione mi ha riportato a quei miei sogni quasi fanciulleschi e a quel mondo underground che presto sarebbe diventato una fortissima corrente culturale e musicale dal successo tipico delle faccende mainstream.
Laurel Canyon, Los Angeles
Eccomi dunque qui a riascoltare a manetta Byrds e Beach Boys; di solito con questi ultimi tralascio le canzonette surf (anche se una di queste sia in pratica Sweet Little Sixteen di Chuck Berry) e mi immergo in cosucce più articolate e rese immortali dal songwriting pazzesco di Brian Wilson (e di chi collaborò con lui alle stesure). Arriva il momento di In My Room e d’improvviso vengo dal vento rapito e incomincio a volare nel cielo infinito.
In My Room fu scritta da Brian Wilson (deus ex machina del gruppo) e Gary Usher (autore e produttore californiano) e fu pubblicata nel loro album del 1963 Surfer Girl.
Usher ricorda: “In My Room” ci fece prendere un po’ più sul serio il nostro mestiere. Brian e io tornammo a casa una sera dopo aver giocato a ‘over-the-line’ (una partita di baseball). Io suonavo il basso e Brian era all’organo. La canzone fu scritta in un’ora… tutta la melodia di Brian, la sensibilità… il concetto significava molto per lui. Quando finimmo, era tardi, ben oltre il nostro coprifuoco di mezzanotte. In effetti, Murry [il padre dei fratelli Wilson] venne un paio di volte e voleva che me ne andassi. Ad ogni modo c’era Audree [la madre dei fratelli Wilson] che si stava sistemando i capelli prima di andare a letto, e la suonammo suonata per lei. Disse: “Questa è la canzone più bella che tu abbia mai scritto”. Murry disse: “Non male, Usher, non male”, che è stata la cosa più carina che mi avesse mai detto.
Gary Usher disse inoltre che “Brian diceva sempre che la sua stanza era tutto il suo mondo”, e lo stesso Brian dichiarò: “Avevo una stanza e la consideravo il mio regno. E ho scritto quella canzone a proposito del fatto che non hai paura quando sei nella tua stanza. È assolutamente vero.”
Come dice il nostro Pike Boy, In My Room è una sorta di Doo Wop, ma – aggiungo io – ha un qualcosa nella melodia, negli accordi usati che la rende magica, universale, unica. È una di quelle canzoni così belle da lasciare senza fiato, semplice eppur particolare con giochi d’armonia e d’accordi riuscitissimi. Lo scrivere canzoni è da sempre la mia attività preferita a questo mondo e perciò sono molto sensibile all’argomento, però davvero questa mi sembra una delle canzoni più toccanti che mi sia mai capitato di ascoltare.
There’s a world where I can go and tell my secrets to In my room, in my room In this world I lock out all my worries and my fears In my room, in my room
Do my dreaming and my scheming Lie awake and pray Do my crying and my sighing Laugh at yesterday
Now it’s dark and I’m alone But I won’t be afraid In my room, in my room In my room, in my room In my room, in my room
Rivedo il giovane Tim, laggiù negli anni settanta, nella sua cameretta, un armadio, il letto, una libreria, una scrivania, una chitarra, un giradischi e i tanti poster attaccati alla parete … quelli dei Led Zeppelin, poi Emerson Lake And Palmer, Rolling Stones versione 1978, Genesis versione Seconds Out, Aerosmith, Blondie … ricordo le sue malinconie adolescenziali, i suoi wildest dreams, le sue speranze … ah, cameretta, quanto ti ho vissuta … adesso è buio e sono solo ma non ho paura, nella mia cameretta, nella mia cameretta, nella mia cameretta, nella mia cameretta.
Devo aver sbattuto l’anima da qualche parte perché mi duole tutto il mio essere o forse è solo perché sono prigioniero di un atteggiamento escatologico, sempre attorcigliato come sono all’interpretazione dei destini ultimi dell’uomo e dell’universo. Provo a distrarmi ma non vi riesco, quello che vedo è il decadimento delle società umane … masse di popolazioni che non vanno a votare, e quando lo fanno mettono la croce sulle loro paure e sulle loro superstizioni … l’ombelico del mondo che pare diventato il proprio pianerottolo … l’incapacità ormai cronica di non riuscire né volere ascoltare il punto di vista dell’altro … è proprio vero, mala tempora currunt.
Cerco così di distrarmi con la solita quotidianità pallida e senza fiato: mi faccio avviluppare dal freddo di queste gelide giornate quando noto che il termometro della blues mobile segna i – 5
Cold days at the Domus – foto TT
e i territori intorno alla Domus si vestono da tundra,
Domus Saura – early 2023 – foto TT
cerco di scaldarmi con il vino catalano portatomi direttamente da Barcellona dal mio amico Lookbi.
il quale mi ha riferito che l’amico che glielo ha consigliato ha parlato di un vino che si deve bere quando si ha una donna da baciare, perché ad ogni sorso il sapore cambia. Interessante mi dico, e vado a documentarmi:
Finca La Garriga è, oltre a Finca Malaveïna e le Finca Espolla, uno dei tre grandi vini di Castillo de Perelada, 100% uva Samsó (o Cariñena) proveniente da vigne di oltre 50 anni.
Il suo marcato carattere varietale, la mineralità (evidente soprattutto al naso) e la freschezza, fanno sì che, alla cieca, questo vino si possa confondere con uno del Priorato tra i più morbidi. Sorprende la facilità con cui si lasci bere un vino di questa maturità, così intenso e complesso ma d’altra parte anche così fresco, invitante e potente, tanto da dare l’impressione si rincorrano per fuoriuscire dal calice. Ci regala profumi di frutta matura e dolce, funghi, humus e note mentolate, un naso certamente complesso.
Il fascino del profumo diventa vera e propria seduzione al palato: un ingresso deciso per questo vino gustoso, concentrato, con note di scorza d’arancia, a conferma di deliziose finezza ed eleganza. Sebbene al palato non riproponga la medesima complessità del naso, notiamo la strabiliante sensazione di frutta carnosa (fragola e frutti rossi), il calore e l’intensità, su un sottofondo di note minerali e terziarie (questo vino affina in barriques di rovere americano, non francese). Per tutta la durata della degustazione questo ci offre una potenza controllata, che permette di poterlo apprezzare sorso dopo sorso, senza stancarsi mai.
Pur cercando di restare con le papille gustative per terra ed evitando quindi di farmi suggestionare dalle formulette del marketing, intrigano le note relative al palato e alla fragranza:
Fresco / Vivo / Tannini avvolgenti / Di personalità / Note varietali
è una boccia che costa intorno ai 18 euro, dunque non la aprirò una sera qualsiasi, attenderò il momento giusto, magari quando vedrò che “la luna illuminerà il mio cammino e saprò che sarà tempo di andare” o più semplicemente quando avrò a portata di mano “una ragazza giusta che ci sta“. Avere degli amici del genere comunque è una fortuna, riempiono i vuoti esistenziali e fanno sì che le frustrazioni quotidiane perdano i colori accesi.
Inebriato dal Finca La Garrica anche se non lo ho ancora bevuto, scrivo su uno dei nuovi schermi supertecnologici della azienda per cui lavoro la frasetta a me tanto cara, perché in fondo finché ci sarà il blues so che ci sarò anche io.
Il blues in azienda – feb 2023 foto TT
TT – Uomo di blues – feb 2023 – autoscatto
IL RITORNO DEL GATTO OZZY & OTHER CATS TALES
La vita della colonia felina della Domus Saurea è stata recentemente funestata dalla perdita del gatto Stanny (https://timtirelli.com/2023/01/29/un-gatto-di-nome-stanislao/ ) a cui si era aggiunta la misteriosa scomparsa del gatto Ozzy, irreperibile da più di 40 giorni. Ero preoccupato, Ozzy – il randagio che da anni girava qui intorno e che la scorsa estate si accasò definitivamente qui dopo essersi presentato così malconcio (senza pelo e con un tumore in gola) che il veterinario si mise a parlare di eutanasia – era ormai diventato a tutti gli effetti un felino della nostra colonia, l’umana che vive con me decise di dargli una chance e con l’aiuto di antinfiammatori, antibiotici e cortisone lo rimise in piedi fino a trasformarlo di nuovo in un magnifico gattone nero. Dopo aver passato 5 splendidi mesi alla Domus, una delle zampe anteriori tornò a dargli problemi (niente di rotto ma a seconda dei periodi lo costringe a zoppicare) e quando si allontanò preoccuparsi fu il minimo: un gatto rimesso in forma sì, ma con una grave malattia e con una zampa non a posto, può avere dei problemi a scorrazzare nella campagna aperta. 40 giorni di assenza mi fecero pensare al peggio. Battemmo tutti i territori qui intorno, chiedemmo a tutti i vicini, dragammo tutti i fossi…niente. Iniziammo a perdere la speranza.
Venerdì scorso, tarda sera, l’umana che vive con me passa per il corridoio e davanti alla porta che dà sull’esterno scorge una macchia scura, immagina sia la Spavve, la gatta che preferisce entrare in casa il meno possibile ma che spesso staziona davanti alla porta di casa, ma una volta aperta l’entrata un urlo di stupore: “Ozzyyyyyyyyyyy, sei tornato!!!”. Il principino dell’oscurità, si fionda in casa, entra in cucina e si butta sulle ciotole … ne svuota quattro prima di essere soddisfatto (non ne ha mai abbastanza, mi ricorda Poldo Sbaffini*) poi va nella lettiera, fa i suoi bisognini e infine sale sul divano per un riposino ristoratore. Palmiro, l’altro gatto nero, il capo della colonia, lo osserva, qualche occhiataccia ma nulla di più, sa benissimo che Ozzy è a lui assoggettato e che non costituisce un pericolo. Verso mezzanotte Ozzy, si posiziona davanti all’uscio interno che porta in soffitta dove docilmente va a passare la notte insieme ad altre due nostre gatte, come era abituato a fare.
Ozzy resta con noi il weekend, poi torna a sparire per due giorni, ma martedì sera è di nuovo qui. Evidentemente Ozzy ha due case, meglio così, la nostra ad ogni modo per lui sarà sempre aperta. Bentornato pacioccone.
Il ritorno di Ozzy – Domus Saurea feb 2023 – foto TT
Il ritorno di Ozzy – Domus Saurea feb 2023 – foto TT
Il ritorno di Ozzy – Domus Saurea feb 2023 – foto TT
* Poldo Sbaffini
Il resto della colonia sta bene, la Stricchi è in vacanza già da qualche mese, essendo una gattina squilibrata a causa degli umani con cui era capitata nei primi mesi della sua vita (questo il motivo per cui un bel giorno si infilò dentro alla Domus e non la abbandonò più) ogni tanto ha bisogno di starsene da sola e tranquillizzarsi, e la casa spaziosa e luminosa di una mia amica (amante dei gatti) credo sia quello che fa per lei.
Stricchi in vacanza – Febbraio 2023 – foto TT
Stricchi in vacanza – Febbraio 2023 – foto TT
Palmiro, il fiero capo colonia, continua a controllare i suoi territori, soprattutto il confine orientale, nulla lo frena, nemmeno il freddo del mattino.
Palmiro presidia i confini orientali del suoi territori – feb 2023 – Foto TT
SANREMO
Veloce scambio di battute con la collega e amica LadyJane:
LJ: Ciao Tim, in questi giorni mi è capitato di vedere Sanremo e mi sono immaginata cosa avresti detto tu delle canzoni in gara … niente a che vedere con la musica seria ma tant’è …
TT: Guarda LJ, non voglio fare la parte del solito duro e puro (anche perché non lo sono mai stato), da giovane (fino agli inizi anni 80) guardavo Sanremo, quando gareggiarono Vasco, Zucchero, etc etc… oggi non lo guardo principalmente per le canzoni, perché ogni volta mi deludono molto, poi perché il “genere” musicale che va oggi non è contemplato dalla mia anima e infine perché è un programma troppo mainstream e non ce la faccio più a reggere quel tipo di intrattenimento. Guarda, a volte la musica commerciale va benissimo, non possiamo ascoltare sempre e solo musica articolata e profonda, però ecco … vorrei che perlomeno fosse musica suonata, cantata e magari scritta con un certo gusto. Grazie per avermi scritto, amica mia.
LJ: condivido il sentimento, bene un po’ di leggerezza e la musica pop, ma ormai è quasi inascoltabile … cerco qualcosa che non c’è se non nel passato, ecco : ) … è stato buffo vedere le esibizioni e pensare tutto il tempo “chissà cosa direbbe Tim?”
TT: proprio così, se lo dice poi una giovano donna come te, al passo con i tempi … Il fatto è che sembra ci si sia ormai rassegnati ad uno standard di basso livello .. .nessuno si chiede più se sono pezzi belli o no, vengono assorbiti inconsapevolmente perché trasmettono solo quelli e oramai manca il senso critico, succede anche nelle nuove uscite di dischi Rock (ormai destinati ad un pubblico di nicchia), visto che sono dischi Rock vengo incensati, ma raramente sono dischi di valore. Inoltre è un mondo dove si usano solo iperbole … io, da uomo di una (in)certa età non mi riconosco più in questi modi di sentire, di porsi … ecco perché sono sempre più spesso incazzato e schietto …
LJ: sì, penso anche io che sia così. Forse siamo dentro a una piena metamorfosi, dove tutto è concesso finché non avviene la magica trasformazione, ma ne dubito. Il livello culturale, sulla musica, cambia velocemente, forse al ribasso come dici tu … non lo so ma una cosa è certa: l’orecchio è sempre più abituato al marketing e sempre meno all’arte.
TT: “l’orecchio è sempre più abituato al marketing e sempre meno all’arte”… ESATTO!
LJ: sembra che tutto sia già stato detto e ascoltato … così come dipinto e ammirato / scritto e letto … sicuramente ora è difficile inventare, ma insomma lo è da sempre, presumo … mah se non mi pongo domande, spengo il cervello e basta, riesco ad ascoltarli i brani pop di oggi ma se mi fermo a pensare a cosa mi trasmettono e a che messaggio mi portano dentro, capisco che non riesco a sentirli davvero, non mi arrivano poi forse come in tutte le cose dovrei provare ad approfondirli, ma non mi viene neanche la voglia, eheheh … staremo a vedere che fine farà la musica !
TT: musicalmente parlando credo che sia già stato detto tutto per quanto riguarda la musica “occidentale” (quella con le sette note che rappresentano i 12 semitoni), occorrerebbe scoprire od inventare un nuovo alfabeto sonoro ….
LJ: ecco, per l’appunto!
San Romolo, Patrono di Sanremo *
*Non esiste un santo di nome Remo, il nome della cittadina Ligure si deve a San Romolo (vescovo di Genova del IX secolo) e al linguaggio ligure, la dizione ligure di Romolo ovvero “Romu” sarebbe stata pronunciata “Rœmu” e dunque “Remu, ossia Remo,
SERIE TV
_La Ragazza Di Neve (2022 Spagna – Netflix) – TTT½
La Spagna da qualche hanno produce serie tv davvero notevoli, pure questa è di buon livello. Serie drammatica con a sua volta personaggi drammatici, scorrevole e prodotta bene; magari gli ultimi due episodi meno avvincenti dei precedenti tuttavia il giudizio finale e più che positivo.
Malaga, 2010, sfilata dei Re Magi. Il momento più magico dell’anno si trasforma in un incubo per la famiglia Martín quando la figlia Amaya scompare tra la folla. L’apprendista giornalista Miren avvia un’indagine parallela a quella dell’ispettore Millán, risvegliando aspetti del proprio passato che avrebbe voluto dimenticare. Ma può contare sull’aiuto del collega Eduardo e non si fermerà finché non avrà trovato la bambina. Dov’è Amaya Martín?
FILM
_The Last Son (2021 USA, Western drammatico) – TTT½
Il Montana in inverno, personaggi estremi, la violenza come unico mezzo … western cupo e crepuscolare. A me è piaciuto.
Isaac LeMay (Sam Worthington) è in missione per uccidere i suoi figli dopo che una profezia gli ha predetto il proprio omicidio. Con un solo figlio mancante all’appello, LeMay deve vedersela con i cacciatori di taglie e con lo sceriffo Solomon (Thomas Jane), che sono alle sue calcagna.
CLASSIFICHE
Il Monello era (insieme al fratello L’Intrepido) un settimanale a fumetti che quelli della mia generazione ricordano bene, io in particolare, essendo sempre stato un gran appassionato di fumetti. Il “giornalino” parlava anche di attualità e a volte pubblicava le classifiche dei dischi più venduti. Non so da dove prendessero i dati e quindi se fossero classifiche esatte, ma certamente erano più o meno attendibili.
Trovo per caso una di quelle classifiche e capisco subito che in quegli anni anche qui in Italia non ce la passavamo male, basti guardare le prime 4 posizioni. Alla 7 (la settimana precedente era alla 5) poi troviamo Keith Emerson con una colonna sonora (di un film di Dario Argento)!!!! E poi ancora De Gregori, New Trolls, Il Banco, i Matia Bazar, Guccini, i Genesis.
Poi uno si chiede perché (non solo musicalmente) sono rivolto al passato … beh, anche in una classifica senza capolavori in senso stretto, guarda un po’ che roba che si comprava e si ascoltava!
PLAYLIST
CODA
Ci sono speranze di poter cambiare le cose e di sfuggire ai blues feroci di cui parlava all’inizio? No, questo è ormai chiaro, perciò “se non hai fortuna, se non riesci ad essere in armonia, trova una ragazza con lo sguardo che guarda lontano, e sei disgustato del tutto e la vita non vale un centesimo prenditi una ragazza con lo sguardo che guarda lontano.”
Antonio prende l’ordinazione: una Rock per me, una Prosciutto e Fughi per Mario, una Paprika col prosciutto crudo per Pike. A corredo birre medie a 4 o 9 luppoli o coca cola per le pheeghe.
Quando siamo in questo mood ci trasformiamo in maschi un po’ tout court, politicamente scorretti, un poco sopra le righe: parliamo essenzialmente di football, sacramentiamo, guardiamo le donne seguendo i postulati di Euclide, senza dimenticare l’eterno altro nostro amore, la musica Rock.
Racconto ai miei amici che sono ormai due giorni che sono in tensione per il derby, che più gli anni passano più l’amore per la mia squadra trabocca dal mio cuore, mi metto persino a canticchiare un coro della Curva Nord:
Tu non sai quanto ti amo Tu sei il vanto di Milano Quello stemma sopra al cuore Rappresenta il primo amore
Te l’ho promesso da bambino Per sempre ti starò vicino A testa alta ovunque andiamo Siam la curva Nord Milano
Ooooooooooo ooooooooo Siam la curva Nord Milano
Pike sorride davanti alla mia passione incontenibile e io con lui, il tutto con molta autoironia. Al che Mario, visto che si parla di cori e di inni da stadio, con tutta la sua flemma se ne esce con: “sì, ma a me l’inno attuale dell’Inter non piace per niente. Era molto meglio “Amala” “.
Gelo, stordimento, incredulità, e quindi terrore e raccapriccio! Tu quoque, Mario, fili mi! Un’amicizia che dura da 33 anni d’un tratto è a rischio, una colonna della mia vita si sgretola, una figura basilare per il mio essere se ne va in dissolvenza.
Mi riprendo e parto con uno dei miei soliti pipponi:
“Ma come Mario, ma come caxxo è possibile … 33 anni di profonda amicizia virile, di condivisione di fede calcistica, di visione politica e universale, di fratellanza … un vissuto quotidiano comune, coi tuoi figli che sebbene adulti mi chiamano ancora “lo zio Tim” …e mi dici solo ora che non ti piace “C’è Solo l’Inter”?
Ma come, preferisci una canzonetta come Amala? Sì, certo, orecchiabile, ma:
_è cantata in maniera assai lofi da (ormai ex) calciatori dell’Internazionale
_è arrangiata e confezionata come una canzonetta di scialba musica commerciale qualunque
_è simile a “Baila Morena” di Zucchero
_ è gestita – discograficamente parlando – da Rosita Celentano che ad un certo punto chiese rimborsi onerosissimi per lo sfruttamento della canzone.
_e per quanto l’Inter sia sempre stata squadra, diciamo così, particolare, occorre smettere di insistere sul concetto di pazza Inter … lo è stata troppo.
ma vuoi mettere con il lento e sofferto gospel blues di “Cè Solo L’Inter” scritto da Elio e cantato da Graziano Romani, singer-songwriter che qui in Emilia, ed in particolare nella Reggio-Modena county, tutti conosciamo personalmente? Certo, non sarà frivolo come “Amala”, ma che ci importa se ci descrive magnificamente?
La schietta sintesi iniziale:
È vero, ci sono cose più importanti Di calciatori e di cantanti Ma dimmi cosa c’è di meglio Di una continua sofferenza Per arrivare alla vittoria E poi non rompermi i coglioni Per me c’è solo l’Inter
la onesta confessione
Perché per noi niente mai è normale Né sconfitta né vittoria
lo slancio viscerale tramite cui ogni cuore nerazzurro parte per le profondità cosmiche
E mi torna ancora in mente l’avvocato Prisco Lui diceva che la serie A è nel nostro DNA Io non rubo il campionato Ed in serie B non son mai stato
.
e infine la preghiera laica, tra iperbole e coscienza
.
Perché c’è solo l’Inter
C’è solo l’Inter, per me, solo l’Inter C’è solo l’Inter, per me
EPILOGO:
Il risultato finale (1 a 0 per noi) non fotografa adeguatamente l’andamento della partita, perché in realtà per 2/3 della gara l’Inter ha dominato nettamente la squadra avversaria. Petto gonfio, satisfaction guaranteed, felicità … bellissima serata dunque, peccato aver perso un amico.
Il tallone di ferro è una metafora per riferirsi alla plutocrazia (nel linguaggio politico – per lo più con un accento polemico, il predominio nella vita pubblica di gruppi detentori della maggior parte della ricchezza mobiliare, cioè grandi industriali, finanzieri, banchieri, ecc.) e alla oligarchia, ed è il titolo di uno dei grandi romanzi di Jack London.
Purtroppo resta di assoluta attualità anche oggi, visto il turbo liberismo e il capitalismo selvaggio che ancora predomina su tutto, d’altra parte è l’unica narrazione di società che ci siamo ridotti a fare alle giovani generazioni.
Pubblicato nel 1908 il Tallone Di Ferro è un romanzo di fantapolitica, una grande affresco antitotalitario, uno dei primi a trattare il tema delle distopie moderne, che qui racconta l’ascesa e la presa del potere di una oligarchia dittatoriale negli Stati Uniti.
La visione socialista di London si esprime in tutta la sua chiarezza nelle tesi e nei discorsi del protagonista Ernest Everhard, paladino dei diritti e delle ragioni dei meno fortunati, degli sfruttati, dei senza futuro.
Nei primi decenni del secolo scorso questo romanzo ebbe la funzione di libro guida circa il socialismo scientifico e dove non fu proibito ebbe una influenza davvero straordinaria, tra l’altro Che Guevara deve il suo nome di battesimo al protagonista del romanzo.
«L’orso ha detto che ci schiaccerà… E se schiacciassimo noi l’orso?»Pubblicato nel 1907, questo romanzo di Jack London rappresenta un esempio insuperato di “fantascienza verista”: impeccabile e profetico nella sua analisi sociale e politica ma, al contempo, senza freni nell’invenzione di una realtà distopica eppure sinistramente familiare. Testo di autentica chiaroveggenza sui destini della società capitalistica, “Il tallone di ferro” è uno dei più allucinati e veridici affreschi della società dominata dal profitto, dipinta nella sua durezza senza scampo, nella sua oppressione generalizzata, nei suoi impliciti e inevitabili sbocchi di violenza e massacro. Il profeta lucido e impavido dello scarto tra le speranze dell’umanità e le condizioni in cui gli uomini si trovano a vivere è Ernest Everhard, l’eroe, il combattente per la libertà (un personaggio memorabile cui Ernesto Che Guevara deve il nome di battesimo). Il racconto della sua vita e del suo pensiero è affidato al diario dell’amata Avis, figlia viziata di una ricca famiglia borghese che apre gli occhi, attraverso l’amore per Ernest, sull’intollerabile oppressione attuata dalla classe sociale cui appartiene, fino alle estreme conseguenze. Un feroce, visionario capolavoro. Prefazione di Goffredo Fofi.
Stanislao era uno dei randagi che gironzolavano qui intorno, negli ultimi anni finì per unirsi alla colonia dei nostri felini. Stanislao era un bellissimo gattone tigrato, capace di assoggettarsi al nostro Palmiro, il maschio a capo della colonia, senza troppi problemi.
Apparve qualche anno fa di notte, lo scorgemmo dapprima in cortile, quindi sulle scale dove gli lasciavamo sempre una ciotola di cibo e fu così che iniziò ad essere più o meno stanziale. Durante il giorno spariva, pensammo sin da subito avesse un’altra casa, un altro rifugio dove approdare, era infatti pasciuto, col pelo curato e appunto non troppo spaventato da due umani sconosciuti come noi, ma la sera tornava sempre qui. In principio ci riferivamo a lui chiamandolo Bigio, visto il colore del mantello.
Pian piano iniziò ad entrare con cautela in casa, rimanendo vicino alla porta d’ingresso e mangiando le leccornie che gli mettevamo a disposizione. Ci permise poi di accarezzarlo e da lì le cose divennero semplici: reciproca fiducia, reciproco amore.
Stanislao – Domus Saurea autunno 2021 – foto TT
Capì infatti che poteva fidarsi dei suoi due nuovi umani, tanto che finì per cercare di entrare in casa ad ogni occasione. Gli altri gatti lo accettarono senza troppi problemi, anche perché era leale e diventò inoltre un fiero alleato di Palmiro nella protezione dei territori. Arrivammo a chiamarlo Stanislao, senza un motivo particolare, fu un scelta immediata e naturale.
Con lui la colonia arrivò a 9 individui, i nostri sei (Palmiro, Raissa, Spaventina e Ragni + le due gattine Strichetto e Minnie che scelsero di accasarsi qui da noi anni addietro) e i tre randagi che qui trovarono rifugio (Ozzy, Rossignol e Stanny appunto).
Trovarmelo sul petto fu piuttosto naturale, Palmiro non si ingelosì più di tanto e Stanny amava sottolineare il legame che ci univa.
Stanislao (detto Stanny) – Domus Saurea agosto 2022 – foto TT
Ogni tanto spariva ma puntualmente ricompariva dopo pochi giorni, faceva parte della famiglia, lo aveva capito anche lui e sapeva che un pasto e un riparo sicuro qui per lui erano assicurati.
Stanislao – Domus Saurea 2022 – Foto Saura T
Da un po’ Stanny era sparito, ci eravamo preoccupati, da settembre dello scorso anno sfortunatamente una grande fetta delle campagne intorno alla Domus è stata riaperta alla caccia ed inoltre qui intorno vi sono sempre state volpi e donnole, per non parlare degli avvistamenti di lupi a poco più un chilometro. Speravo tuttavia che un gattone come lui, in forze e in piena salute, se la cavasse. Purtroppo non è stato così.
Stanislao – Domus Saurea 2022 – Foto Saura T
Nelle ultime settimane essendo sparito anche Ozzy (il randagio nero, malato da tempo, che avevamo con l’aiuto del veterinario e del cortisone rimesso a nuovo o quasi) eravamo attenti a scrutare l’orizzonte in cerca di dei nostri due gattoni scomparsi, ma dopo aver battuto le campagne qui intorno e chiesto a tutti i nostri vicini nell’arco di un km o due, ci eravamo quasi rassegnati. Certo, in noi albergava la speranza che entrambi fossero tornati da dove erano venuti, che magari avessero davvero una seconda casa.
Di Ozzy ancora nessuna traccia, ma purtroppo Stanny lo abbiamo trovato, morto. Su indicazione di una vicina che porta spesso in giro i suoi cani, lo abbiamo rinvenuto in fosso, morto da tempo, impallinato dai cacciatori in una parte del muso e su di un fianco.
Ora, che la caccia sia una attività umana senza senso è un dato di fatto, gente che va in giro ad ammazzare animali per divertimento non ce ne dovrebbe essere, e la legge che ancora lo permette è uno schifo, come uno schifo sono i cacciatori, quel “gruppo sociale di praticanti che hanno la propensione a ritenere l’atto di caccia come esercizio di una insopprimibile facoltà naturale dell’uomo.”
L’odio che provo per loro è viscerale, ed oggi questo sentimento è ancora più furente, io sono per l’antispecismo*, e so anche che non ci sono differenze tra una lepre e un gatto, ma sono umano, faccio quello che posso, e quello che hanno ammazzato era un mio gatto e dunque il dolore è più vicino a me ed è quindi straziante. Come ho già scritto su questo blog, bisognerebbe aprire la caccia ai cacciatori, uomini di melma che per il proprio diletto personale compiono una attività che giudico criminale.
E’ così dunque che se ne è andato il nostro bel gattone bigio, ovviamente lo abbiamo recuperato e ora è sepolto sotto ai frassini qui alla Domus.
Caro Stanny, grazie per essere passato da noi, per aver condiviso qualche anno di vita insieme, grazie per l’amore che hai saputo dare e ricevere e per averci fatto compagnia in questa vita che, come sai, non ha un cavolo di senso. Che l’ultima scintilla di materia che ti rappresenta possa volare sopra queste campagne che tanto hai amato e che erano e sono casa tua.
Addio Stanny, addio amico mio.
Stanislao – Domus Saurea 2022 – Foto Saura T
*Pensiero, movimento, atteggiamento che, in opposizione allo specismo, si oppone alla convinzione, ritenuta pregiudiziale, secondo cui la specie umana sarebbe superiore alle altre specie animali e sostiene che l’essere umano non può disporre della vita e della libertà di esseri appartenenti a un’altra specie
Senza tirarla troppo per le lunghe, il dio romano Giano (Ianus appunto) era il dio degli inizi, ed era raffigurato con due volti (il famoso Giano bifronte) perché aveva la capacità di guardare e il futuro e il passato. Il mese di gennaio (Ianuarius) precisamente deve il suo nome a Giano, divinità che rappresentava anche il concetto di passaggio, di cambiamento.
Giano bifronte
In questo periodo, anche se gennaio ormai è alla fine, siamo un po’ Giano anche noi, affrontiamo un nuovo inizio d’anno, di stagione, di blues, ma con lo sguardo rivolto pure al passato (soprattutto musicalmente) e come sempre ne racconteremo su queste pagine miserelle. A proposito di queste paginette, tra meno di un mese saranno 12 anni di blog, ehi … mica male davvero, ci vuole una discreta costanza, ma d’altra parte come scrivo spesso non so dove sarei senza questo blog. In Scandinavia forse, lontano dalle latitudini latine in cui vivo sempre più a fatica? Sulle rive del Mississippi dove verrei finalmente battezzato nel nome del blues? Nella mia isoletta caraibica preferita dove per un istante sorse il Sol dell’Avvenire? Ma riuscirei a vivere in quei luoghi? A Santa Clara, nel Bayou, a Copenhagen? Riuscirei a tirare fuori la ramazza, a togliere la polvere da essa e riassettare casa prima di partire?
Conoscere Il Blues
Quando colleghi, amici, conoscenti vengono a confrontarsi con me circa la musica (Rock e Blues) io inizio a sentirmi inadeguato, perché finisco per fare una parte che – essendo uomo di una (in)certa età – vorrei non fare più, ovvero quello del pseudo esperto con una verve critica che non fa sconti. Il fatto è che sono un cagacaxxo e non riesco più ad essere accondiscendente e ad esimermi dunque dall’entrare nel vivo del discorso con la mia solita vena polemica; d’altra parte in un mondo dove ormai il senso critico è sparito, tutti i dischi, i concerti, i gruppi, gli artisti sono descritti solo con iperbole a volte davvero fuori luogo. Finisco sempre per cercare di far capire a chi, magari non ha una passione come la mia e dunque ha una preparazione meno capillare, come stanno le cose, o comunque come la vedo io; così facendo mi sembra quasi di dovere vendere le mie tesi, di dover convincere il mio contendente ad acquistare il mio prodotto.
Quando ero un bambino talvolta venivano a bussare alla porta venditori di enciclopedia, noi finimmo per avere “Conoscere”, un vero e proprio must negli anni sessanta e settanta
e ora, a decenni di distanza quando vengo coinvolto in questi argomenti mi sembra di essere appunto un venditore di enciclopedie, che so, di “Conoscere il Blues”, 666 volumi di storie di uomini e musica obliqua, oppure di essere uno che va in giro bussando di porta in porta a predicare la musica rurale nera degli anni venti e trenta del XX secolo … il testimone del blues.
VITA IN AZIENDA:
“Tim Tirelli number one”
9 gennaio (Natale insomma … questa non è per tutti), dopo la chiusura l’azienda riapre. Tornare al lavoro dopo uno stacco piuttosto lungo non è mai immediato e dunque sono un po’ sgrauso A metà mattina incontro sulle scale una collega dell’ufficio personale, è insieme ad un nuovo arrivo, una giovane donna che inizia oggi. Dopo le due chiacchiere di rito ci salutiamo, mentre scendo le scale sento che la mia collega le dice: “Quello che hai appena conosciuto si chiama Stefano Tirelli, ma lo chiamiamo tutti Tim, per la precisione Tim Tirelli Number One”.
Scuoto la testa… ma che buraccione ho messo in piedi anche qui?!
“Cé uno che suona la chitarra”
Una mia amica è a pranzo col suo compagno e ad un figlio di lui avuto da una precedente relazione. Il figlio ha pressappoco 25 anni e lavora nello stesso ambito della azienda per cui lavoro, ipertecnologia insomma. Il figlio parla della sua professione e della ditta di cui fa parte e dice: “Sì, ma noi siamo una ditta che fa quello che può, non siamo come (cita il nome della mia azienda), là sono ad un altro livello, sono bravissimi, pensate che che hanno persino un super chitarrista che va in giro per l’azienda a suonare mentre gli altri lavorano, così tutto diventa più stimolante”
La mia amica mi riferisce la cosa e rimango basito da come le voci, le storie, passando di bocca in bocca ad ogni passaggio acquistano sfumature nuove sino a superare l’effettiva realtà. Sì, lavoro in una azienda speciale e preparata, con una nomea di un certo tipo, dove suono sì col mio gruppo ma quando organizziamo feste aziendali e dove – fuori l’orario del lavoro e su richiesta della direzione – tengo le mie lezioncine sul Rock, ma da qui ad arrivare a pensare che io suoni girando per gli uffici per fare atmosfera ce ne vuole.
ANDARE ALLO STADIO OGGI
L’umana che vive con me mi regala due biglietti per una partita dell’Inter, primo anello rosso, mica roba da tutti i giorni ed è il motivo per cui sono in autostrada diretto nella culla dell’umanità calcistica. Entro nel parcheggio di fianco allo stadio alle 18:30, pago 25 euro (dio pòver!), scelgo il trailer burger (va beh, il furgone dove vendono panini all’esterno del Meazza) dove acquistare per 20 euro (porca madosca) due panini e due bibite. Ore 19: rendez vous con il musical scriba extraordinaire Beppe Riva e Ferdi, con entrambi condivido l’amore folle per l’Internazionale Milano. Mezzoretta passata a discuter di Rock e di Football, due delle nostre grandi passioni. Ore 18:30 siamo ai nostri posti. Entrare a San Siro è ogni volta una forte emozione, stavolta ancor di più essendo nel settore migliore di tutto lo stadio. Mi godo l’atmosfera e il riscaldamento dei ragazzi ma poi pian piano sale una certa insofferenza: musiche da voltastomaco, giochi di luce, miseri inni non ufficiali dell’Inter, intrattenimenti forzati e sopra le righe di stampo chiaramente statunitense, per me davvero insopportabili.
Nella fila sotto alla mia vi sono padre, madre e ragazzina di 12 anni che già si veste e si atteggia come una popstar contemporanea. Lo schermo dello stadio manda in diretta le immagini degli spogliatoi, dove ad un certo punto compare il difensore nerazzurro Acerbi a torso nudo, la ragazzina se ne accorge ed inizia a strillare nemmeno fosse negli anni sessanta davanti a Beatles. E io mi chiedo “ma, proprio Acerbi?”. Poco dopo il tutto si ripete quando Lautaro (una delle stelle della mia squadra) si avvicina al nostro settore. La ragazzina, 12 anni, ha pure un diamante incastonato tra i denti. Niente di che, sono le nuove generazioni, ma fatico a concepire una 12enne che si esalti per Acerbi.
READERS POLL – UK magazine “Sounds” december 1974
Il referendum dei lettori delle riviste inglesi degli anni settanta mi hanno sempre fatto sorridere, non ho mai capito che senso avesse la distinzione tra British Section e International Section, o meglio, capisco il bisogno di una nazione imperialista di avere una classifica dedicata ai soli musicisti britannici, ma i risultati spesso mi fanno sorridere (vedi ad esempio le differenze tra i migliori tastieristi …UK vince Emerson, INT vince Wakeman … con le prime tre posizioni appannaggio degli stessi tre musicisti inglesi). Ad ogni modo, classifica che evidenzia la grandezza degli ELP in quegli anni. Nel 1973 uscì Brain Salad Surgery, nel 1974 il triplo live Welcome Back My Friends dunque facile farsi suggestionare, ma che bello vederli così in alto.
Readers Poll – UK magazine Sounds december 1974
Readers Poll – UK magazine Sounds december 1974
LA FATTORIA DEGLI ANIMALI (1945 – Edizione Mondadori 2015) TTTT
Rileggere di questi tempi La Fattoria Degli Animali significa per me dividermi tra l’acuta satira verso il totalitarismo sovietico di Eric Arthur Blair (va beh, George Orwell) e quella contro il capitalismo senza freni nella rilettura di Roger Waters. Due aspetti della società con cui dobbiamo fare i conti ancora oggi, benché l’URSS non sia più tale da decenni. Orwell era una sorta di socialista moderno che non tollerava quel tipo di società e l’espediente narrativo da lui trovato funziona molto bene. É un’opera di quasi 80 anni fa, dunque a tratti risulta leggermente naif, ma rimane un caposaldo della narrativa del novecento che si rilegge volentieri.
FILM SOBRI
Su Netflix c’è una categoria che si chiama FILM SOBRI, ed è quella a cui sono solito abbeverarmi. Trovo sovente titoli notevoli da guardare.
_IL PRODIGIO / THE WONDER – (Usa/UK/Irlanda 2022) – TTTT
Film potente e drammatico ambientato nel 1862 in un Irlanda profondamente religiosa e dunque bigotta fino all’autolesionismo. Da vedere.
_MR HARRIGAN’S PHONE (USA 2022) – TTT½
Tratto dal romanzo di Stephen King, un buon horror col giovane Jaeden Martell e Donald Sutherland.
_LA SCOPERTA / THE DISCOVER (USA/UK 2017) – TTTT
Un fisico riesce a dimostrare l’esistenza dell’aldilà, le conseguenze per la popolazione sono terribili e forse non tutto è come sembra. Con Robert Redford e Rooney Mara. Da vedere.
_ALL WE HAD (USA 2016) – TTT¾
Film indipendente e drammatico che tratta una di quelle storie di consueta americanaggine fatta di losers e di vite al limite. Film maturo, pieno di sentimento ma sobrio, film di denuncia circa la crisi finanziaria ed immobiliare statunitense..
_IL LEGIONARIO (Italia 2022) – TTT
La celere deve sgombrare palazzi occupati, triste rappresentazione degli angoli nascosti della nostra società. Non male, ma non mi ha convinto del tutto.
_METAL LORDS (USA 2022) – TTT–
Magari è anche divertente, ma alla fin fine non è altro che il solito filmetto di formazione liceale, stavolta con l’heavy metal in primo piano. Con Jaeden Martell.
Su Disney + è disponibile col doppiaggio in italiano il film
_AD ASTRA (2019 USA-CINA) – TTT½
Il fatto è che a me la fantascienza piace parecchio (sono un fan della saga Alien) e dunque tendo a guardare (o perlomeno ad iniziare) qualunque film sci-fi che appaia decente. In questo vi sono Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Donald Sutherland e insieme formano una discreta garanzia. La prima parte della pellicola mi è piaciuta molto, l’ultima un po’ meno. Ad ogni modo in queste giornate che sanciscono la fine delle festività invernali è un film che si fa guardare. Il titolo è preso dal motto latino per aspera ad astra (‘attraverso le asperità si giunge alle stelle’) .
SERIE TV
_Romulus II – La guerra per Roma (SKY ITALIA 2022) – TTTTT
Per la seconda serie di Romulus non possiamo che confermare quanto detto per la prima: serie meravigliosa! Produzione impeccabile, attori magnifici, scenografie credibili. E poi, lo raccomando a tutti, va vista nell’audio originale con i sottotitoli in italiano. Sì perché grazie all’aiuto di linguisti e studiosi i dialoghi sono stati affidati ad un una lingua creata per l’occasione, il protolatino, di cui non sappiamo granché non essendo arrivato a noi nulla di scritto, ma perlomeno l’esperimento suona terribilmente verosimile. E’ un peccato che questa serie non abbia la giusta risonanza internazionale perché è fantastica e meriterebbe un successo planetario. E’ magnifico immergersi nella storia di Roma, magnifico.
_Seven Seconds (USA 2018) – TTT¾
Buon poliziesco che striscia nell’humus delle tensioni tra cittadini di colore e poliziotti bianchi.
PLAYLIST
CODA
Questi ultimi giorni sono stati carichi di promesse nevose, ma non hanno portato nulla, giovedì scorso la neve era data per certa qui in pianura, ma è nevicato a Piacenza, a Parma, a Bologna e in Romagna … le mie due città, Mutina e Regium Lepidi, sono state saltate a piè pari. E va beh, cercherò di trovarla nei sogni la neve, spero che venga a me in maniera vivida e potente, come talvolta succede quando si sogna la mattina e ci si sveglia credendo di aver vissuto davvero quello che la mente si è divertita a creare.
Polbi Cell.: Non sono un fan in senso stretto e lo sai. Ma uno come Beck anche solo vederlo in foto e sapere cosa e come ha rappresentato per e il nostro mondo rock, ti fa sentire meglio. Una perdita pesante ben oltre il suo essere un chitarrista straordinario
Tim Tirelli: Sì come Keith Richards. Era uno dei nostri delinquenti del rock and roll.
Polbi Cell.: Esattamente
Tim Tirelli: Come faremo senza non so.
Polbi Cell.: Smarriti. Ecco come faremo… smarriti, sempre più smarriti
◊ ◊ ◊
Ho lasciato passare qualche giorno per provare ad essere più lucido, dato che la sua scomparsa ha avuto un forte effetto su di me, ed inoltre per affrancarmi dalla valanga di commenti sui social, magari tutti in buona fede, ma spesso troppo enfatici, melensi e senza un vero costrutto.
Perdere Jeff Beck non è per niente facile per uomini come noi, come mi ha scritto Polbi su whatsapp, sapere che certe figure Rock ci sono, esistono, rende la nostra vita meno dura. E più sicura.
Perdere uno così, dopo che per 9 lustri ha fatto parte della mia vita, è durissima. Dispiace per lui, per la musica Rock e per noi. Per molto tempo ho pensato che quando se ne va ad esempio un musicista o un attore o qualcuno del genere che abbiamo amato occorresse – in caso si voglia tributare un omaggio – parlare di chi è scomparso, evitando la autoreferenzialità di chi scrive. Oggi sono meno rigido e tendo a pensare che parlare di ciò che ha significato uno come Jeff Beck ad esempio nella nostra vita sia un grande omaggio alla sua figura … insomma è come dirgli: guarda Jeff quanto hai contribuito alla mia crescita musicale, spirituale e universale.
In questi giorni sul web si leggono anche tante castronerie e inesattezze riguardo Jeff e il suo rapporto con Jimmy Page (figura prediletta a molti lettori di questo blog). Un mio cugino mi ha persino segnalato un articolo dove si diceva che Beck ha insegnato il mestiere a Page. Ci sarebbe da ridere se non fosse un momento così triste. Parliamo di Page non per vezzo ma per i mille collegamenti tra i due. Dal momento in cui la sorella di Jeff accompagnò suo fratello minore a casa di Jimmy con lo scopo di fargli conoscere un altro “tipo strano ossessionato dalla chitarra” che frequentava la sua stessa scuola, Page e Beck si legarono l’uno all’altro per la vita. Uno dei miei contatti mi ha confermato come Jimmy sia ovviamente distrutto dalla dipartita di Jeff, lo immagino, perdere un amico così stretto, per di più chitarrista supremo e leggendario, per il Dark Lord deve essere durissima. Credo che si aggiunga anche lo smarrimento dovuto alla caducità della vita, per Jimmy fresco 79enne riflettere su di essa deve essere automatico.
Jeff Beck c’è sempre stato per me, perlomeno sin da quando la musica rock mi irretì definitivamente, laggiù negli anni settanta. Se ti innamori dei Led Zeppelin, Jeff Beck viene perlomeno di conseguenza, e se sei chitarrista poi entra a far parte di te nonostante la sua discografica non sia esattamente facile. Sì, certo, TRUTH (1968) è un disco fondante per la musica Rock, ma già il secondo BECK OLA (1969) è sfilacciato (ed è comprensibile, una band costretta a sfornare un album in soli sei giorni senza poi che tra i membri ci fosse uno col chip del songwriting non può certo fare miracoli). ROUGH AND READY (1971) e JEFF BECK GROUP (1972) sono buoni album ma non è che contengano pezzi straordinariamente belli. Il periodo BECK BOGERT & APPICE (più o meno 1973/74) sulla carta doveva essere stimolante, ma il ritorno al Rock in senso stretto per provare ad emulare il successo dei LZ non si rivelò niente di maestoso benché i numeri siano stati ben più che positivi. Intendiamoci, le performance alla chitarra furono leggendarie ma mancavano i pezzi, al solito. Ecco, a mio modo di vedere fino al 1973/74 come chitarristi Page e Beck si equivalevano, poi Page decise di non applicarsi più a dovere e sdraiarsi sugli allori mentre Beck prese il volo e diventò uno dei massimi esponenti della chitarra Rock and beyond. Nella seconda metà dei settanta, affascinato dalla Mahavisnhu Orchestra, Jeff si diede al Jazz Rock, BLOW BY BLOW (1975) e WIRED (1976) sono album legati a quel genere, aggiungerei che anche THERE AND BACK del 1980 è degno di nota. Dopo il brutto disco del 1985 (che però aveva la meravigliosa cover di PEOPLE GET READY di Curtis Mayfield registrata insieme a Rod Stewart) arrivarono album più consoni alla grandezza di un musicista come lui, GUITAR SHOP (1989), WHO ELSE (1999) e nel 2010 il superlativo EMOTION AND COMMOTION (2010) che sfiorò la Top Ten americana. Furono anche gli anni di album che il mio amico statunitense Pete E. – bass player extraordinaire – definirebbe super modern sounding stuff, materiale che non mi attrae particolarmente, ma il fatto è che al di là della discografica a tratti ostica e piena di momenti di musica strumentale poco adatta al grande pubblico, Jeff si è dimostrato un chitarrista e un musicista straordinario, cosmico, ineguagliabile, con ogni probabilità il miglior chitarrista solista dei nostri tempi.
Molti anni fa il giornalista musicale Giuseppe Barbieri su Chitarre scrisse (a proposito del fatto che Beck non fosse un natural born songwriter) che Jeff Beck compone musica con i suoi assoli. Se vogliamo ogni chitarrista che suona un buon assolo compone musica, ma in senso stretto Jeff Beck lo fa in maniera più ampia, il suo genio si materializza durante quegli assoli con cui da lustri affascina il mondo. Il suo controllo delle strumento è totale, dal vivo raggiunge risultati che credo nessun altro potrà mai raggiungere, la sua tecnica, il suo bending, il suo agire sulla leva del vibrato, il lavoro magnifico delle dita della sua mano destra, il suo tocco emozionante sono un qualcosa di divino … ecco sì, da quel punto di vista Jeff Beck è stata una divinità, definirlo eroe è troppo poco.
E poi, diciamocelo, tra l’altro Jeff Beck era un figo della madonna.
Qui sotto, in ordine più o meno cronologico alcuni dei suoi momenti leggendari:
Negli anni 10 degli anni duemila l’ho visto dal vivo due volte e in entrambi i casi la sua chitarra mi è arrivata nell’anima come una lancia, soprattutto la prima volta a Lucca nel luglio 2010 mi scombussolò moltissimo. Sarà che mi trovavo in Toscana, sarà che ero sotto al palco, ma verso la fine di NESSUN DORMA di Puccini mi commossi a tal punto che piansi. Che cavolo di emozioni che riusciva a liberare …
Il mio amico Jon H., anch’egli statunitense, chitarrista professionista, recentemente ha scritto che: “Jeff Beck was the greatest lead guitarist of all time, the ultimate interpreter of melody with a fire and beauty never equaled.” … l’ultimo interprete della melodia con un fuoco e una bellezza mai eguagliati. Come dargli torto.
Caro Jeff, con te se ne va il sublime virtuosismo al completo servizio della musica, attività umana che pochissimi sono riusciti a centrare, se ne va una figura di lignaggio musicale universale, se ne va uno dei miei pochi veri riferimenti. Lo sai che non credo nell’aldilà, dunque non scriverò le solite scempiaggini circa le jam session che potrai fare con gli altri musicisti scomparsi che ritroverai lassù, auguro solo alla scintilla di materia che ancora ti rappresenta di volare in alto nell’universo di aria sonora che tu stesso hai contribuito a creare. Addio Jeff, addio. … there’s a train a-comin’, you don’t need no baggage, you just get on board
La fascinazione di Jimmy Page per il movimento punk, o perlomeno per alcuni gruppi, è nota da decenni, in quel fermento musicale il Dark Lord trovava le radici del rock and roll, l’impeto rivoluzionario e giovanilista di quella musica degli anni 50 che infiammò lui e la sua generazione. Ricordo che in quel tempo mi colpì molto leggere il suo apprezzamento per i Damned, io ero solo un ragazzino pelle e ossa in preda al fervore per l’aria sonora che oggi viene chiamata Classic Rock e per il Blues ma che ovviamente viveva anche la musica che usciva in quegli anni. Sul mio giubbotto vi erano le spille di Jimmy Page e dei Ramones, ma se ne avessi trovata una vi sarebbe stata certamente quella dei Damned. Sì, certo, anche Sex Pistols e Clash, ma erano i Damned i miei preferiti.
Le cronache riportano che Page li andò a vedere all’opera al Roxy di Londra nel 1977. Attivo tra il 1976 e il 1978 e sito a Convent Garden 41-43 Neal Street London WC2 H9PJ, il Roxy disco club in quegli anni appariva più o meno così:
ROXY CLUB – London Convent Garden
ROXY CLUB – London Convent Garden
Tra la fine del 1976 e l’inizio del 1977 i Led Zeppelin erano rinchiusi ai Manticore Studios di Londra (locali di proprietà degli Emerson Lake & Palmer) per preparare il tour americano del 1977.
ELP Manticore Studios in the 70s
Led Zeppelin Manticore Studios 1976-77
Led Zeppelin manticore Studios 1976-77
Led Zeppelin Manticore Studios 1976-77
I Damned suonarono al Roxy le seguenti sere: 17/01/1977, 30/1/77, 31/01/77, 14/02/77, 21/02/77, 31/03/77, si presuppone che Page li andò a vedere in gennaio visto che in febbraio sarebbe partito il tour americano dei LZ (ma poi posticipato ad aprile per i problemi alla gola di Plant). E’ tuttavia solo una supposizione. Ad ogni modo vi andò una sera con Robert Plant e vi tornarono con Bonham (il quale, come sempre succedeva quando era sotto gli influssi dell’alcol, si comportò malissimo con il gruppo). Fino all’inizio del 1977 Page era attento alle nuove uscite discografiche e ai nuovi gruppi, benché vivesse ormai da tempo nella “bolla” che il management del gruppo aveva creato per lui e per gli altri tre membri dei LZ, era in qualche modo ancorato alla realtà; purtroppo una volta iniziato il lungo tour del 1977, tour di successo inimmaginabile per i tempi, Jimmy Page si estraniò dal mondo, consolidò il rapporto con sostanze chimiche pesanti e si rinchiuse nella torre d’avorio. Tanto per far capire la situazione, basti pensare che solo nel 1983 scoprì Edward Van Halen, il chitarrista olandese di Pasadena (CA) che con l’uscita del primo disco dei Van Halen nel 1978 rivoluzionò la chitarra elettrica …se ci pensate questa è la cartina di tornasole.
Torniamo a noi. Mi è sempre interessata moltissimo la genesi dell’ultimo album in studio dei Led Zeppelin, In Through The Out Door (pubblicato nell’agosto del 1979) e dunque anche decifrare le influenze che i Damned e il movimento punk ebbero in alcuni pezzi di quelle session. Influenze ovviamente non riscontrabili nell’album in sé, ma certamente presenti in un paio di outtakes poi pubblicate postume su Coda (uscito nel novembre 1982).
Dopo la tragica scomparsa del figlio di Plant nel luglio del 1977 e la conseguente interruzione del tour americano, il gruppo lasciò al proprio cantante il tempo necessario per elaborare il lutto. Si ritrovarono insieme nel maggio 1978 al Clearwater Castle per alcune prime informali session.A quanto si sa, ancora oggi le sale del Clearwell Castle che negli anni settanta fungevano da sale prove e studio di registrazione sono rimaste tali e quali a quelle di un tempo visto che sono spazi non più utilizzati (oggigiorno buona parte del Clearwell Castle è adibito ad ospitare soprattutto matrimoni, ma in altre parti del castello), e siccom che non ci sono foto del gruppo in quel contesto possiamo dunque immaginare una ambientazione del tutto simile a quella di cinque anni prima quando furono i Deep Purple ad usare quella location.
Deep Purple al Clearwell Castle – settembre 1973
In ottobre del 1978 i Led Zeppelin si raggrupparono agli studi Ezy Hire Studio di Londra per le sessioni di preparazione vere e proprie. Per la prima volta John Paul Jones presentò non solo idee musicali come fatto in passato, ma anche pezzi completi. Il 6/11/1978 il gruppo quindi volò al Polar Studio di Stoccolma visto che Björn Ulvaeus e Benny Andersson degli Abba, proprietari dello studio, offrirono l’uso gratuito della facility ai Led Zeppelin in modo da promuovere il Polar a livello internazionale.
Benchè i Led Zeppelin stessero vivendo una fase interlocutoria e Jimmy Page non fosse più il chitarrista dell’immaginario collettivo, le session furono assai produttive; nonostante quello che erroneamente si è sempre letto, il gruppo fu efficiente e risoluto. Solo Page perse un paio di giorni a causa di problemi gastrointestinali. Parecchie furono le canzoni registrate: le 7 che finirono nell’album,
led zep in through the out door
le 3 che furono pubblicate anni dopo su Coda (Ozone Baby, Darlene e Wearing And Tearing)
e almeno un’altra che a tutt’oggi Page tiene chiusa in un cassetto e di cui è reperibile su bootleg e su youtube solo la traccia di batteria.
Visto che stiamo parlando delle influenze punk nella musica dei Led Zeppelin mi soffermo esclusivamente su Ozone Baby e Wearing And Tearing.
Ozone Baby fu la prima canzone registrata al Polar Studio, composta da Page e Plant fu dunque una delle poche canzoni di quelle session scritta musicalmente per intero da Page. E’ un bel rock sostenuto che personalmente ho sempre amato e che penso sia stato ispirata dal primo singolo dei Damned, New Rose uscito nell’ottobre del 1976 (nello specifico, dal ritornello)
Naturalmente Ozone Baby non è un canzone punk, ma credo di essere nel giusto quando dico che New Rose dei Damned influenzò Page nell’intenzione e nella stesura di qualche accordo.
Wearing And Tearing ha un impeto sicuramente più affine al punk ed inoltre è un brano molto veloce; certo, l’anima hard rock è presente ma l’approccio del gruppo (e del cantato di Robert Plant) lascia poco spazio ai dubbi.
Personalmente sono orgoglioso del fatto che la band Rock che più amo in quel periodo fosse attenta a quello che succedeva intorno ad essa, e che forse i LZ erano davvero meno dinosauri (e più punk) di tanti altri. Come già scritto qui sul blog se solo si fosse deciso di rendere In Through The Out Door un po’ meno Little Feat (e dunque togliendo South Boud Saurez e Hot Dog) e più attuale (aggiungendo appunto Ozone Baby e Wearing And Tearing) forse l’album oggi avrebbe una valenza maggiore.
Segnalo inoltre che nell’ellepì del 1982 Strawberries, i Damned inserirono il pezzo Bad Time For Bonzo. Certo, si gioca sul titolo del filmetto del 1951 Bedtime For Bonzo (featuring Ronald Regan) e si critica aspramente lo stesso Regan allora presidente degli USA ma … teniamo presente che John Bonham (detto Bonzo appunto) conosceva il gruppo e votò Rat Scabies come miglior batterista nel referendum dei lettori del 1979 del Melody Maker.
Concludo questa riflessione sugli influssi punk che ebbero i Led Zeppelin sottolineando che nel tour europeo del 1980 la band ebbe di certo un approccio punk. Alla faccia di chi li accosta ancora all’heavy metal.
I giorni dopo il 25 si susseguono pallidi e senza fiato, sono quasi irriconoscibili l’uno dall’altro (lo diceva anche Aramis tempo fa), l’azienda per cui lavoro osserva qualche giorno di chiusura e dunque, con maggior tempo a disposizione, ho l’opportunità di impantanarmi nel soliti disgraziati bilanci di fine anno. Il tempo atmosferico sembra essersi allineato al mood del mio animo, siamo sotto l’influsso di un anticiclone africano ma la grande pianura in cui vivo è terra di nebbie, il sole fatica ad uscire e il panorama quindi si uniforma di conseguenza.
Il sole oltre la nebbia – Domus Saurea fine dicembre 2022 – foto TT
Passato Santo Stefano ripenso alle feste appena finite. Le lucine ad intermittenza di cui sempre parlo hanno reso meno pesante quel velo di crepe nere che sono solito indossare …
il sinodo con gli amici è stato uno dei punti più alti della decade dell’anno che preferisco, lo abbiamo organizzato l’ultimo giorno utile della decade che va da Santa Lucia all’antivigilia, quella che ci fanno sognare, sì perché come diceva un filosofo tedesco “l’attesa del piacere è essa stessa piacere”, quindi per assurdo il 24 e il 25 per noi risultano meno importanti e forse più fastidiosi visto il fardello che si portano dietro, “con le cappesante e tutte le altre cavolate” aggiungerebbe il Pike Boy (quando ce lo detto al sinodo siamo scoppiati tutti a ridere). Durante queste serate insieme siamo politicamente scorrettissimi, potremmo sembrare un gruppo di emiliani del tempo che fu, ma la cosa che amo è che ne siamo consci e che razionalmente ed intellettualmente siamo politicamente correttissimi. Stavolta eravamo solo in sei (su nove) ma la serata è stata favolosa. Pheega, Football, Musica Rock, Massimi Sistemi, Letteratura, Cinema …c’è qualcosa di meglio? Io senza i miei amici non so dove sarei. 25 anni di sinodi … mica male. Due di noi sono un po’ centurioni (amano insomma certo heavy rock over the top e kitsch) inutile dire che sono stati – soprattutto uno – mazzolati. Pike ha suggerito di fargli arrivare una lettera di richiamo dal comitato dei probiviri. Vedremo. Ma questo confratello, il nostro Lollo Zakk, ha anche fatto una delle battute più divertenti della serata. Stavo spiegando agli amici quello che vado ripetendo da quasi un anno, e cioè che nonostante io sia un uomo di una (in)certa età, sono mesi che mi sento assai esuberante da un certo punto di vista. Fermi tutti! Niente di che, mai stato un macho, uno stallone, uno sciupafemmine, mai pensato di essere chissà chi in quel campo, registro semplicemente che nonostante l’età mi sembra di vivere una seconda (o terza) giovinezza, che penso spesso alle donne e all’amore, sono insomma in una fase in cui la passione è forte. Parlandone con gli amici ovviamente esagero, ma ne siamo tutti consci. Il fatto è che, so può sembrare assurdo e un po’ patetico ai più giovani, malgrado la nostra età noi siamo esattamente quelli che eravamo a 23 anni, certo magari con più chilometraggio, ma siamo sempre quelli, e ancora guardiamo le donne (o gli uomini se non fossimo eterosessuali) e ancora abbiamo impulsi di un certo tipo. Spingevo sul gas a tal riguardo insomma, ridendo e scherzando, al che Lollo (più giovane di me di quasi otto anni) esclama “Caxxo, ma allora se è questo che mi aspetta non vedo l’ora di raggiungere l’età di Tim!”. Risata fragorosa da parte di tutti. Ma Lollo ha aggiunto anche questo a proposito dei recenti video dei Trouble che mi ha inviato su whatsapp:
“L’altra sera parlavo con mia moglie e le dicevo che certe cose, anche musicali, le posso condividere solo con Tim, altri miei amici mi prenderebbero per strambo o non gliene fregherebbe nulla”
A parte che non sono un appassionato di doom metal ma che questi due pezzi mi piacciono parecchio, ancora rimango sorpreso dall’affermazione di Lollo. Ritorniamo al solito discorso (che riaffronto anche più sotto), io credo di sapere chi sono, ma capire che sono così importante per gli amici, per la gente, mi sorprende e mi fa pensare. Sono proprio un tipetto strano.
The Boys Are Back in Town da sx a dx: Mix, Jay, Lollo, Pike, Tim, Mario – Sherlock Holmes Pub, Regium Lepidi 23/12/2022 – foto Brown Sugar
Il 25 tradizionale pranzo alla Domus con mia sorella, la quale continuava a chiamare i cappelletti (specialità reggiana) tortellini (specialità bolognese-modenese), e ogni volta veniva ripresa dai reggiani presenti. Cappelletti courtesy Antica Cappelletteria Ganassi Lucia, fatti a mano quindi dall’umana con cui vivo e da sua madre.
IN COSA SONO DIFFERENTI TORTELLINI E CAPPELLETTI?
Forma e Dimensione
La prima differenza che si nota è ovviamente la dimensione. I tortellini hanno una dimensione più piccola e minuta (della dimensione dell’ombelico di Venere), mentre i cappelletti sono solitamente più grandi. Anche la forma è diversa, dovuta ad una differente tecnica di chiusura. I tortellini sono chiusi tradizionalmente attorno al mignolo (a Modena attorno all’indice), il cappelletto invece (che ricorda i tipici capelli medievali) viene chiuso direttamente unendo le due estremità del triangolo.
Il ripieno
Viste le prime differenze che si notano a colpo d’occhio, è solo assaggiandoli che abbiamo la vera sorpresa. La grande differenza tra tortellini e cappelletti è infatti il ripieno, che cambia totalmente. Nei tortellini vediamo tradizionalmente un ripieno a base di carne (a Bologna si usa più lombo di maiale, mentre a Modena più Parmigiano Reggiano), invece nei cappelletti il ripieno cambia totalmente da zona a zona: possiamo trovarli con un ripieno di solo Parmigiano Reggiano, oppure con l’aggiunta di un po’ di ricotta ma anche con l’aggiunta di un po’ di carne.
Il condimento
Anche il modo in cui sono condite queste due tipologie di pasta fresca è differente. Se entrambe sono perfette con il brodo, troviamo alcune peculiarità: i tortellini si accompagnano spesso anche alla crema di Parmigiano Reggiano o alla panna, mentre i cappelletti sono perfetti anche con il ragù.
The Emilian way – Cappelletti e Lambrusco – Domus Saurea 25-12-2022 – foto TT
Mi ero ripromesso di bere meno finite le feste, ma come si fa quando Mario mi regala cose del genere?
Costretto a bere – i regali di Mario – Domus dic 2022 – foto TT
Cerco poi di riprendermi dal periodo ad alto tasso di cristianismo con le spiritosaggini di Lercio.
Ho trovato la prefazione di Roberto Vecchio davvero riuscita. Ripeto, davvero riuscita.
Capito a casa dei genitori dell’umana che vive con me, mi cade l’occhio sulla pagina aperta di un vecchio quadernone dove segnano i punteggi delle partite a carte che fanno con i loro amici. Ultimi scampoli di un’Emilia che va scomparendo.
Giocare a carte – i conti di Danillo & Lucia – dic 2022 – foto TT
Nel tardo pomeriggio di oggi andrò con un collega (rossonero e neroverde) a vedere l’amichevole Sassuolo – Inter (in attesa di andare a San Siro il 14 gennaio a vedere la prima partita ufficiale dopo tanto tempo … poltrocina rossa centrale, thank you baby). Stare senza Inter è dura, maledettamente dura.
THE WINTER ALBUM 2022
Dopo tre anni d’assenza torna il Tim Tirelli’s Winter Album, per la prima volta solo in formato digitale. Oltre a questo sulla chiavetta riservata ai confratelli qualche album obliquo in ordine sparso.
NEW YORK … GOODNIGHT
Durante i concerti degli Equinox (il magnifico gruppo con cui omaggio la più grande rock band di tutti i tempi, i Led Zeppelin naturalmente) mi ritaglio sempre un spazio verso la fine per presentare la band e sciorinare le mie solite scempiaggini. Lo faccio in un intermezzo creato ad hoc in Communication Breakdown, la bassista e il batterista tengono un groove funk in MI mentre io mi metto al microfono. Come detto presento i membri del gruppo, ringrazio il locale per averci voluti, benedico tutti nel nome del blues e – se è stata una bella serata – ringrazio il pubblico per la calda accoglienza aggiungendo che per qualche minuto ci è parso di sognare tanto da esserci sembrato di essere sul palco del Madison Square Garden … è tutta una scusa per chiudere come fecero i LZ alla fine delle tre leggendarie serate di fine luglio 1973 nella grande mela “New York … goodnight.”.
Oramai è una manfrina a cui non posso più sottrarmi, chi ci segue esige questo teatrino e attende questo segnale per andare sopra le righe. E’ tutto molto divertente, tanto che le mie due colleghe del cuore, la Mar e la Stremmy Girl, per il mio compleanno hanno pensato di far realizzare ad una graphic designer il fotomotaggio che trovate qui sotto: lo smilzo di Nonantola (va beh, io) sul palco del Madison Square Garden di New York, con la frase incriminata in bella vista. Me lo hanno consegnato mentre ci facevamo un aperitivo in un locale del centro di Mutina a pochi metri dal Duomo, e mi sono commosso. Magari non lo hanno notato, ma è successo … si sono date da fare un bel po’ per realizzare questa cosa il che significa – per tornare al discorso del post del 20 dicembre pubblicato qui sul blog – che mi vogliono bene e che sono una figura centrale nelle loro vite. E’ in queste occasioni che mi dico: “beh, mio caro uomo di blues Tim Tirelli, lo vedi che la gente poi ti vuole bene sul serio?”. È tornato sull’argomento anche il mio cugino acquisito Alberto (marito della Luci, figlia di una sorella di Mother Mary) proprio ieri sera mentre ci facevamo una pizza in uno dei nostri locali preferiti qui a Regium Lepidi “vedi Tim, sei una persona speciale, a te la gente vuole bene” . Al di là dell’impaccio emotivo nello scrivere queste cose un po’ autoreferenziali qui sul blog, mi devo arrendere a quanto mi disse il mio amico Polbi – anima della mia anima – tempo fa: “Tu Tim hai un capacita di penetrazione nella vita delle persone pazzesca!”.
Continuo a sorprendermi della cosa, ma me ne farò una ragione. Per tornare alle mie splendide colleghe: Mar, Stremmy: I love you! You are simply the best!
TT al MSG di NY – concept by Mar & Stremmy Girl – 21-12-2022
POLBI CALLING
Per il mio onomastico il mio amico mi dedica questa
e mi scrive:
Polbi Cell.: ‘Sto Natale sta passando magari anche meno peggio di altri recenti. Sono stato con Mino, mia sorella, le nipoti e altri familiari…qualche momento piacevole, ma nel complesso io purtroppo la penso come Rossana Rossanda: il Natale è una tragedia che si poteva evitare! Nel frattempo, sono riuscito perlomeno a non lavorare in questi giorni e ho ascoltato un po’ di musica Patti Smith, Plant Krauss, Ramones, King Crimson, Dead Boys, insomma solita roba. Ma ormai lo sai, non sento più cose nuove da tempo. Non riesco proprio più. Quanto mi mancano i concerti….certe emozioni….sensazioni, attimi, odori, luci…. Io vorrei andare alle 21.00 al Palaeur a vedere una di queste band: Stones, Pink Floyd, Zeps, Motorhead, Stooges, Clash, Velvet Undergound, Can, Allman Brothers, Patti Smith, Ramones, Big Star, Soft Machine…. Non è possibile e questa cosa è grave. È grave. Non ho più un cazzo di concerto per cui fare di tutto per andare a vedere. È grave mannaia i re Magi. Il rock è molto dal vivo, e io ormai vivo solo nei dischi. Da anni. È molto molto grave Grazie a dio (immagino intenda Jimmy Page, ndTim) ho la subacquea, che ho la fortuna di vederla vivere e cambiare giorno per giorno, che il mio il nostro rock ormai è un campo minato emotivamente…”
Sì, è una cosa grave, non abbiamo più un cazzo di concerto per cui fare di tutto per andare a vedere … io alle 21:00 vorrei andare al Palapanini (o anche all’Unipol Arena di Caselecchio …che tra l’altro è ormai la più grande Arena d’Italia …20.000 posti come il LA Forum e il MSG) a vedere una di queste band: Led Zeppelin, Johnny Winter And, Rolling Stones, Damned, Edgar Winter’s White Trash, Free, Bad Company, ELP, Muddy Waters, The Firm, Mott The Hoople, John Miles, UFO …
E sì, il nostro Rock è emotivamente un campo minato, lo vivo e lo respiro ogni giorno ancora con passione eppure dovrei attraversarlo in punta di piedi, con attenzione … Grazie a dio (Johnny Winter insomma) io ho il blog, il football e il songwriting …
GATTI ALLA DOMUS
Ozzy, il randagio che da anni gironzola qui intorno e che da qualche mese siamo riusciti ad addomesticare (da quando si è presentato dopo mesi di assenza in condizioni pietose tanto che il veterinario aveva pensato all’eutanasia … Ozzy purtroppo ha nella gola una massa tumorale); il giorno della vigilia ci aveva fatto preoccupare, ma poi si è ripreso e noi siamo di nuovo felici. Gli abbiamo regalato quasi 6 mesi di vita in più, ma la cosa importante è che (almeno ci pare) è una vita ben più che dignitosa, piena di coccole, di attenzioni, di amore … nonostante tutto da gatto malandato, magro, spelacchiato Ozzy ora è un bel gattone dal pelo lucido e dalla pancia piena che prova riconoscenza per i due umani che lo hanno salvato. Non sappiamo per quanto terrà duro, non lo faremo soffrire, ma fino a quando sarà il bel gattone in cui si è trasformato la Domus sarà casa sua.
Palmiro, il capo indiscusso della colonia, svolge il suo compito sempre con massima disciplina e rigore, controlla il territorio, scaccia gli intrusi, si assicura che gli altri felini abbiano cibo e una rifugio caldo in cui tornare.
Palmiro scruta i suoi territori – Domus 23/12/22 – foto TT
La piccola Minnie, giunta per caso qui alla Domus tre anni fa, continua a mostrare gratitudine e amore incondizionato per il suo umano di riferimento. Tutte le sante notti mi sale sul petto mentre sono a letto a leggere per poi rannicchiarsi sotto al mio mento una volta spenta la luce. Il nostro è un rapporto d’amore puro, quello che talvolta nasce tra mammiferi di specie diverse.
Minnie sul suo umano – Domus Saurea dicembre 22
FILM
Yesterday – (2019 UK-RU-CINA-USA) – TTT½
Ora che non è più a pagamento mi sono guardato Yesterday su Netflix. Commedia carina. Sul finale, quando compare una figura rock che non nomino, beh ho avuto un tuffo al cuore.
Braod Peak – Fino alla Cima – (Polonia 2021) – TTT½
Film avventuroso e drammatico che racconta la vera storia dell’alpinista polacco Maciej Berbeka. Ora su Netflix.
SERIE TV
Star Wars: Andor (2022 – USA) TTTT¾
Io non sono un Star Wars phreak, ho visto tutti i film e i relativi spin off e le serie che danno su Disney (d’altra parte vivo con una che vive Star Wars come una religione), ma per la prima volta devo dire che la nuova serie spin off Andor è magnifica. Per la prima volta il tutto è comprensibile anche a chi non conosce a memoria gli altri capitoli della saga e cronologicamente non è in grado di posare le pietre miliari nella propria maruga. Basta sapere che nell’universo di Star Wars dapprima vi era una Repubblica che poi venne rovesciata e sostituita da una dittatura, da un Impero, e che la serie Andor racconta e porta in scena i primi passi della ribellione, della resistenza a questo impero del male. Per i più attenti dirò che Amdor è il prequel di Rogue One
L’ambientazione, la scenografia e il mood in generale sono dipinti benissimo, molte le analogie iconografiche con il nazismo. Chi volesse approfondire può leggere questa bella recensione
Vi sarà anche una seconda stagione, il ponte necessario tra la prima e Rogue One. Non sono un gran fan della Disney (a parte i vecchi cartoni animati della mia infanzia e adolescenza a cui sono molto legato) ma devo ammettere che con Andor hanno (finalmente) fatto un gran lavoro. Da vedere.
PLAYLIST
OUTRO
Dicembre è dunque ormai agli sgoccioli, lo vedo passare dalle finestre della Domus, arriverà presto gennaio, poi febbraio e quindi i primi fiotti di primavera; ma l’inverno è ancora lungo e in questi giorni di pace in cui sono solo in casa mi godo questi momenti con me stesso.
Riguardo “Chiamami Aquila” la divertente commediola con John Belushi,
prendo in mano la Les Paul per qualche svisata rock blues, la Danelectro con l’accordatura dadgad sulla quale sto scrivendo un nuovo pezzo e infine l’acustica accordata in MI con cui risuono due recenti canzoni che ho scritto, il blues emiliano I GOT THE BLUES:
Oh io c’ho il blues, che scende giù, che viene su, che non torni più,
mi vesto di blu, ho un chewing gum, il bourbon del sud e un bicchiere di rum
e una suggestione acustica FANTASIA (come into my life):
Sai di acqua fresca sei la pioggia che va, Non è Francesca nella radio di un bar, io e te da soli nella nostra città, i nostri cuori un solo bazar
scrivo per il blog, riorganizzo nella maruga possibili sviluppi riguardo Aramis, mi guardo qualche film, ascolto musica e faccio camminate a passo sostenuto per le campagne intorno a Borgo Massenzio.
Vorrei che nevicasse, che un po’ di candore scendesse su queste terre, magari camminare sotto ai fiocchi che scendono, udire lo scalpiccio dei passi sulla neve fresca, ritrovare me stesso in quel dipinto naif, ma non succederà, almeno non nei prossimi giorni, e allora … un Southern Comfort e Physical Graffiti dei Led Zeppelin.
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