B. Conforth & G. D. Wardlow “UP JUMPED THE DEVIL – The Real Life Of Robert Johnson” (Omnibus Press 2019) – TTTTT+

27 Ott

Ho atteso questo libro con fervore ed ora che lo ho finito sono in parte dispiaciuto perché so che molto difficilmente potrò scoprire nuovi fatti sulla vita di Robert Leroy Johnson, figura – come sapete – a me carissima. Chi non ha un interesse particolare verso questo musicista basilare per lo sviluppo della musica blues e rock troverà questo libro ben fatto e godibile, una buona biografia come a volte capita di trovarne e poco più, ma per chi si è sempre interessato alla vita di questo uomo di blues straordinario questo libro è una rivelazione.

Gli autori hanno fatto un lavoro stupefacente visto anche che il loro coinvolgimento e l’inizio dei loro studi risalgono già a mezzo secolo fa.

Conforth e Wardlow spogliano di inesattezze la vita di Robert Johnson, tolgono la vernice artefatta – seppur suggestiva – relativa alle leggende e al mito che hanno da sempre circondato la sua figura per ridarci il ritratto fedele, veritiero e altrettanto epico, di un musicista di colore itinerante degli anni venti e trenta, afflitto da blues feroci che covavano nella sua anima dovuti alle esperienze traumatiche della sua vita.

Il puzzle si compone magnificamente leggendo queste pagine: Julia Major – la madre di Robert – che divorzia da suo marito da cui aveva avuto diversi figli e ha relazioni con altri uomini, da uno di questi – Noah Johnson – nasce Robert, ma Julia non trova pace, né un uomo e un lavoro stabile. Nel 1913 è costretta a tornare dal suo ex marito Charles Dodds – nel frattempo stabilitosi a Memphis con la sua nuova moglie – e ad affidargli il piccolo Robert, che a due anni si vede abbandonato dalla madre e consegnato ad estranei. Benché Robert poi finirà per considerare quella la famiglia da cui tornare sistematicamente, soffrirà per tutta la vita per questo.

Da ragazzo la perdita della giovane moglie e del bambino che portava in grembo poi contribuirono a spingerlo verso l’abisso; anni più tardi il rifiuto della sua nuova compagna Virginia – incinta di suo figlio –  a seguirlo (perché non voleva sposare uno che suonava la musica del diavolo) sancì la fine di tutte le illusioni e portò Robert a diventare l’uomo che conosciamo.

Solitario, sciupafemmine, dall’umore instabile, alcolista, introspettivo, blasfemo e antireligioso. Già, mi ha colpito parecchio leggere le testimonianze dei suoi sodali: Robert bestemmiava e nei suoi momenti in balia dell’alcol il furore verso la chiesa diventava quasi parossistico.

Ma Robert era anche un grande musicista, con un gran orecchio e una grande tecnica. Già alla fine degli anni venti si esibiva dove capitava e lo faceva già con maestria. Non voglio svelare troppo, ma ho spalancato più volte gli occhi nel leggere ad esempio che la città di Memphis fu molto importante per lui e che lì ebbe modo di frequentare una scuola (per neri) di alto livello, dove erano anche previste lezioni di musica. E che dire della conferma delle sue tappe in Canada, a Chicago e a New York? Del fatto che provò una chitarra elettrica di cui apprezzo il volume, ma che preferì continuare – essendo errabondo – la chitarra acustica, anche perché nei Juke Joint dove di solito si esibiva non c’era elettricità? Sono rimasto a bocca aperta poi nell’apprendere che Terraplane Blues – il suo singolo di maggior successo – vendette nei circuito dei dischi Race (il mercato dei neri) tra le 5.000 e le 10.000 copie.

Sono innumerevoli le notizie e i fatti narrati che non conoscevo, non ultimi quelli relativi alla sua morte, avvenuta perché già soffriva di ulcera e di problemi all’esofago, debolezze fisiche determinanti se un marito geloso ti mette della naftalina nel whiskey per farti star male qualche giorno (con vomito e nausea) a mo’ di punizione visto che te la spassavi con sua moglie.

Tra le oltre 300 pagine anche foto, documenti, mappe, date delle sessioni di registrazione e – incredibile – la genealogia di Robert Johnson.

Questo è un libro in inglese, cosa che immagino scoraggerà diversi di voi, ma chi mastica questa lingua e legge questo blog non dovrebbe farsi mancare questa biografia perché questa è la vera storia del padre di tutti noi ed è davvero l’unica cosa sensata e completa che si può e si deve leggere su Robert Johhson, il Re del Delta Blues. Per quanto mi riguarda, l’aver sfatato il mito, le superstizioni e le inesattezze e imprecisioni rende Robert Leroy Johnson ancor più leggendario e mitologico.

RLJ col vestito di suo nipote.

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5 Risposte a “B. Conforth & G. D. Wardlow “UP JUMPED THE DEVIL – The Real Life Of Robert Johnson” (Omnibus Press 2019) – TTTTT+”

  1. bodhran 29/10/2019 a 21:15 #

    Ho letto il libro in ebook appena uscito e anch’io sono rimasto colpito dal numero di copie vendute, così come non pensavo che le tappe cittadine del suo girovagare fossero così frequenti. Hai ragione, smontando il mito lo rafforza. Gran bel libro da leggere.

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  2. mikebravo 05/11/2019 a 08:03 #

    i grandi miti sono stati spesso associati al diavolo.
    Johnson e Page erano fissati ed è stato inevitabile creare leggende.
    Hendrix era un voodoo child.
    3 grandi innovatori.
    La tecnica ed il virtuosismo spiegati col soprannaturale.
    Niccolo’ Paganini col violino faceva di tutto.
    Anche per lui è stato evocato il patto col diavolo.
    Non bisogna anche dimenticare che era anche un virtuoso della chitarra
    a 6 corde.
    Magrissimo, sdentato, col naso adunco e il capo chino sul violino
    lui appariva davvero un diavolo.
    ” NICCOLO’ PAGANINI PLAYS JIMI HENDRIX ”
    Un disco che mi piacerebbe ascoltare.

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