Io con Londra e l’Inghilterra ho sempre avuto un rapporto un po’ strano, a differenza di amici e conoscenti che le considerano “casa” io a pelle non ho mai avuto simpatie particolari per quella terra e i suoi abitanti. Musicalmente sono nato col Rock inglese, molti dei miei musicisti e gruppi preferiti sono inglesi, ma non mi è mai scattato l’amore per quelle lande, quelle tradizioni, quella cultura. Non fosse stato per il Rock, non avrei avuto nessun interesse per la Britannia. Visto però che nell’America del Nord ad un certo punto l’inglese diventò la lingua ufficiale (prima o poi sul blog farò una riflessione su come sarebbero stati il blues e il rock se fosse stata la lingua francese, spagnola o italiana a colonizzare il nuovo mondo) e che dunque i primi dischi di blues arrivarono nei porti europei dove si parlava la stessa lingua, ho dovuto rapportarmi con la perfida Albione. La groupie con cui sto invece è una amante della Britannia, della tradizione celtica, del Signore Degli Anelli, di Harry Potter, degli Yes e Rick Wakeman (degli Who e dei LZ as well). Visto che quest’ultimo il 19 giugno porterà sul palco dello Stone Free Festival KING ARTHUR con tanto di orchestra, mi tocca andare.
ORIO AL SERIO BLUES:
L’hostess al gate di Orio al Serio è sorridente e gentilissima con i clienti della Priority Class, indifferente e tendente allo scazzato con noi “poveretti”. Volare non è la mia attività preferita, soffro di vertigini e decollo e atterraggio mi danno molto da fare, ma se voglio mettere il naso fuori dall’Emilia non posso fare altro che salire sugli aeroplani e partire.
Stringo forte la mano della groupie poi, quando siamo in quota, mi rilasso, ma sbircio sì e no solo un paio di volte dal finestrino. Rimango spesso con gli occhi chiusi, per mantenere un certo aplomb recito mentalmente i testi dei FIRM…
Drifting like clouds
in a soft summer sky
walkin on air
to the cool summer night
let all this time
just go drifting on by
they may say its a waste
but I dont mind
◊
◊
STANSTED BY ME
Atterriamo a Stansted, mangiamo qualcosa quindi treno Stansted-Liverpool Street station di Londra.
A Bishops Stortford, che ribattezzo subito il guado storto del vescovo (in realtà significa guado su lingue di terra del vescovo (William, di Londra), guardo le casette vicino alla ferrovia e dico,” a Bishops Stortford ci vivi poi te”.
SITTING ON THE DOCKLANDS OF BAY
Io ho un buon senso dell’orientamento e buone capacità organizzative, ma con me ho una sorta di wonder woman assai portata per questo tipo di cose, così le lascio carta bianca; Saura poi ha una passione/ossessione per il dedalo di linee dell’underground e nel giro di mezza giornata avrà il totale controllo di esse. LIVERPOOL STREET, TOWER HILL quindi TOWER GATEWAY dove prendiamo la Docklands Light Railroad per POPLAR. Unico errore del nostro soggiorno: ci fossimo fermati alla successiva, BLACKWALL, ci saremmo trovati a 200 metri dall’hotel, invece così le centinaia di metri sono parecchie di più da fare, sotto la pioggia of course. Welcome in London Tim Tirelli.
L’albergo è un tre stelle niente male, vicino alla O2 Arena ma sull’altra sponda. Niente bidet. Maledetti inglesi. Sistemiamo le nostre cose e di nuovo diretti in centro (con la groupie non si può perdere tempo a rilassarsi un momento). Inizio con la mia ossessione di tradurre tutto.
Prendiamo la metro a MURO NERO (BLACKWALL), passiamo la fermata di PIOPPO (POPLAR insomma), un paio di altre e siamo a PORTA DELLA TORRE (TOWER GATEWAY). Qualche passo e siamo a COLLETORRE (TOWER HILL) da dove ci dirigiamo in centro.
Ci fermiamo a Leicester Square per un giretto. Mi sale un po’ di malinconia nel ritrovare quel locale, vicino all’Hyppodrome, dove mangiai 30 anni fa con Pop e Laura. Così alzo lo sguardo e faccio un immaginario brindisi agli amici assenti.
Mi guardo intorno…bus rossi e il Big Ben sullo sfondo…sì, sono a Londra.
Finché siam lì facciamo un salto alla Westminster Abbey, aspettiamo che suoni il Big Ben…
…diamo un occhiata al London Eye…
e ci facciamo una cenetta da Garfunkel’s a base di fish’n’chips. Un birra, una limonata, due fish and chips 33 sterline (46 euro).
Torniamo con facilità, siamo già esperti dell’underground e della Docklands Light railroad. Controllo la mia Oyster card dell’underground: ho già speso quasi 15 sterline a furia di girare (in due più o meno 40 euro).
In albergo, accendiamo la tivù, sulla BBC è c’è un documentario sul Rock dove Rick Wakeman è la voce narrante…
LADIES AND GENTLEMEN: THE ROLLING STONES
Giovedì, colazione all’inglese. Thé senza limone, beacon, fagioli. Mah. Ogni colazione in albergo 10 sterline a testa, in due 26 euro. Ha ragione il mio amico Doc: una settimana a Londra ti costa come un viaggio alle Maldive.
Dalla DLR (l’acronimo della Ferrovia Leggera dei Bacini che ha me fa sempre venire in mente David Lee Roth) scatto una foto…
Siamo diretti alla mostra dei ROLLING STONES in King’s Road. Saura è sempre più affascinata dal sistema delle linee dell’Underground londinese, l’ammira appena può.
Venni a Londra nel 1981 e nel 1986 e la cosa che oggi mi colpisce di più rispetto ad allora è il numero di edifici in costruzione (oltre al fatto che è tutto carissimo, appunto). Londra, centro e periferia, è un cantiere continuo. Gru modernissime svettano ad altezze vertiginose. Gli inglesi sono davvero decisi a rendere la città moderna e al passo con i tempi.
Rolling Stones Exhibitionism: costo biglietto giorni feriali 21,5 sterline (in due 56 euro).
La mostra è fatta davvero molto molto bene. C’è la ricostruzione fedelissima delle stanze dell’appartamento dove vivevano, degli studi di registrazione, ci sono le chitarre messe in mostra. Davanti a quelle di KEITH RICHARDS rimango spesso estasiato. Snobbo quelle dell’altro chitarrista e mi interrogo una volta di più circa questa mia idiosincrasia nei confronti di Ron Wood. Non è solo che non mi piace come chitarrista, proprio non lo reggo in generale. C’è la possibilità di ascoltare in cuffia (in coppia) alcuni pezzi e di missarli come si desidera. Su MISS YOU abbasso tutte le piste tranne quella della chitarra di KEITH RICHARDS. Il risultato è piuttosto sconfortante. Ora, che KEITH sia un chitarrista, diciamo così, “particolare” è cosa nota, che il suo fascino derivi dal suo modo d’ essere e dalle canzoni che ha scritto è ovvio, che la tecnica chitarrista non faccia parte del suo bagaglio è fuori discussione, che il Rock And Roll non sia (per fortuna) una scienza esatta è altrettanto vero, ma sentire una traccia di chitarra così poco professionale e suonata così approssimativamente su un disco di successo del 1978 è davvero incredibile. Nel missaggio finale la magagne si nascondono nel “buraccione” generale, ma sentirla così in solitaria è sorprendente. Saura mi guarda stupita e divertita, anche io lo sono ma scuoto la testa…vorrei fermarmi lì e non sentire più nulla.
Ci buttiamo su START ME UP, stavolta è la chitarra di RON WOOD che teniamo alta e il risultato è ancora più lofi di quello appena ascoltato. Almeno KEITH RICHARDS è KEITH RICHARDS, che ci faccia RON WOOD nei ROLLING è davvero incomprensibile. Sì lo so, è uno che scherza sempre, che tiene alto il morale del gruppo, che non rompe il cazzo e che va d’accordo con KEITH, ma mamma mia che musicista lofi! E stiamo parlando di uno che ha suonato nel JEFF BECK GROUP, nei FACES e nei ROLLING STONES. E’ proprio vero che in quegli anni se ti trovavi a Londra e frequentavi il giro musicale avevi alte probabilità di entrare a fare parte della storia del Rock. Invidioso? Forse, ma che culo ragazzi. Sentire la sua traccia su START ME UP mi fa rabbrividire.
Contemplo i fogli su cui JAGGER ha scritto i testi delle canzoni, i vestiti con cui si sono presentati negli anni sul palco, le copertine e gli scatti che le hanno create.
Alla fine del tour entri in una sorta di backstage, ti muniscono di occhiali 3D e ti fanno entrare se non sul palco almeno nelle prime file. Parte SATISFACTION da uno degli ultimi concerti e tu ti ritrovi fianco a fianco con MICK & KEITH. Fantastico. La mostra finisce. La consiglio a tutti.
Usciamo, e insieme a noi lo fa anche GIANNA NANNINI. Ci fermiamo a parlare un poco. Gianna commenta che “ormai così non suona più nessuno” prima di rientrare a cercare gli occhiali che ha perso. Già, quello era un modo di suonare e registrare che ormai non si usa più. Ormai anche artisti che in qualche modo sono sempre stati legati al Rock vanno sul palco e fingono di suonare la chitarra mentre il nastro col loro strumento registrato passa per l’impianto. E non sto parlando di chissà che, ma di semplicissime (!) parti di chitarra d’accompagnamento di un cantautore Rock di grande successo delle mie parti. Ormai nessuno ha più il coraggio di osare nemmeno le cose più semplici.
SWAN SONG MEMORIES
Percorriamo tutta la bella KING’S ROAD e facciamo una sosta al 484. Ci passai 35 anni fa, allora suonai e ebbi modo di parlare con SIAN MEREDITH, la segretaria, la quale mi regalò un copia del programma di Knebworth 1979. Sì, siamo nell’edificio dell’ex etichetta SWAN SONG, quella dei miei amati LZ. E’ chiusa da più di trent’anni, ma per un fan come me è comunque emozionante essere qui. Non troppo tempo fa ci venne anche JIMMY POIGE.
L’edificio è piuttosto dismesso
Di fronte, il pub che ricordavo.
Pubblico qualche foto su facebook e qualcuno mi critica per il carattere da “pellegrinaggio” che sta assumendo il mio viaggio, ma non me curo. L’andare alla ricerca di certe cose mi dà l’occasione di vivere la città, quartieri, periferie. Ed è quello che voglio. In underground sento una signora italiana chiedere a due ragazze (una delle quali deve essere sua figlia) che evidentemente sono a Londra da un po’ per studio: “Ma cosa c’è da vedere nel posto in cui stiamo andando?”, risposta della figlia “Boh… è una via con dei negozi”.
Pranziamo da PRET A MANGER. Ci serve una ragazza italiana. Cibi naturali e freschi ad un prezzo contenuto. In due 16 sterline. Poco più di venti euro.
HOUSES OF THE HOLY
Ci incamminiamo verso Kensington. Il quartiere è uno dei più esclusivi, mi piace molto da sempre. E’ bello girarlo in lungo e in largo, tra strade principali e vie più oblique. Cerco tra le pieghe echi della Swingin’ London. Porto la groupie a vedere la casa di FREDDIE MERCURY.
Avevo visto diverse foto in internet, ora sono qui e la cosa mi sembra speciale. Sì, perché al di là delle facili critiche che si possono rivolgere ai QUEEN per i diversi passi falsi fatti negli anni ottanta, va ricordato che sono stati un grande gruppo.
Una ulteriore passeggiata e arriviamo alla TOWER HOUSE, splendida townhouse costruita nella seconda metà dell’ottocento dall’architetto WILLIAM BURGES. Avendo visto documentari BBC su di essa, foto degli interni e letto qualcosa sulla sua storia, non posso che lasciarmi suggestionare ancora una volta da questa magnifica costruzione.
Questa è naturalmente la casa Londinese di JIMMY PAGE. Ora lui è in California per quel cavolo di processo su STAIRWAY TO HEAVEN, il cancello è chiuso con lucchetto, tutto tace. Quando venni nel 1986, il cancelletto era aperto, un budda dorato faceva capolino da una delle finestre e fu facile lasciare qualche copia della fanzine che allora pubblicavo nella buca delle lettere. Mentre sono qui mi interrogo sulla mia condizione di fan del DARK LORD. Saura è gasatissima.
Me la gusto ancora un po’ la Tower House …
poi Saura mi scatta un paio di foto e ce ne andiamo
Come mi ha chiesto, con sarcasmo, il mio amico Frank, controllo i lavori di ristrutturazione della casa a fianco, la WOODLAND HOUSE. Lavori che tanto hanno fatto imbestialire PAGE. La casa oggi appartiene a ROBBIE WILLIAMS, ma fino al 2013 è stata la residenza del registra MICHAEL WINNER, colui che diresse tra gli altri IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE 2 per cui PAGE nel 1982 pubblicò la colonna sonora e SCREAM FOR HELP (colonna sonora di JOHN PAUL JONES).
PIGS ON THE WING
Ci facciamo poi REGENT STREET, andiamo a vedere una targa alla memoria di CHRIS SQUIRE a SOHO, poi fermate obbligatorie a PICCADILLY CIRCUS e a DENMARK STREET, quindi bus per BATTERSEA: la centrale elettrica sopra cui volavano i maiali devo vederla…
Da lì torniamo in centro nel secondo piano di un bus. Osservo la città e penso a come noi essere umani siamo capaci di imprese incredibili. Un città da otto milioni di abitanti e riusciamo ad organizzarla, a dare un lavoro, una casa, una bagno, fogne, luce elettrica, cibo etc etc a tutti (o quasi). Poi falliamo miseramente quando c’è da condividere concetti quali unità, fratellanza, solidarietà, tolleranza.
Torniamo nei Docklands, una doccia e siamo pronti per la cena. Stasera non torniamo in centro, secondo il contapassi del telefonino solo oggi abbiamo fatto a piedi ben più di dieci km. Sono sufficienti. Ed è sufficiente anche il cibo inglese, tutta quella carne, quel fritto, quella cucina non certo sopraffina. A duecento metri dall’albergo c’è un ristorante italiano…una pizza e una pasta, una pausa culinaria benedetta. Totale 40 euro.
Dopo cena facciamo due passi, cammino a bordo fiume col mio blues mentre guardo la O2 arena sull’altra sponda.
THE ENDLESS ENIGMA
Venerdì mattina vorrei andare a vedere l’edificio della MANTICORE RECORDS; arrivo all’indirizzo trovato in internet, ma mi accorgo che è sbagliato e che il vecchio cinema ODEON che dal 1973 al 1977 diventò la sede della MANTICORE (e dove i LZ fecero le prove per il tour del 1977) fu abbattuto tempo fa. Peccato. Ma se non altro ho occasione di vivere Londra dall’interno, in questo caso il quartiere MAYFAIR.
SOMETHING IN THE WAY SHE MOVES
Di nuovo in underground, ABBEY ROAD STUDIOS bound. Un’occhiata in giro, la classica foto sul passaggio pedonale più celebre della storia e ci rimettiamo di nuovo in cammino.
ALL RIGHT NOW
Ci dirigiamo verso i confini della città, a GOLDERS GREEN, un area dove vivono parecchi ebrei. Tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento furono costruiti un cimitero e un crematorium ebraici.
Siamo diretti verso quest’ultimo, devo omaggiare il ricordo di uno dei chitarristi che mi hanno formato.
Il posto è magnifico: molto verde, pace assoluta, spazi ampi, lo percorro quasi tutto, fino alla “casetta” posta alla fine…
Lì posso raccogliermi un momento e rivolgere i miei pensieri ad un’anima blues, PAUL KOSSOFF.
Camminiamo in tutta tranquillità, è il senso di pace a prevalere. Davvero un bel posto dove essere ricordati.
Tra l’altro è lì che si ricordano altri due personaggi illustri del Rock.
WHERE THE TRAIN STARTED A-ROLLIN’
Prossima tappa Chinatown. Nel cuore di SOHO mi fermo a contemplare l’edificio in Gerrard Street dove avvenne la prima prova dei LED ZEPPELIN, nell’agosto del 1968.
Gerrard Street, dove tutto ebbe inizio…anche Page recentemente vi è tornato…
Segue puntata alla cattedrale di SAINT PAUL e una passeggiata sul MILLENIUM BRIDGE, quindi albergo, doccia e di nuovo in centro. Ceniamo con Floro, Francesca e Clelia giunti dall’Italia. Floro è un fan di Wakeman, in contatto da tempo con Saura. Su consiglio di Giancarlo Trombetti proviamo il Thai. Niente male davvero.
TOWER OF LONDON
Sabato mattina la dedichiamo alla TOWER OF LONDON, il “castello storico” sulle rive del Tamigi che rappresenta forse il punto cardinale della città. Londinium, Londra appunto, fu fondata dai Romani (esistono ancora mura originali erette dei nostri antenati), quindi portato avanti da normanni fino a diventare importante presidio delle storia degli inglesi.
Ci fermiamo un momento davanti al punto dove cadevano le teste, tra cui quelle di un paio di mogli di Enrico VIII.
I rimandi al soggetto dell’album più importante di RICK WAKEMANN sono tanti, anche nel negozietto di cianfrusaglie; mi piacerebbe comprare per la groupie la serie bamboline di pezza di Enrico VIII e delle sue sei mogli ma una volta guardato il prezzo (50 sterline!!!) non posso che esclamare “Mo’ uetèr a sii maat!”
Usciamo e ci godiamo un po’ il Tower Bridge e il Tamigi prima di pranzare su di una panchina col fish’n’chips d’ordinanza.
THE EQUINOX BOOKSELLERS AND PUBLISHERS
Il nostro gruppo si chiama Equinox, come l’occult book shop che PAGE aveva negli anni settanta in Holland Street. Saura vuole assolutamente visitare il luogo.
Oggi è la sede della galleria del fotografo RICHARD YOUNG. Entriamo, diamo un’occhiata. In questo periodo la galleria è dedicata alla mostra ANARCHY IN THE UK, molte belle, belle foto del movimento punk della seconda metà anni settanta. I DAMNED, i CLASH e compagnia ritratti nel momento dell’esplosione. Al piano di sotto anche una foto di PAGE dai concerti inglesi dell ARMS 1983.
Fermata obbligatoria alla ROYAL ALBERT HALL.
Imponente il ROYAL COLLEGE OF MUSIC che c’è lì dietro.
Saura continua ad essere attirata dalla cartina della metropolitana.
A volte temo che da un momento all’altra venga risucchiata al suo interno…
FOYLES è “la” libreria, 5 piani di volumi a Charing Cross Road, presente anche nel Guiness dei primati come libreria più grande del mondo.
Saura ci sguazza qui dentro essendo una lettrice di libri accanita. Io compro un paio di cosette…
Cena in hotel, due piatti di pasta e due acque minerali: quasi 40 euro.
Arriva domenica, il giorno del concerto. La sera prima all’O2 ci giunge voce che non ci fosse il tutto esaurito. Mi spiace non essere andato, vedere ALICE COOPER, DARKNESS e BLACKBERRY SMOKE mi sarebbe piaciuto.
Pranziamo insieme a Floro, Francesca e Clelia in un ristorante indiano nelle vicinanze. Con noi anche Paul (UK), Greg (USA) e Micaela (D) fan storici di RW amici di Saura. Micaela il giorno prima è andata a vedere le prove (costo del biglietto: 350 sterline), ha il biglietto del meet&greet come noi e anche quello per il party dopo il concerto. Essere fan in senso stretto può essere molto dispendioso.
E’ a Londra anche il mio amico vichingo MICHAEL STENDAHL, una ledhead svedese che che nel 2000 venne fino a Nonantola, insieme al mio storico amico scozzese Billy Fletcher, a vedere il concerto dei PRIORY OF BRION di ROBERT PLANT al Vox. Attraversa tutta la città per bere una Stella Artois insieme a me. C’è un vento gelido. Io maglietta, felpa e foulard, lui in maniche corte.
In attesa del meet&greet gironzoliamo nell’atrio della O2.
Saura vuole una foto con chi dirigerà l’orchestra…
e con OLIVER WAKEMAN che si trova nei paraggi.
Siamo in fila con altri quaranta in attesa di trovarci al cospetto con RW. Non fosse per Saura non mi troverei qui, ho già incontrato Rick tre volte e non sono fan a tal punto da spendere volontariamente parecchi soldi solo per stringergli la mano e farmi una foto con lui. Ma Saura è Saura, scherzosamente la chiamo groupie perché nel mio mondo immaginario sono un chitarrista Rock di successo e lei è la ragazza che mi segue in tour, ma ho sempre più il sospetto che groupie lo stia diventando davvero, mi basta vedere come guarda il biondo di Perivale.
Siamo circa in 40 in fila. Faccio due conti. I biglietti se non ricordo male sono costati 196 euro ognuno, ammettiamo siano 96 per il concerto e 100 per il meet&greet … te lo dico che il buon Rick appare tutto sommato ben disposto ad incontrare i suoi fan, 4000 euro per un oretta son presi bene. Ad onor del vero però va detto che Rick è disponibilissimo con i fan anche senza la bazza del meet&greet, l’ho toccato con mano più volte, da questo punto di vista è davvero il numero uno.
Fotogafo Saura alla sua quinta volta a contatto con il suo idolo,
e poi tocca a me. Vorrei mettermi a parlare con Rick di INTER e MANCHESTER CITY come facemmo ada Asti l’anno scorso, ma il tempo stringe, non è il caso.
Entriamo nell’arena mentre la tribute orchestra dei PINK FLOYD termina lo show (che mi è sembrato noiosetto).
La arena è piena al 60/65 %. Le tribune al lato opposto del palco sono state riempite con figure gonfiabili per mascherare il vuoto. Malgrado il costo dei biglietti, i nostri posti sarebbero vicini al palco ma di lato, in questo modo non vedremmo Rick, di solito posizionato al centro e non esattamente sulla ribalta. Ma come detto non c’è il pienone, di posti vuoti ce ne sono parecchi, così ci spostiamo sulle tribune laterali più centrali, dapprima in alto e poi nelle prime file, e ci godiamo così il concerto in tutta comodità.
La prima cosa che mi colpisce è che i concerti Rock di questa generazione di artisti sono diventati lavori da vecchi, e scrivo vecchi senza alcuna accezione negativa, d’altra parte tra poco lo sarò anche io. E’ un dato di fatto, la stragrande maggioranza del pubblico sembra sia sui sessanta e passa anni. L’atmosfera è quella da concerto di musica classica. Tutti composti, qualche urletto di circostanza, nulla più. La cosa mi intristisce, c’è un aria da saldi di fine stagione del Rock. E’ inevitabile lo so, ma mi immalinconisco. Certo, la serata è dedicata al prog, ma la parola è comunque sempre accompagnata dal termine “Rock”, è qualche scintilla di energia dovrebbe scoccare. Non è così. C’è un silenzio totale tra i pezzi , terminati i tiepidi applausi. Si riesce a sentire persino il click dei pedali degli effetti di chitarra che Steve schiaccia tra un pezzo e l’altro.
STEVE HACKETT non mi ha colpito, non che abbia suonato male, ma mi è sembrato spento e la band che lo accompagna priva d’identità. Come dice Saura “un’accozzaglia di gente messa insieme così senza un filo conduttore”. Noto che al basso c’è, sempre col suo gonnellino scozzese, NICKY BEGGS, leader dei KAJAGOOGOO e session man al soldo di tantissimi artisti, tra cui JOHN PAUL JONES. Lo ricordo infatti durante al tour del 1999 all’Alcatraz di Milano.
I primi pezzi sono quelli della sua carriera da solista (inascoltabili), gli ultimi quelli dei GENESIS. Sebbene ami moltissimo il gruppo storico di appartenenza, nessun momento mi scalda.
Usciamo mangiare qualcosa, inizio ad essere stufo dell’idea di cibo che hanno in Inghilterra, carne e fritto everywhere. Qualcosa dobbiamo pur buttar giù però, un (Aaahhhh) Hot Dog per me e patatine fritte per la groupie, che è vegetariana.
Rientriamo per i MARILLION. La differenza si nota subito: questo è un gruppo, può piacere o no ma ha il “senso”. Dei MARILLION ho un paio di album, FUGAZI e MISPLACED CHILDHOOD. Ricordo ancora quando vennero fuori all’inizio degli anni ottanta. Vedevo le foto del cantante (FISH) vestito coi costumi di PETER GABRIEL, sentivo lo stesso cantare come PETER GABRIEL e ascoltavo quello che passava la radio e mi sembrava che la band fosse un tributo ai GENESIS, sebbene mi chiedessi cosa ci facesse l’intro di IN THE EVENING in MISPLACED CHILDHOOD …
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Mi meraviglai dell’istantaneo successo che ebbero in Italia, qualcuno si mise pure a pubblicare una fanzine. Erano un po’ quello che i KINGDOME COME sembravano essere per i LZ. Poi, il cantante se ne andò e ne arrivò un’altro, la band cambio un poco rotta ma continuò veleggiare senza troppi problemi.
Sono ancora qui, fanno uscire album, hanno un discreto seguito e suonano all’O2 arena (seppur come uno degli opening act).
Il cantante attuale dei MARILLION è un incrocio tra il Peter Gabriel dei primi anni ottanta e il gobbo di Notredame versione Disney. Ma ci crede, coinvolge, fa un ottimo lavoro. Alla fine il gruppo riceve una standing ovation.
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Arriva poi il momento di RICK. La partenza è traballante, ma il tutto si aggiusta. Il rapporto tra Rock e orchestra è sempre al limite, sempre sull’orlo dl precipizio, il rischio del ridicolo, del kitsch è sempre in agguato. Non aiuta il fatto che Rick indossi un costume con tanto di mantello…potrà forse fare contenta una fetta di fan, ma non credo sia il caso, nel 2016, a 67 anni.
Tanti fan non fanno caso a queste cose, anzi le trovano essenziali, ma io credo siano la morte del sentimento Rock. Negli anni settanta, a 25/30 anni magari erano spettacolari, adesso credo siano solo tristi e ridicole. Anche RITCHIE BLACKMORE nei recenti concerti Rock si è presentato vestito da padre pellegrino o da menestrello medioevale, e questo a 71 anni… a me sembra anacronistico sino allo sfinimento.
Al di là di queste considerazioni il concerto è stato buono. Certo, un’ora e quaranta di KING ARTHUR mi è parsa troppa. Il disco relativo del 1974 durava 40 minuti, sarebbe forse stata più godibile una lunghezza di quel tipo (senza le nuove parti che indiscutibilmente hanno appesantito il concerto) e il resto dello show dedicato a qualche pezzo degli YES, dell’album THE SIX WIVES OF HENRY VIII e qualche altro episodio della carriera solista di RICK.
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Alcune parti mi hanno colpito molto, suggestivo il coro dell’orchestra, ma a tratti il tutto mi è parso ridondante.
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Sebbene alla fine ci si ritrovi tutti in piedi ad applaudire, la cosa è sembrata forzata, l’entusiasmo non sembra spontaneo del tutto. Dopo i saluti l’orchestra rimane sul palco, è evidente che sta attendendo un cenno per capire se si suonerà un bis o no, dopo poco però le luci si accendono e tutto termina. Immagino che anche WAKEMAN abbia percepito la non eccezionlaità della serata (l’arena mezza vuota, mancanza di vero calore da parte del pubblico). Con questo non voglio dire che sia stato un flop, è stato un buon concerto di un gruppo Rock assistito dall’orchestra nel riproporre un’opera rock basata su Re Artù scritta da uno dei più grandi tastierista della storia della musica Rock. Ecco, solo nulla di eccezionale, di incredibile, come invece si è letto qualche giorno dopo nei commenti e nelle recensioni dei fan. Questa è una cosa che mi rattrista sempre, che tanti fan non riescano ad essere un minimo illuminati tanto da vedere le cose come stanno. La chiamo la sindrome da Dave Lewis, storico e famoso fan dei LZ inglese per cui tutto ciò che ha a che fare con il mondo LZ e derivati è sublime, tinto di rosa, awesome.
Saura è contenta, ma anche lei rimane con i piedi per terra.
Guardo un’ultima volta la O2 Arena, penso a nove anni fa quando su quel palco c’erano 3/4 dei LZ ed esco.
Nell’atrio incontriamo ROGER DEAN, il creatore delle copertine degli album degli YES; segue foto di rito.
Usciamo nella notte. Temevo file interminabili per prendere l’underground e invece nessun problema. Che spettacolo essere fuori dall’Italia per queste cose. Passiamo sotto al Tamigi. Riemergiamo all’Attracco del Canarino (CANARY WHARF insomma) e sotto la pioggia torniamo in albergo.
GET WHERE O BELONG
Lunedì mattina, mi sveglio e guardo fuori dalla finestra, siamo in giugno inoltrato ma sembra novembre. Colazione, preparativi e IBIS HOTEL bye bye.
Prendiamo un’ ultima volta la Docklands Light Railroad e ci dirigiamo alla stazione di LIVERPOOL STREET.
Saura si perde un’ultima volta a contemplare la cartina della metropolitana.
Saliamo quindi sul treno per STANSTED. In aeroporto pranziamo e attendiamo di imbarcarci.
Si decolla. Chiudo gli occhi, cerco di tenere a bada le mie vertigini e la mia ansia. Penso a RICK DERRINGER, MICK RALPHS, JOHN MILES, ai VIRGINIA WOOLF, a SAMUEL ETO’, WESLEY SNEIJDER, ESTEBAN CAMBIASSO … quando arrivo a JOSE’ MOURINHO vedo le stelle, un bagliore celestiale, entro nell’estasi mistica, mi calmo…bene siamo già in quota.
Saura scatta qualche foto fuori dal finestrino. Io non guardo.
Un’oretta e mezzo e siamo di nuovo sopra Bergamo. Penso a BEPPE RIVA. Saura filma l’atterraggio. Io impietrito sul seggiolino con gli occhi chiusi e teso come una corda dell’archetto di violino di JIMMY POIGE durante DAZED AND CONFUSED live 1973.
Eccoci poi correre sulla freccia gialla della pianura lungo le autostrade che ci riportano a casa.
Albergo IBIS di BLACKWALL Londra – Domus Saura nelle campagne di Regium Lepidi 10 ore esatte. Risalgo in macchina per andare a prendere Palmiro. Mentre sono in viaggio noto quando non sia facile passare in poche ore da Londra all’Emilia.
Un paio di giorni dopo scopro che il Regno Unito ha scelto di uscire dall’Europa.
Io disdegno i nazionalismi, le idee dell’estrema destra, il populismo, dobbiamo unirci invece che dividerci, e questa Brexit mi sembra una cosa da pazzi. Mi rendo conto che l’Europa al momento non ha un gran fascino… la Merkel, le banche, la finanza, ma temo che questo non sia un problema dell’Europa, ma del sistema che tutto il mondo sembra aver scelto, ovvero il capitalismo, il neo liberismo sfrenato. Io auspico che presto ci sia una Europa più coesa e sto dalla parte del filosofo PAOLO GALIMBERTI: di Europa ce ne è troppo poca. Fino a che non ci sarà un governo centrale e le relative istituzioni centrali sarà sempre una unione a metà piena di pasticci.
Hanno votato “leave” le persone più anziane, le zone meno istruite e più povere oltre che quei gran simpaticoni dei populisti e della destra Estrema.
Noto con disappunto che TONY FRANKLIN (musicista di mille gruppi dopo esserlo stato di ROY HARPER e dei FIRM) è un convinto sostenitore della Brexit.
Meno male che Ross Halfin, il fotografo amichetto del Dark Lord non le manda a dire.
ROSS HALFIN DIARY – June 24: Off to Los Angeles this morning, woke up to the news that we are leaving the E.U.Now I am not political but this is stupid we will have the Far Right in. Morons blaming the refugees for all the wrongs in the UK. I liked being in the E.U. easier to travel I even wish we’d had euros instead of pounds. The Forth Reich is on the way. And America may have Trump. The world is not in a good place.
Malgrado questa amarezza, sono ancora sotto l’influsso della fustinella londinese. Dire che mi sono innamorato è esagerato, diciamo che io e Londinium ora ci stiamo più simpatici. Thank you groupie, thank you London Town.
“London Town”
I was accosted by a barker playing a simple tune upon his flute.
Toottoottoottoot.
Silver rain was falling down
Upon the dirty ground of london town.
Ordinary people it’s impossible to meet,
Holding conversations that are always incomplete.
Well i don’t know.
Oh, where are there places to go?
Someone, somewhere has to know.
I’don’t know.
Out of work again,the actor entertains his wife
With the same old stories of his ordinary life.
Maybe he exaggerates the trouble and the strife.
Well, i don’t know.
Oh, where are there places to go?
Someone, somewhere has to know.
Crawling down the pavement on a sunday afternoon,
I was arrested by a rozzer
Wearing a pink balloon about his foot.
Toot toot toot toot.
Silver rain was falling down
Upon the dirty ground of london town.
Someone, somewhere has to know.
Silver rain was falling down
Upon the dirty ground of london town.
◊
◊
Vado spesso a Londra , solo negli ultimi sei anni ci sono stato quattro volte , però capisco e condivido pienamente il tuo pensiero riguardo ai britannici . Non fosse per la musica che amiamo ..
Liquidare un viaggio del genere come pellegrinaggio mi pare limitato , basti pensare al piacere di passeggiare per le strade che portando da Garden Lodge alla Tower House , Kensington e dintorni una delle zone più belle e piacevoli di Londra . Io giro parecchio anche per i mercati anche se cose interessanti se ne trovano sempre meno .
Ron Wood , più che un chitarrista è uno di quei viscidi personaggi sempre presenti nelle storie del rock , tipo Kim Fowley , Bp Fallon o Michael Des Barres , gente catapultata in quel fantastico mondo e che ha vissuto di luce riflessa senza avere nessun talento se non essere nel posto giusto al momento giusto . Mr Wood ha goduto da privilegiato di questa fortuna , ma musicalmente è una figura marginale anche all’interno dei Rolling Stones , del quale è solo un gregario strapagato . Non è mica Charile Watts o (l’ex) Bill Wyman .
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Gran bel racconto di viaggio.
Bisogna che anch’io vada a farmi un giretto a Londra, è un secolo che non ci vado (forse perché neppure io la amo alla follia). Fantastica la descrizione del concerto e del pubblico anzianotto. Devo dire che invece all’ottimo show dei Winery Dogs di Milano, pochi giorni fa, l’età media non era elevatissima (un sessantenne si sarebbe preso la polmonite, data la pioggia violentissima che mi è caduta sulla pelata per 3/4 del tempo).
Anche per me la Brexit è una tristezza, ma non capisco bene le conseguenze reali che avrà sulla nostra esistenza quotidiana; non aiuta a renderci più simpatici gli inglesi, che peró almeno sono usciti da una posizione ambigua.
Ciao!
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…forse la Brexit si spiega con l’antico detto…”meglio soli che male accompagnati”…forse.
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Tim, volevo complimentarmi per la tua efficacissimo ed esaustiva cronaca, per la scelta dell’itinerario ed anche per il “commento” fotografico. Probabilmente tu sarai soddisfatto di avere un blog dove puoi esprimerti liberamente (ed anch’io per te, inoltre so dove leggerti). Però mi viene un pò da sorridere pensando che con troppi personaggi che “strascrivono e ogni tanto straparlano” sulle riviste nostrane, non ci sia spazio (o non ci sia nessuno che offre spazio…) a racconti cosi piacevoli. Non aggiungo altro, se non un ringraziamento per il tuo pensiero quando atterravi nei pressi della mia città.
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Ciao Beppe, sono pienamente d’accordo con te. E non lo dico solo perché dono ‘di parte’…
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*sono*…
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Lo so, rischio l’effetto “se la cantano e se la suonano” ma che Beppe Riva mi faccia i complimenti per un articolo del genere e che sottolinei ancora una volta l’importanza del corredo fotografico mi riempie di soddisfazione.
Siamo amici, ma so che è sincero quando scrive queste cose. E per la constatazione che fa verso la fine…beh, non posso che essergli grato per aver anche solo pensato che i miei scritti meriterebbero forse uno spazio anche al di fuori del blog.
Figuriamoci cosa meriterebbero gli scritti di Beppe allora. Non voglio finire per parlare di “mediocrazia” al potere e cose simili, ma o che il Rock scritto italico ritrova una certa verve, o che è belle che fritto.
Anyway, thank you Mr Peter Joseph Banks.
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Il reportage é molto bello.
Musica e storia si raccordano.
E finché la musica porta a queste cose possiamo essere contenti.
Prog votato all’hard rock nella scelta dell’hotel.
Ibis ovvero new trolls con un tocco di atomic rooster.
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A proposito di Tower House, a giugno sul Daily Mail è comparso un servizio con numerose foto degli interni: Led Zeppelin’s Jimmy Page reveals the treasures and works of art etc…
https://www.dailymail.co.uk/news/article-5849983/Jimmy-Page-reveals-treasures-works-art-says-Robbie-Williams-putting-risk.html
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…suggestiva sicuramente la Tower, grazie Giac . Però abitarci…bisogna essere proprio Page. Come disse una in un libro a proposito di Page: ” è inutile, quando uno nasce bacato, muore bacato…”
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Dev’essere un po’ come abitare in un museo; penso non piacerebbe nemmeno a me… Però immaginati la sera: nella library, a lume di candela il Dark Lord legge ad alta voce dei passi da qualche manoscritto medievale, e Scarlet ascolta estasiata, accoccolata a terra e colla testa sulle ginocchia di lui, la lunga chioma rossa che ricade sul pavimento… pare un quadro del Rossetti
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