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ANGEL according to BEPPE RIVA

12 Mar

In occasione della pubblicazione dell’ultimo album dei suoi amati Angel, ci sentiamo onorati di ospitare sul blog una volta ancora il maestro in persona (Mr Beppe Riva insomma). Welcome back my friend to the blog that never ends.

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Intro

Per quanti hanno vissuto i tempi indimenticabili dell’hard rock americano degli anni ’70, l’inverno 2019 rimarrà nella memoria per il ritorno discografico degli Angel. Chi mi conosce sa che per me hanno rappresentato una splendida “ossessione”, per le ragioni che leggerete, documentate anche da
alcuni scritti “storici” qui riprodotti, con i quali tentai di trasferire ad altri la mia passione. Motivato da questo come-back, dopo anni di inattività avevo a mia volta pensato di farne il pretesto per tornare a scrivere, inaugurando così un progetto che avevo in mente, ma che finora è rimasto nelle intenzioni … Sono trascorsi alcuni mesi, “Risen” non è più una novità ed ho pensato di offrire a Tim questa “celebrazione”, che ha volentieri accettato di pubblicare. Non è stata proposta a nessun altro, non ce n’era alcun bisogno (!),spero che possa piacervi…Un caro saluto ai lettori di Tim Tirelli.

BR

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ANGEL has RISEN from the grave!

di BEPPE RIVA

Solo nelle scellerate fantasie di inconsolabili nostalgici dell’epoca aurea dell’hard rock (i Seventies, tanto per chiarire…) si poteva vagheggiare nel 2019 un nuovo album degli Angel.
Invece, vent’anni dopo l’episodica riunione dell’effimero “In The Beginning”, allestita senza troppi clamori da Frank Dimino con Barry Brandt e qualche mese oltre il 40° anniversario dell’uscita di “Sinful” (1979), autentica pietra miliare pop-metal, ecco risorgere il gruppo dei “Faraoni in seta bianca”, citando un mio scritto di ere geologiche fa, apparso sul Rockerilla nel 1983.

Perché emozionarsi tanto alla notizia di questa storica, quantunque incompleta rifondazione? Ebbene, il quintetto di Washington D.C. emigrato a Los Angeles, sfortunatamente una meteora del rock a stelle e strisce, esordì con un autentico tripudio di innovazione stilistica nel 1975, l’omonimo “Angel”, su Casablanca. Perorava la causa persa di un’eretica “contaminazione”, fra gli slanci trasformistici del progressive, per sua stessa definizione un genere libero dagli schemi,ed il rimbombante suono da “arena” del rock duro, naturalmente riconducibile a strutture più rigide. Gli Angel sono stati il prototipo definitivo del pomp-rock americano, meno debitori verso i modelli prog inglesi rispetto ai pur fondamentali Styx e Kansas, e più originali degli stessi Legs Diamond, efficacissima risposta d’oltreoceano ai Deep Purple. Brani imponenti per magnitudine sonica come “Tower” e “The Fortune”, immortalati nei
primi due albums, ne sono la chiave di lettura.

Nonostante uno spettacolare apparato scenico che si avvaleva di peculiari trucchi illusionistici ed il primato fra i gruppi rivelazione nel referendum della rivista Circus (1976), dove precedevano Boston ed Heart (entrambi destinati a ben superiore risonanza), gli Angel non decollarono mai verso un fragoroso successo. Nemmeno la svolta verso un suono più immediato e senza troppi ornamenti estetizzanti dei successivi “On Earth As It Is In Heaven”, “White Hot” e “Sinful” servì ad incrementarne le quotazioni commerciali, così il “Live Without A Net”, doppio dal vivo del 1980, divenne l’epitaffio degli originali musicisti “angelici” e dei loro Casablanca Years (titolo del cofanetto che racchiude la loro discografia 1975-80, edito da Caroline nel 2018 -nda). Ma il loro testamento artistico è assolutamente significativo, nonostante lo scioglimento avvenga proprio agli albori del decennio che segnerà il boom dell’hard melodico e del glam metal negli U.S.A. : una generazione di musicisti che nel suono come nell’attenzione verso la “posa”, non sarebbero mai stati tali senza l’azione pionieristica degli Angel.

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Venendo ai tempi nostri, avvisaglie della rinascita giungono da Frank Dimino, che nel 2015 torna “in sella” come titolare di un album su
Frontiers dal titolo profetico, “Old Habits Die Hard”…Nel rampante brano d’apertura, “Never Again”, l’assolo di chitarra è opera dell’iconico chitarrista degli Angel, Edwin Lionel “Punky” Meadows.
L’anno successivo è la volta di Meadows nel realizzare “Fallen Angel”(Main Man Rec.) la prima opera solista di una carriera iniziata addirittura nel 1968 con l’esordio dei Cherry People, gruppo pop che doveva rappresentare una risposta americana all’epocale “british invasion”. Dimino restituisce il favore cantando nella versione bonus di “Lost And Lonely”, probabilmente il pezzo di matrice Angel più evidente dopo la loro scomparsa, d’inconfondibile identità melodica.Il sodalizio “Punky Meadows & Frank Dimino of Angel” torna ad esibirsi dal vivo e con questa sigla nel 2018 pubblica un EP (Deko/Main Man)che ripropone le citate “Never Again” e “Lost And Lonely”, oltre all’inedita “Tonight”. Il passo successivo è riappropriarsi del nome Angel con l’inconfondibile logo simmetrica, sebbene solo chitarrista e cantantesi ripresentino della formazione originale. A ben guardare, non èpoco, perché si tratta dei ruoli essenziali di ogni R&R band, inoltrefra i compositori del prezioso repertorio “angelico” manca solo Gregg Giuffria, ormai agiato uomo d’affari in Las Vegas… Un’assenza che indubbiamente pesa, perché a mio avviso si tratta del miglior tastierista di sempre dell’hard rock U.S.A., capace nei momenti topici di riecheggiare iperboli Emersoniane. Rilevante è anche la perdita di Barry Brandt, un drummer mai riconosciuto per il suo reale valore, emulo delle possenti figurazioni ritmiche di John Bonham. Defezionario infine il bassista Felix Robinson (eppure nella line-up di “Fallen Angel”), che aveva sostituito Mickey Jones (al tempo di “White Hot”), poi prematuramente deceduto.


ANGEL: “Risen” (Cleopatra, 2019)
Nel nuovo sestetto, Punky reca con sé un secondo chitarrista, Danny Farrow, ed il collaudato tastierista Calvin Calv (già con gli Shotgun Symphony negli anni ’90); entrambi avevano suonato in “Fallen Angel”, mentre la sezione ritmica è formata da Steve Ojane (basso) e Billy Orrico (percussioni).
Con Punky e Frank a dirigere le operazioni, non sorprende che il nuovo album, “Risen”, si riallacci allo stile più essenziale privilegiato dagli Angel a partire da “On Earth…”, quando lo stesso chitarrista si dichiarò stanco di “castelli e temi mitologici” che caratterizzavano gli esordi.
Sebbene una replica di “Angel Theme” (epilogo con diversi arrangiamenti dei primi due album), inauguri i solchi di “Risen”, le mosse successive, “Under The Gun”, “Shot Of Your Love” e “Slow Down” confermano la scelta di un hard a fuoco rapido, corroborato dagli assoli concisi ed eleganti di Punky e dalla voce di Frank che non ha perso il gusto di stentoree acrobazie, marchio di fabbrica di uno dei cantanti più ingiustamente sottovalutati di sempre. Le tastiere di Charlie Calv rivestono essenzialmente il ruolo di un corposo e raffinato background senza avvicinare i momenti egemonici di Giuffria, ma anche il successore del magistrale Gregg vive il suo momento di gloria, nel brano più nostalgico e forse più avvincente della collezione, quel “1975” che si ispira palesemente alle origini del gruppo. Avviene nella maestosa overture, un fulgido mix sinfonico fra “Can’t Keep From Cryin’” degli American Tears di Mark Mangold e la leggiadra“The Fortune”; come in quest’ultima, le tastiere sfumano nel raffinato arpeggio di Punky e tutto il brano sfoggia intensità passionale, eccedendo solo nell’inciso “sussurrato” da una voce femminile…

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I Nuovi Angeli hanno altre frecce al loro arco, a partire dall’impetuosa “We Were The Wild”, fra gli episodi spiccatamente heavy, con un riff roccioso che ricorda i loro epigoni Dokken, mentre “Desire” cattura l’approccio più vintage, con indizi rivelatori quali l’organo Hammond ed i trascinanti intrecci vocali tipici del pop-metal definitivo di “Sinful”. Da segnalare anche “Punky’s Couch Blues”, un energico incrocio fraarena rock e hard blues, matrice quest’ultima sempre presente nell’opera degli Angel, in brani affini agli Aerosmith dei settanta, basti ricordare “Big Boy” e “Under Suspicion”.

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A suggello di “Risen”, l’ultima corsa spetta ad un perenne cavallo di battaglia qual’é “Tower”, in una nuova versione che ha l’unico torto di esser fin troppo fedele all’originale, ma che conferma gli Angel 2019 ancora degni di confrontarsi con uno splendido passato, su tutti un 68enne Dimino in gran forma! Non solo nella copertina che ripropone il classico appeal dei musicisti in veste bianca, “Risen” è quanto di più vicino si poteva immaginare allo stile rappresentativo degli Angel, ed in quest’ottica è tutt’altro come-back rispetto a “In The Beginning” (dall’anima Zeppeliniana insolita per loro e abusata altrove…). E’ probabilmente appesantito da una durata eccessiva e da qualche episodio in tono minore, peccato originale da quando la durata del CD ha raddoppiato i tempi di un classico LP, ma si tratta di un lavoro concepito e realizzato con grande dignità e senso delle proprie radici, costellato
da lampi di autentica emozione per ogni consapevole fan degli Angel. Una band cruciale per lo sviluppo dell’heavy anni ’80. In Terra…come in Paradiso!

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10 INDIMENTICABILI VOLI ANGELICI CHE NE RIPERCORRONO LA STORIA

di BEPPE RIVA

TOWER (da “Angel”, Casablanca 1975)
All’epoca del debut-album, gli Angel non sfoggiavano il look in “puro bianco” antitetico agli oltraggiosi Kiss ed il nome stesso non si ispirava ad androgine allusioni glam, ma secondo fonti plausibili, all’omonima ballad di Jimi Hendrix!
Affidato alle cure del produttore Derek Lawrence (già con Deep Purple) e del chitarrista Big Jim Sullivan, l’omonimo “Angel” resta il capolavoro heavy-progressive (o se preferite pomp-rock) del quintetto, e l’avvento è celebrato da “TOWER”, uno dei più straordinari manifesti di grandeur rock mai dato alle stampe. Inizia fra effetti siderali di synth da fantascienza, che innestano il turbo del torrenziale drumming di Mr. Brandt, sottolineato da riffs secchi, taglienti…Poi si adagia in magici arpeggi accompagnati dai flussi del mellotron, mentre la voce di Dimino sale in cima alla “Torre” per urlarne tutto il clima
drammatico!

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LONG TIME (da “Angel”, Casablanca 1975)
Altra gemma assoluta dell’opera prima, “LONG TIME” è forse il più consistente omaggio degli Angel al progressive inglese per il dispiegarsi dei fraseggi di mellotron, clavicembalo e chitarra acustica (memori di Moody Blues, King Crimson, Spring!) prima di alzare il volume hard della chitarra di Meadows (un Brian May americano per potenza ed accuratezza espressive) e con Frank Dimino sempre capace di inaudite, inconfondibili evoluzioni vocali.

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THE FORTUNE (da “Helluva Band”, Casablanca 1976) Con il secondo album, “Helluva Band”, le strategie di marketing dell’impresario David Joseph (Toby Org.) vestono i musicisti dei celebri costumi bianchi, con i quali appaiono “incatenati” in copertina. Non cambia però la direzione musicale, che raggiunge l’apice in “THE FORTUNE”, il magnum opus per eccellenza degli Angel, certamente il più grande contributo alla loro causa di Gregg Giuffria, che con gli oltre tre minuti di intro solista diventa un “immortale” per ogni appassionato di stregonerie delle tastiere.
Il fuoriclasse di New Orleans dipinge un affresco musicale dai tratti sconfinati ma cupi e malinconici, con il synth che va e viene con cadenze ipnotiche. L’impianto strutturale è affine allo sfarzo mitologico di “Tower”, che ne resta il termine di paragone più credibile. Per loro stessa ammissione, gli Angel si spendono fin troppo nel realizzare questo masterpiece a discapito del resto dell’album, complessivamente inferiore al debutto.

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THAT MAGIC TOUCH (da “On Earth As It Is In Heaven”, Casablanca 1977) Le “fortune” commerciali non sono però quelle auspicate dal boss della Casablanca Neil Bogart, quindi con il terzo LP “O.E.A.I.I.I.H.” risalta la nuova scritta simmetrica che identifica il nome Angel, ma anche l’abbandono del repertorio di proporzioni epiche, a favore di canzoni più accessibili, dall’orientamento pop-metal. Non a caso il gruppo viene affiancato dal produttore Eddie Kramer, reduce da “R&R Over” dei Kiss. Rappresentativo a riguardo è il singolo “THAT MAGIC TOUCH”, che il gruppo risolve con classe innata, specie nel refraindal ritmo marziale sul quale le tastiere di Giuffria illustrano unapiacevolissima atmosfera baroque-glam.

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WHITE LIGHTNING (da “On Earth As It Is In Heaven”, Casablanca 1977) “On Earth” non è comunque album immediato come si vorrebbe, é denso di episodi dal suono decisamente heavy: esemplare il futuribile, siderurgico funky-metal di “WHITE LIGHTNING”, che merita il confronto con i maestri della specialità Aerosmith. Si tratta di un brano che Punky aveva scritto per i Bux (ex Daddy Warbucks), suo gruppo precedente con Mickey Jones. Il loro unico album “We Come To Play” (prodotto da Jack Douglas) doveva uscire nel 1973 ma la Capitol ne ha congelato la pubblicazione fino al 1976, suscitando le ire del chitarrista che nemmeno appare nella foto di copertina…

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AIN’T GONNA EAT OUT MY HEART ANYMORE (da “White Hot”, Casablanca 1978) Nell’ottica di un rock melodico scandito da maggior pulizia del suono, gli Angel ottengono senz’altro migliori risultati nel quarto “White Hot”, con la complicità del produttore Eddie Leonetti, collaboratore dello stesso Douglas e di altri heavy-rockers di classe, i Legs Diamond. “AIN’T GONNA EAT OUT MY HEART ANYMORE” è la cover di un hit del ’65 degli Young Rascals (che in Italia i Primitives ribattezzarono “Yeeeeeeh!”); gli Angel la trasformano nel loro momento più glam-rock in assoluto e suonano come alter ego raffinati degli Sweet. Vocalità irresistibile, chitarra squillante di Punky, ma il grande pubblico rimane indifferente…

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FLYING WITH BROKEN DREAMS (WITHOUT YOU) (da “White Hot”, Casablanca 1978) Ambizione non troppo segreta degli Angel nel vano assalto a posizioni alte in classifica è quella di emulare la suprema divinità pop della storia, The Beatles. Più che nella corale natalizia di “Winter Song”, Giuffria e i suoi ci riescono nella suggestiva, sentimentale “FLYING WITH BROKEN DREAMS”, dall’arrangiamento apertamente ispirato ai Fab Four. Il crescendo finale era davvero degno di miglior sorte e gettando un ponte fra passato e futuro, prelude squisitamente ai sogni AOR del decennio a seguire.

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DON’T TAKE YOUR LOVE (da “Sinful”, Casablanca 1979) Stanchi delle pressioni commerciali della label,gli Angel decidono di tornare ad apparenze che richiamano la dissolutezza del rock nell’esplicita copertina del nuovo album, programmaticamente intitolato “Bad Publicity”. Ma Neil Bogart respinge titolo e fotografia che simula l’intervento della polizia in una loro camera d’hotel con annessi alcolici e compagnia femminile. Immediatamente ritirato dal mercato, “Bad Publicity” diventa una rarità da collezione, mentre lo stesso contenuto musicale esce a nome “Sinful”, con immagine dei cinque più bianca che mai. Il brano d’apertura, ”DON’T TAKE YOUR LOVE” è fantastico e fa passare in secondo piano l’edulcorato testo romantico di Dimino. Sospinto dal trionfale synth di Giuffria e dalla force de frappe della batteria di Brandt, sfocia in un coro davvero paradisiaco, a testimonianza della qualità compositiva lasciata in eredità dagli Angel alla scena HR californiana.

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WAITED A LONG TIME (da “Sinful”, Casablanca 1979) “Sinful” è considerato da molti il loro miglior disco, certamente il più influente sulla generazione hair metal degli anni ’80. L’impatto di ogni brano è memorabile, da “L.A. Lady” a “Wild And Hot”, ma vi segnalo caldamente “WAITED A LONG TIME” non a caso apripista di facciata (la seconda). Da manuale il riff cromato di Punky, davvero in anticipo rispetto ai tempi (come le chitarre degli Starz di “Violation”) e quell’ariosa vena melodica dal mood nostalgico, tanto tipica nel cantare di Dimino.

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20TH CENTURY FOXES (da “Live Without A Net”, Casablanca 1980) La controversa carriera Casablanca si chiude con il doppio Live, che purtroppo omette la solenne Intro adattata dalla colonna sonora di “Ben Hur” (ascoltatela nei bootleg e nel promo radiofonico “Radio Concert”). Al di là di competenti versioni dei loro classici cult, LIVE WITHOUT A NET si appunta la stelletta di un sorprendente brano dagli impulsi disco, “20TH CENTURY FOXES”, memoria di un’apparizione degli Angel nel film “Foxes” (con Jodie Foster e l’ex cantante delle Runaways, Cherie Currie).Nel costante dualismo con i Kiss, questo exploit “ballabile” viene liquidato come una risposta alla celebre “I Was Made For Loving You”. In realtà “20th Century…” precede di vari mesi l’hit di “Dynasty”, ed è l’ennesimo sintomo di una storia non particolarmente fortunata. Ma anche in questo caso, è la conferma di un eclettismo speciale e di un’istintività melodica che renderanno gli Angel dei campioni assoluti striktly for konnoisseurs!

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Per chi volesse saperne di più:

Shock relics n.1 – Angel

ANGEL – Rockerilla n.36 lug-ago 1983

Una valigia piena di sogni

4 Mar

Alba rossa qui nell’Emilia centrale, ma è inutile sperare, non è il Sol dell’Avvenire quello che sta sorgendo e dunque faccio un respiro profondo e torno in casa.

View from Domus Saurea – photo Tim T.

Accendo la TV, RAI 5, i consueti documentari che passano di prima mattina. Succo d’arancia, fette biscottate con burro e marmellata, il caffè, qualche mandarino. Mi lavo i denti, alzo gli occhi, non riconosco colui che mi guarda dallo specchio. Piove forte, i gatti oggi stanno in casa, con i loro sguardi attoniti mi guardano uscire. Li saluto uno ad una: ciao Spaventina, ciao Ragnatela, ciao Minnie, ciao Raissa, ciao Honecker, fate a modo.

Prima di entrare in garage do un’occhiata sotto ai frassini che danno a sud, sussurro un “ciao Palmir …”  non c’è più ma ogni volta mi pare di vederlo e puntualmente mi va l’anima in pena …

Salgo sulla blues mobile. Il tempo ostinato che tiene il tergicristallo sembra un tic toc dell’orologio che vibra di una metrica blues cupa e tenebrosa. Sono diretto in stazione, piove a dirotto, fa freddo senza far freddo. La chiavetta passa No Place Like Home di Betta Cervi (va beh, Beth Hart).

Sul binario attendo il Regionale che mi porta verso Est, ho con me la mia solita valigia piena di sogni,  ogni volta che la apro qualcuno di essi vola via, è sempre più leggera, finirò per lasciarla da qualche parte in un parco, magari servirà a qualcuno più giovane capace di riempirla di nuovo.

suitcase

Passa la mattina, mi ritrovo al Café Noir, dalla vetrata che dà su Viale Vittorio Emanuele II vedo una giovane donna che risoluta cammina verso il centro storico, la conosco, chissà che pensieri sta facendo, chissà cosa sta programmando nella sua testa … squilla il telefono, è Liso, non ci sentiamo da qualche settimana, ci aggiorniamo circa le nostre vite e imbastiamo i temi da discutere nel prossimo sinodo primaverile … su whatsapp Polbi mi manda l’ultimo video di Keith Richards alle prese con un pezzo di Lou Reed.

Gheri mi manda la Rosea, lui lassù tra le Alpi io quaggiù in pianura, con la scusa dell’amore per la nostra squadra del cuore ci teniamo in contatto anche dopo tutti questi anni e dopo tutti questi blues … l’estate del 1981 passata in Val di Non insieme ad una sacco di amici (tra cui Pigi e Biccio) ed amiche non la scorderemo mai.

Mi scrive Mr Beppe Riva, che ne penso degli Stone Roasis? Beh, mica male davvero, e sì John Squire è un chitarrista da non perdere di vista.

La musica mi permette di sopravvivere ad un altra giornata di blues. Di nuovo sulla strada ferrata verso il posto in riva al mondo. Esco dalla stazione di Regium Lepidi, la pioggia cade pesante nella sera color pece, rientro nella blues mobile che sono spolto, fradicio, come diciamo da queste parti. Metto la macchina in garage, salgo le scale sotto l’acqua, giro la chiave, apro la porta e trovo Honecker ad aspettarmi. Giornata risolta.

Honny – waiting for his bluesman – foto Tim T.

Addio a Ernesto Assante

Se ne va all’improvviso il giornalista musicale (e mille altre cose) Ernesto Assante (66 anni). La sua scomparsa mi colpisce molto, sono amico di una persona a lui vicinissima e dunque senza mai averlo conosciuto in questi ultimi anni l’ho vissuto di riflesso. Lo seguo sin da ragazzino, alla fine degli anni settanta iniziò a scrivere di Rock sul Manifesto e su La Repubblica, i miei due quotidiani di riferimento.

https://it.wikipedia.org/wiki/Ernesto_Assante

https://www.repubblica.it/tecnologia/blog/stazione-futuro/2024/02/29/news/la_lezione_di_vita_di_ernesto_assante-422232567/

https://ilmanifesto.it/addio-ernesto-assante-maestro-appassionato

Negli ultimi due tre anni l’ho ripensato, l’ho riletto e lo ho seguito con maggiore attenzione, non sempre concordavo con quanto scriveva, ma ovviamente ciò non toglie il fatto che fosse una penna straordinaria, con una competenza che in pochi possono vantare. So per certo che era anche una persona magnifica, con un approccio molto democratico e con un entusiasmo senza pari. Il mondo musicale italiano perde tantissimo con la sua morte. Questo misero blog è vicino alla moglie, alle due figlie, alla persona di cui sono amico e a quanti sono stati illuminati dalla sua presenza. Rock on, Ernesto, Rock on.

Playlist

 

Finale

Nessuna chiosa finale oggi, giusto una canzone strepitosa.

Bisogna tener duro e vivere quanto basta, quanto basta per la città … fino a che non capiremo che … questo posto è crudele, nessun posto potrebbe essere più freddo, se non cambiamo il mondo presto finirà, vivere quanto basta e smettere di dare quel tanto che basta per la città.

Stevie Wonder – Living for the city

A boy is born in hard time Mississippi surrounded by four walls that ain’t so pretty
His parents give him love and affection
To keep him strong moving in the right direction
Living just enough just enough for the city yeah yeah yah

His father works some days for fourteen hours
And you can bet he barely makes a dollar
His mother goes to scrub the floors for many
And you’d best believe she hardly gets a penny
Living just enough just enough for the city yeah

(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da da da da da da)

Wooh his sister’s black but she is sho’nuff pretty
Her skirt is short but lord her legs are sturdy
To walk to school she’s got to get up early
Her clothes are old but never are they dirty
Living just enough just enough for the city yeah um hum

Her brother’s smart he’s got more sense than many
His patience’s long but soon he won’t have any
To find a job is like a haystack needle
‘Cause where he lives they don’t use colored people
Living just enough just enough for the city yeah

(Living just enough for the city) living for the city yeah
(Believing just enough for the city) ain’t nothing but a city wee
(Believing just enough for the city) living for the city yeah yeah
(Believing just enough for the city) nothing but a city weee
(Believing just enough for the city) live for the city yeah yeah
(Believing just enough for the city) the fucking crud is shitty
(Believing just enough for the city) live for the city
(Believing just enough for the city) ain’t nothing but a city
(Believing just enough for the city) everybody clap their hands together now woo
(Believing just enough for the city) hmm for the city yeah
(Believing just enough for the city) for the city yeah yeah
(Believing just enough for the city) for the city yeah
(Believing just enough for the city)

(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da da da da da da)

(Bus for New York City)
(Hey bus driver I’m getting on that hold it thanks a lot)
(Wow New York just like I pictured it skyscrapers and everything)
(Hey hey brother hey come here slick hey you look you look hip man)
(Hey you wanna make yourself five bucks man you look hip)
(Run this across the street for me right quick)
(Okay run this across the street for me)
(What huh I didn’t know what gimme your hands up you punk)
(I’m just going across the street put that leg up shut your mouth)
(Hell no what did I do okay turn around turn around)
(Put your hands behind your back let’s go let’s go)
(A jury of your peers having found you guilty ten years)
(What come on come on get in that cell nigger god lord)

His hair is long his feet are hard and gritty
He spends his life walking the streets of New York City
He’s almost dead from breathing in air pollution
He tried to vote but to him there’s no solution
Living just enough just enough for the city yeah yeah yeah

I hope you hear inside my voice of sorrow
And that it motivates you to make a better tomorrow
This place is cruel nowhere could be much colder
If we don’t change the world will soon be over
Living just enough stop giving just enough for the city
(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da da da da da da)
(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da no no no no no no)

Rock Around The Blog – la nuova avventura di Beppe Riva e Giancarlo Trombetti.

1 Mag

Un paio di giorni fa Beppe e Giancarlo hanno messo online il loro blog e con molto piacere ne do notizia. Il claim della loro nuova avventura è “Riflessioni, passioni, ricordi sulla musica di Beppe Riva e Giancarlo Trombetti“, blog dunque a carattere musicale che non potrà che interessare anche buona parte della nostra comunità. Beppe e Giancarlo ne hanno di cose da raccontare essendo stati due dei più importanti giornalisti musicali italiani, e sono sicuro che lo faranno con la maestria che da sempre li contraddistingue. Sono stati special guest di questo mio blog, io li cito spesso quindi sapete tutti di chi stiamo parlando, non è necessario aggiungere altro. Non mi resta che chiudere come ho fatto nelle due righe che ho scritto per il loro blog: bentornati ragazzi, for those about to blog, I salute you!

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https://www.rockaroundtheblog.it/

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Via, via, vieni via di qui blues

12 Mar

Leggere Mircea Cărtărescu mi scompiglia l’animo, la sua scrittura stimola oltremodo la parte rivoluzionaria che c’è dentro di me, libera la furia iconoclasta tipica di Ittod, uno dei tre uomini che sono, relegando gli altri due, Stefano in primis, in un angolo lontano. Ho letto nelle albe delle scorse notti solo alcune decine di pagine di Solenoide

eppure sono già in preda ad un fervore difficile da gestire. Da una parte è bello sentirsi attraversato da venti impetuosi, dall’altra forse non conviene alimentare i fiotti di energia spirituale che modellano di volta in volta l’uomo di blues che sono. Sì perché poi pensieri vivaci cominciano a galoppare nella maruga come fossero wild horses e avrei un bel da fare per rimetterli nel recinto, che se qualcuno di essi scappasse davvero potrebbe portare a cambiamenti estremi della mia vita. Sarebbero processi questi più tipici di un giovane uomo pronto ad buttarsi a capofitto in nuove sfide piuttosto che di un uomo di blues di una (in)certa età, tuttavia sento nel petto tutta la prepotenza di questi batticuore, di questi fermenti, di questi graffiti spirituali che qualcosa o qualcuno dipinge a tinte forti nelle pareti della caverna del mio animo.

Secondo Wikipedia Cărtărescu è uno:

scrittore postmoderno, influenzato, oltreché dalla ricca tradizione fantastico-mitologica rumena, letteraria e non, dalla sottocultura psichedelica degli anni sessanta e settanta, le cui opere sono spesso caratterizzate da costrutti letterari legati più a piani simbolici, che narrativi. Dotato di una poetica assimilabile all’opera di James Joyce, Franz Kafka, Milorad Pavić e, soprattutto, Thomas Pynchon, è stato un autore di spicco della cosiddetta Blue jeans generation, corrente sorta negli anni ottanta all’interno del panorama letterario romeno. È considerato il maggiore romanziere in lingua romena contemporaneo.

Tutto questo rimescolamento mi porta alla cagacazzite più intransigente, fatico a sopportare gli automobilisti-ciclisti-pedoni indisciplinati, chi ha visioni politiche lontane dall’umanesimo e dalla convivenza civile, chi crede in uno dei 3.000 Dei inventati dagli umani che non reggono all’idea che tutto quello che esiste sia nato per caso, chi ascolta musica di melma, chi dice e pensa di ascoltare Rock quando in realtà il Rock – quello vero – sarebbe un’altra cosa, chi usa il termine devastato/a quando invece di rispondere “Guarda sono distrutto/a” alla domanda “Come stai, sei stanco/a?” deve appunto enfatizzare e omologarsi al vocabolario statunitense usando la versione italiana di “devasted” (vedi articolo del blog https://timtirelli.com/2020/10/05/parole-al-vento-la-fine-dellaggettivo-distrutto-e-lavvento-del-termine-devastato/) e più o meno altre mille categorie di umani.

E allora quello a cui aspiro diventa un posto in riva al mondo che poi sarebbe una casetta nella campagna aperta, purtroppo però la campagna aperta non esiste più, perlomeno non qui nella grande pianura in cui vivo, me ne rendo conto sempre più spesso quando cerco con lo sguardo orizzonti lontani, dipinti del verde dei campi e del blu del cielo. Il consumo del territorio, del suolo, ormai ci è sfuggito di mano, dobbiamo costruire a tutti costi nuove case, nuove fabbriche, nuovi impianti, nuove sterminate aree dedicate alla logistica dove eserciti di lavoratori con chissà quale contratto saranno impiegati a districare il flusso di merci e beni che ci ostiniamo a produrre senza sosta. Parlavo l’altro giorno con un mio amico, mi diceva che la sua è l’ultima casa di un paese di questa fetta d’Emilia e di fatto sarebbe una casa di campagna se non che il comune del paese limitrofo ha costruito proprio sul confine un quartiere industriale che adesso si trova a 300 metri da casa sua. Ne so qualcosa visto che nella frazione che confina con Borgo Massenzio hanno destinato una grande porzione di campagna a polo industriale col risultato che la (già misera) skyline che vedo dalla Domus Saurea è stata definitivamente compromessa: a 1.500 metri vi sono questi orribili capannoni, questi impianti giganteschi che hanno tolto ogni poetica dal vivere in questo pezzo di campagna in cui risiedo da 14 anni.

E allora dovrei darmi una mossa, prendere la chitarra, intonare la canzoncina di Mississippi Fred McDowell

togliere la polvere dalla scopa, dare una ramazzata

partire e cercare una nuova casetta lontano da tutto e da tutti

mollare il football (troppi blues mia cara Inter e mia cara Reggiana), il Rock e concentrami sulla letteratura, sullo scrivere e sul blues rurale del Mississippi degli anni venti e trenta del secolo scorso , in pratica concentrami sull’umanesimo.

In alternativa, il faro di cui ogni tanto parlo.

Perché è vero, non cambieremo mai vita, ma è questo che vogliamo? Giocarci la buccia in una società come questa dove il poco tempo che abbiamo su questa Terra viene regolato unicamente dall’economia a cui la politica è asservita? Vogliamo questo? Davvero? L’infelicità collettiva? Tecnologia, profitto, efficienza …come dice Galimberti “non siamo più individui, ma funzionari di apparati”.

E allora sì, scrivere, scrivere, scrivere e basta. Prendi ad esempio questo istante di un sabato sera qualunque di metà marzo, qui nello studiolo perso nell’impeto che inonda il mio blues, sospeso in una bolla temporale, un individuo del genere femminile umano mi si avvicina “Beh, stasera non si cena?” … ritorno sulla terra …“Ma che ore sono? Le nove? Ma caspita, pensavo fosse tardo pomeriggio.”

Ecco, voglio questo, perdermi nei sentieri dello scrivere, della letteratura (da due soldi, la mia insomma) del fare le cose che so fare meglio in questa porca vita…e già lo sento Ittod dire a Stefano

Via, via, vieni via di qui
Niente più ti lega a questi luoghi
Neanche questi fiori nerazzurri
Via, via, neanche questo tempo grigio
Pieno di musiche
E di chitarristi che ti son piaciuti

UFO “Lights Out” deluxe edition (1977/2024 Chrysalis) – TTTTT

21 Feb

Come scrissi nell’articolo relativo alla recensione di Force It (1975) (vedi link in fondo all’articolo), gli Ufo mi arrivano nella seconda metà degli anni settanta. Dopo Force It scoprire Lights Out fu un momento memorabile per il giovane Tim. Lights Out è infatti l’album della consacrazione internazionale (raggiunge il 23esimo posta nella classifica USA), ha una produzione di livello e contiene un (Hard) Rock di stampo britannico di gran lignaggio. Nel 1982 (direi) Giancarlo Trombetti ne scrisse (mi pare) sulla rivista Tuttifrutti inserendolo tra i migliori 25 album di Hard Rock, io ne fui estasiato, erano anni duri per il Rock e l’Hard Rock degli anni settanta, la new wave, il post punk e la musica elettronica cercavano di schiacciare in un angolo quel tipo di musica, così poterne leggere su di un giornale musicale generalista fu una grande emozione per il ragazzo che ero (Trombetti incluse anche altri album facenti parte del mio DNA, tipo Rocks degli Aerosmith, e così diventò definitivamente uno dei giornalisti musicali a cui facevo riferimento …lui, Riva, Federico Ballanti, Manuel Insolera e qualche altro).

Circa un anno fa, il nostro Michigan boy mi scrisse questo su whatsapp:

Polbi: what can I say….giornate di sconforto profondo, ma sono giunto alla conclusione che – grazie alla chiavetta che mi hai inviato – gli UFO periodo Lights Out sono la più grande band della storia del rock.

Ora, io e Polbino ogni tanto amiamo fare gli asini, lanciare boutade e andare sopra le righe, però però … se anche un amante un po’ cagacaxxo del Rock e sempre diffidente del mainstream come il mio amico si lascia travolgere dagli oggetti volanti non identificati, beh, allora ci siamo.

Esce oggi la nuova edizione rimasterizzata di questo grande disco con in più la versione rimixata di un concerto del 1977 appunto. Non potevamo perdercela.

CD 1 Lights Out – 2024 Remaster – TTTTT

“Too Hot to Handle” (Way, Mogg) apre le danze con un bel riff anni settanta, ritmica quadrata, approccio pieno di cazzimma, bell’assolo di Schenker e grande prova di Mogg. Classico Hard Rock britannico del periodo. Sul finale Michele Tavernari (vabbe’, Michael Schenker) si scatena. Limpida la produzione.

“Just Another Suicide” (Raymond, Mogg) è un gustoso Rock elettroacustico, si sente la mano di Paul Raymond nel songwriting. Immacolata la solista. Le tastiere sostengono e caratterizzano il pezzo senza risultare irritanti. Il basso di Way è efficace nonostante la sua eterna semplicità. Parker rockeggia bene, Schenker e Mogg di nuovo grandissimi.

“Try Me” (Schenker, Mogg) è di difficile collocazione nel mio cuore, mi piace o l’arrangiamento melenso mi impedisce di farla mia? Piano troppo solenne e sezione d’archi che per quanto idonea in alcune parti risulta un po’ pacchiana. Assolo di chitarra melodico, forse troppo, ma comunque piacevole, assolo su cui fu costruita questa canzone da Mogg e Raymond. Quando entra la sezione ritmica la solista si fa Rock.

La canzone “Lights Out” (Schenker, Parker, Mogg, Way) sembra rifarsi agli scontri del 1976 tra i partecipanti del Notting Hill Carnival e la polizia (sempre poco tenera con immigranti e gente di colore), lo stesso evento ispirò i Clash per (il loro singolo) White Riot. Nata da un riff di Pete Way è chiaramente ispirata a Achilles Last Stand dei Led Zeppelin. Bella prova di tutta la band. Schenker semplicemente stupendo.

Ufo Lights Out 1977 - 2024 Edition

“Gettin’ Ready” (Schenker, Mogg) è un Rock elettro-acustico. Pesante, pungente, appagante. Il break lento riporta a galla lo space-Rock degli UFO degli esordi.

“Alone Again Or” (Bryan MacLean) è la cover del brano dei Love, bel momento del periodo hippie del Rock.

Ufo Lights Out 1977 - 2024 Edition b

“Electric Phase” (Way, Mogg, Schenker) è un Hard Rock senza compromessi aiutato dalla slide guitar, sfumature orientaleggianti riecheggiano qua e là. Magari niente di memorabile ma assolutamente fruibile. La solista di Michel sempre ispirata.

Ufo Lights Out 1977 - 2024 Edition c

“Love to Love” (Schenker, Mogg) … eccolo qui uno dei super classici del gruppo e al contempo deep cut, Rock elaborato, linee melodiche bellissime, testo emozionante che tratta il profondo desiderio e la devozione che l’amore può ispirare, l’ardore di sperimentare e abbracciare le complessità di quel sentimento, nonostante il potenziale di angoscia. Siamo di fronte ad un grandissimo pezzo Rock a tutto tondo.

Ricamo pianistico d’effetto, interludio Hard Rock, strofa soave, passaggi strumentali, chitarre soliste armoniose, finale con crescendo impetuoso. Una meraviglia

Misty green and blue
Love to love to love you

Tre bonus track, Too Hot To Handle (Edit), Try Me (7” Version) e Alone Again Or (Acoustic Rough Studio Version) ovvero Phil Mogg e due chitarre acustiche.

Copertina a cura di Higpnosis con foto scattate all’interno della Centrale Elettrica di Battersea. In primo piano Phil Mogg, in secondo piano Michael Schenker. Il nuovo remaster è convincente.

CD 2 Live At The Roundhouse, London 2nd April 1977 – 2024 Remix – TTTT+

Il concerto presente in questa deluxe edition (il primo del Lights Out tour) è stato rimixato e questo rende la resa sonora dell’esibizione live frizzante.

UFO 1977

UFO 1977

Nel 1977 gli UFO erano una band che non faceva prigionieri, nonostante l’approccio blues’n’booze e alcuni screzi la coesione era notevole e le esibizioni entusiasmanti. E’ sufficiente ascoltare il brano Lights Out per rendersene conto. Gettin’ Ready è più granitica e ovviamente con meno fronzoli …

Love To Love soffre un poco il suono delle tastiere, poco esaltante dal vivo. On With The Action proviene dall’album precedente (No Heavy petting del 1976) mentre il primo mega classico Doctor Doctor dal primo disco con Schenker (Phenomenon del 1974). In Try Me le tastiere che cercano di replicare gli archi mi rendono un po’ nervoso, ma d’altra parte rendere dal vivo certo brani non è semplice. Too Hot To Handle è hard rock bollente.

UFO-Lights-Out-CD 2024 edition

L’ultima parte del concerto è dedicata quasi interamente all’album Force It del 1975, Out In The Street e This Kid’s sono durissime, Shoot Shoot e Let It Roll lo sono ancor di più … che bel gruppo di rockettari che erano gli Ufo in quel periodo. Schenker scatenato.

Rock Bottom (da Phenomen 1974) contribuisce a mantenere alta la temperatura.

Di solito tendo a non sopportare i pezzi rock and roll anni 50 suonati dalle Hard Rock band (tantomeno da quelle Heavy Metal), manca quasi sempre lo swing e le finezze chitarristiche, tuttavia C’mon Everybody – benché sia in versione “centurionica” – non è malaccio, dai.

Ad ogni modo ottimo cd live questo.

UFO-Lights-Out-Vinyl-LP 2024 edition

Concludendo questa deluxe edition è davvero ben fatta seppur sia concepita in versione, diciamo così, economica (25 euro). La grande bellezza della musica Rock è avere nella propria discoteca album come questo.

◊ ◊ ◊

  • CD 1: Lights Out (2024 Remaster)
    1. Too Hot To Handle
    2. Just Another Suicide
    3. Try Me
    4. Lights Out
    5. Gettin’ Ready
    6. Alone Again Or
    7. Electric Phase
    8. Love To Love
    Bonus tracks
    1. Too Hot To Handle (Edit)
    2. Alone Again Or (Acoustic Rough Studio Version)
    3. Try Me (7” Version)
  • CD 2: Live at the Roundhouse, London, 2nd April 1977
    1. Lights Out
    2. Gettin’ Ready
    3. Love To Love
    4. On With The Action
    5. Doctor Doctor
    6. Try Me
    7. Too Hot To Handle
    8. Out In The Street
    9. This Kid’s
    10. Shoot Shoot
    11. Rock Bottom
    12. Let It Roll
    13. C’mon Everybody
  • Artwork – Higpnosis
  • Artwork By – Hugh Gilmour
  • Bass – Pete Way 
  • Drums – Andy Parker 
  • Lead Guitar – Michael Schenker
  • Lead Vocals – Phil Mogg
  • Liner Notes – Michael Hann 
  • Producer – Ron Nevison
  • Project Manager – James Batsford
  • Remastered By – Andy Pearce (tracce: 1.1 to 1.11), Matt Wortham (tracce: 1.1 to 1.11)
  • Remix – Richard Whittaker (tracce: 2.1 to 2.13)
  • Rhythm Guitar, Keyboards, Backing Vocals – Paul Raymond 

Note

CD 1 Lights Out – 2024 Remaster
CD 2 Live At The Roundhouse, London 2nd April 1977 – 2024 Remix
All Recordings originally: ℗ 1977 Chrysalis Records Limited
CRVX1531, The copyright in this compilation is owned by Chrysalis Records Limited.
℗ 2024 Chrysalis Records Limited. © 2024 Chrysalis Records Limited.

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GLI UFO SUL BLOG:

UFO “No Heavy Petting” deluxe edition (1976/2023 Chrysalis) – TTT ¾

UFO – High Stakes & Dangerous Men/Lights Out in Tokyo (2022 Cherry Red Records) – TTT½

UFO “Force It” (Deluxe Edition) (2021 Chrysalis Records) – TTTTT

UFO – Milano, Legend Club 1 nov 2015 – TTTT

L’omarino venuto a vangare l’orto

16 Apr

Sabato di prima mattina. Sveglio poco dopo l’alba rimango a pitugnare, come diciamo qui a Regium Lepidi, sotto il piumone. Dalla tapparella filtra il giorno, dal portoncino in vetro i raggi del sole iniziano ad inondare la casa, la luce gronda dalle pareti giallastra. Cerco di dissolvere i pensieri raggomitolati in modo casuale nella mia maruga, come diciamo noi a Mutina … l’altra mia città, di scuotermeli di dosso. Faccio mente locale, oggi è sabato di metà aprile, ieri dopo il lavoro hamburgher (veggie!), blanche media e amaro al Red Lion di Mutina con un paio di groupie, oggi qui a Borgo Massenzio nel mio letto ve n’è una terza. Si direbbe quasi che io sia un vero chitarrista Rock, d’altra parte una delle mie colleghe del cuore (dopo che l’ennesima consulente esterna si è posta a me con estrema affabilità e confidenza) mi ha detto che sono una calamita per le pheeghe …come no, Calamity Tim. 

L’umana che ho nel letto con me si sveglia, è ora di alzarsi e di andare a fare la spesa alla Coop. Mentre ci prepariamo si affaccia alla finestra e mi dice: “c‘è l’omarino venuto a vangare l’orto”. Intende il signore incaricato di vangare l’orto della Domus dalla madre della groupie. Mi sovverrebbe di dirle “omarino? Perché sminuirne il valore? Solo perché è uno che vanga gli orti? Se tua madre avesse incaricato un avvocato o un architetto di venire a fare accertamenti alla casa li avresti chiamati omarini?”. Non dico nulla, faccio già la parte del cagacaxxo troppo spesso. Già la Sabba mi ha preso in giro perché nell’ultimo post qui sul blog ho usato gli asterischi in articoli e sostantivi per il rispetto di genere, già la Stremmy mi ha detto un perentorio NO quando le ho chiesto di non usare il termine DEVASTATA nel descrivere il proprio stato psicofisico (ma adesso la sento correggersi e usare sempre l’aggettivo DISTRUTTA, termine assai più appropriato), già l’AD dell’azienda per cui lavoro accondiscende con pazienza quando rispondo BUON WEEKEND LUNGO ANCHE A TE, quando mi augura Buona Pasqua … ecchecazzo Tim Tirelli, non puoi stare in punta di piedi a duellare per ogni faccenduola.

Orto della Domus, aprile 2023 foto TT

Orto della Domus, aprile 2023 foto TT

SONGWRITING

Nella mia realtà alternativa sono un autore di canzoni, mia attività preferita in assoluto insieme allo scrivere. Avevo due strofe di testo scritte da un po’, e mi sono accorto che sono pressoché perfette per la musica composta tempo fa in accordatura DADGAD sulla Danelectro. Di solito è il testo che viene scritto dopo che la melodia e la relativa metrica sono impostate, stavolta no. Mo’ veh, ogni tanto anche questa procedura funziona.

 

Uomo di blues 2- Domus, aprile 2023 - foto ST

Uomo di blues – Domus, aprile 2023 – foto ST

PS: la Minnie mi ha aiutato nell’arrangiamento.

Gatta di blues (La Minnie) - Domus, aprile 2023 - foto TT

LA REGGIANA TORNA IN SERIE B

Con la vittoria di ieri la Regia torna in Serie B dopo la beffa dell’anno passato. Almeno con lei finalmente posso godere un pochino.

AC Reggiana

SERIE TV

_Yellowstone (USA 2018-2023) TTT½

Qualche anno fa un mio (ora ex) collega mi chiese se stessi guardando Yellowstone, gli risposi che no, non la stavo seguendo perché i protagonisti principali della serie incarnavano alcuni dei più classici (anti)valori dell’americanismo spinto, e non mi andava di immergermi in quelle atmosfere. Qualche settimana fa, nonostante la mia etica schizoide, mi sono messo a seguirla, credo sia un peccato di gioventù, Balla Coi Lupi fu un film con cui in molti della mia generazione sono cresciuti e dunque è difficile per  uno come me snobbare una produzione di questo livello quando il protagonista è Kevin Costner. La serie è considerata adatta al pubblico americano dei conservatori e dei repubblicani, nonostante l’ideatore – Taylor Sheridan –  abbia dichiarato: “È uno show che parla del trasferimento dei nativi americani, del trattamento riservato alle donne native americane, dell’avidità aziendale e dell’imborghesimento del West. Possiamo definirlo uno show repubblicano?”. La serie pare di sicuro tradizionalista e nel 2018 quando uscì, con Trump presidente degli USA, immagino abbia solleticato la “pancia” di chi mitizza un’America patriarcale alla John Wayne, l’America delle pistole e della bibbia, l’America violenta che si fa giustizia da sé.

Costner interpreta John Dutton, una latifondista proprietario del ranch più grande d’America che per difendere la sua terra è disposto a tutto. Sua figlia Beth è la figura spietata della serie, donna spinta dall’ira e dall’odio e contenta di calpestare i diritti di chiunque non si pieghi al suo volere. I paesaggi scelti sono quelli del Montana e dello Utah, e per chi è cresciuto col mito del film Jeremiah Johnson commuoversi davanti agli spazi aperti della serie è automatico. La produzione è di alto livello, molti degli attori sono bravi, qualche sbavatura qui e là ma cinque stagioni non sono facile da reggere. La visione politica e sociale dei personaggi, in massima parte cowboy, è molto lontana dalla mia, ma essendo figlio del mio tempo le pellicole western di in certo livello mi irretiscono.

GATTI ALLA DOMUS

Son lì che scribacchio per il blog e Raissa continua col suo lamento, diverso dal solito; visti i problemi che ha mi precipito dal veterinario. Raissa soffre di ipertiroidismo da tre anni, ha 16 anni, l’età si fa sentire e in più sono 4 gg che mangia poco, quindi  eccomi qui in questo sabato di metà aprile a Bath In Plain nello studio di Fausto ed Esmeralda: visita, raggi x, ecografia, antibiotico, misurazione febbre, esame del sangue, flebo. Proviamo ad aumentare la dose di farmaco contro ipertiroidismo e speriamo. Intanto la nutriamo con omogeneizzati e le prossime mattine tappa fissa all’ambulatorio veterinario. L’ho tenuta ferma 40 minuti mentre faceva la flebo, la Rais è stata brava, per tenerla calma le recitavo i salmi del Blues (e i testi dei Firm).

Tenere ferma Raissa mentre è sotto flebo - Studio Veterinario Bath in Plain (RE) - foto ST

Tenere ferma Raissa mentre è sotto flebo – Studio Veterinario Bath in Plain (RE) – foto ST

GUIDING LIGHTS – LUCI GUIDA

Negli ultimi mesi quando dovevo rivolgermi a dio pensavo a Johnny Winter, visto che con il mio dio di riferimento (The Dark Lord) avevo qualche problema. Confidavo dunque nel Texas Tornado, chiedevo all’albino di darmi la forza per continuare il giro di giostra e di aiutarmi a trovare la peace of mind in modo da diluire l’irrequietezza che da sempre scuote il mio essere.

The one and only Johnny Winter

The one and only Johnny Winter

Negli ultimi giorni tuttavia mi sono trovato a pensare che dovrei essere più morbido con me stesso, smettere di cercare di buttare giù dal piedistallo il dio di riferimento che tanta importanza ebbe per me, dimenticare la noiosa autoreferenzialità che sfoggia di continuo in questi ultimi anni, l’accidia che lo allontanò dopo il 1973 dal trono di leggenda definitiva della chitarra Rock, l’edonismo sfrenato in cui si crogiolò. Sì, meglio concentrarsi sulle pagine di musica Rock strepitosa che dal 1968 al 1978 scrisse e produsse, musica che oggi è di diritto patrimonio dell’umanità, come lo sono i dipinti di Caravaggio, le opere Mozart, i 29 blues di Robert Johnson e così via. IN PAGE WE TRUST (again).

Jimmy Page 1974

The Dark Lord 1974

PLAYLIST

FADE

Ti fermi davanti ad una agenzia immobiliare del tuo paesello, soppesi cosa potresti permetterti con quei due soldi che hai, capisci subito che la tua casetta in riva al mondo non la avrai mai, che un bilocale derelitto probabilmente sito sulla provinciale non è esattamente il massimo …

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Casetta dei sogni (© tiny-house-fairytale-nature-landscape-photography-29__880 Menno Schaefer)

e allora elabori il fatto che ti conviene capire se da qualche parte cercano un guardiano del faro, in quel caso l’importante sarà strolgare un modo per farsi arrivare gli ordini Adidas e per vedere le partite dell’Inter.

Faro

PS: nell’attesa che si liberi un posto in un faro goditi l’orto finalmente ordinato e il primo sole di questa domenica.

L’orto di domenica mattina – Domus Saurea aprile 2023 – foto TT

Beth Hart – A Tribute To Led Zeppelin (2022 – Provogue) – TT¾

12 Giu

Sembra io sia destinato a scrivere qualcosa su questo tributo ai LZ, avrei preferito evitare visto che di solito questi progetti mi annoiano ma prima leggo che il mio amico Donato Zoppo lo sta ascoltando, poi che Gianni Della Cioppa lo trova ottimo e infine Beppe Riva che mi chiede che ne penso. Tutti e tre sono miei cari amici ma soprattutto giornalisti musicali di grande fama e in qualche modo ne devo tenere conto. Per contro gli amici John Sunday Romagnosi, LIZN e il Pike Boy sono assai meno teneri con questo omaggio al più grande gruppo Rock di sempre.

Beth Hart è una cantante americana di discreto successo, i suoi album hanno toccato posizioni di rilievo nelle classifiche delle nazioni del Nord Europa e in USA non ha fatto male con i tre album incisi con Joe Bonamassa. Il genere a cui si rifà è in qualche modo quello del Rock e del Blues, cantato in maniera decisa ed enfatica. Il suo pezzo No Place Like Home mi è sempre piaciuto moltissimo, ma non posso certo dire di essere un suo fan.

Adesso si cimenta con un tributo ai LZ e al di là del chiedersi il perché di una operazione del genere, lo fa mettendo in campo la sua personalità debordante e diversi ospiti speciali: Tim Pierce (notissimo session man americano), il bassista Chris Chaney (Rob Zombie, Jane’s Addiction, Slash), il tastierista Jamie Muhoberac (Bob Dylan, Iggy Pop, Rolling Stones) e i batteristi Dorian Crozier (Celine Dion, Miley Cyrus, Joe Cocker) e Matt Laug (Alanis Morissette, Alice Cooper). Oltre a questi si è fatta sospingere da una orchestra arrangiata da David Campbell (Muse, Aerosmith, Beyoncé).

BETH HART A TRIBUTE TO LED ZEPPELIN

Whole Lotta Love aiutata dagli archi ricalca l’idea della versione di tantissimo tempo fa della London Symphony Orchestra, la Hart canta con decisione e bravura ma la versione è davvero troppo simile all’originale per portare qualche brivido profondo. Kashmir lascia intendere che il tenore del disco sarà quello che in fondo temevamo, riletture troppo vicine agli originali. Kashmir è suonata discretamente ma il groove e lo swing di Bonham non sono riproducibili, la Hart si canta addosso, e di nuovo scatta il pensiero: ma come si possono affrontare brani dei LZ se decidi di rifarli pari pari?

Stairway To Heaven inizia e scuoti la testa … è solo terzo pezzo è sei già un po’ insofferente. Al di là del timbro della voce tutto è troppo simile all’originale. The Crunge pur avendo una sezione ritmica meno funk di quella dei LZ, in qualche modo si fa ascoltare. Ci sono leggere e nuove sfumature che rendono la cosa frizzantina. In Dancing Days, Pt. 1 il boost che aggiunge l’orchestra porta alla mente la versione live degli anni novanta di Page & Plant. Come per The Crunge c’è una vibrazione che riesce a catturare l’attenzione. Il cantato tuttavia è un po’ sguaiato.

When The Levee Breaks parte subito evitando la lunga introduzione dell’originale. Non è male ed è giusto sottolineare che ci vuole coraggio a suonare un blues del genere senza avere Bonham alla batteria. Dancing Days, Pt. 2, (vissuta come chiusura) è completamente inutile.

Black Dog è in pratica una copia carbone della versione da studio del 1971, quindi il pollice è verso. Il video ufficiale poi sfiora il patetico. La Hart si agita, mette in mostra il basso ventre, si contorce e la sua presunta passionalità diventa una macchietta. I tre musicisti che la accompagnano sono clamorosamente fuori ruolo, non tanto per capacità tecnica ma per presenza scenica e personalità … imbarazzanti. Beth insiste, ammicca, mette in scena la sua sessualità, va sopra le righe, lasciva si sdraia per terra, mette fuori la lingua, simula un coito …. i rockettari di bocca buona potranno anche entusiasmarsi ma a me pare che manchi l’eleganza, quella che i LZ avevano, anche quando cantavano cosucce sconce. L’assolo di chitarra finale è uno di quelli nota per nota simile a quello che fece Page in studio.

No Quarter invece è un pochino più originale, ha meno fronzoli della versione da studio del 1973 e  qualche nuova nuance di tutto rispetto. Va a dissolversi in Babe I’m Gonna Leave You anch’essa accorciata. Rispetto all’originale è poco più di un accenno, per questo perde il candore e l’effetto light and shade, ovvero quasi tutto il fascino del pezzo. La chiusura riprende No Quarter.

Good Times Bad Times arriva diretta, non dispiace per nulla la melodia rotonda del ritornello, anzi pare parecchio accattivante.

Chiude The Rain Song, l’intreccio degli strumenti e dell’orchestra è lodevole anche se pare mancare di dinamica. La cover in questione non deve essere per niente male se nel risentire per la milionesima volta questo brano mi viene da pensare a quanto sia bello. Intorno al minuto 4.00 Beth ci ricasca, e da speak to me only with your eyes in poi risalgono momenti di un cantato sgarbato che ben poco c’entra con il mood di questa canzone.

Insomma, benché sia un album fatto da gente che sa suonare e cantare, manca un tocco di bon ton musicale e, come detto, un motivo valido per una operazione del genere nel 2022  … sì, certo, il business ma questo è un blog personale e possiamo permetterci di sorvolare sulle dinamiche del vil denaro e concentrarci sugli aspetti squisitamente artistici e musicali, in difesa di una musica Rock che a nostro vedere ha quasi perso del tutto lo spirito originario. E sì, lo sappiamo, nella vita tutto cambia, ma …

Se si trattasse di un concerto dal vivo, questo progetto potrebbe avere senso, certi fan andrebbero per chiudere gli occhi e pensare di essere davanti ai LZ, ma fare un intero disco da studio di cover ricalcando gli originali in quasi tutto e per tutto mi pare insensato. Poi, certo, ognuno fa quello che crede, e dopo tutto l’album ha avuto un discreto successo…1° in Olanda, 2° in Austria, 3° in Polandia (va beh, la Polonia), 4° in Germania, 7 in Belgio, 17° in UK ma per quanto mi riguarda se il Rock per sopravvivere deve essere costretto a riproporre l’ennesimo tributo carta carbone ai LZ allora forse sarebbe meglio piantare baracca e burattini.

Il blues delle “sere d’estate dimenticate” (c’è un dondolo, che dondola)

10 Lug

Parte Blu di Zucchero e scivolo sul passato, calde serate emiliane, oppure passate ai lidi ferraresi e al bayou limitrofo chiamato le Valli di Comacchio che già da bambino mi irretiva

Sere d’estate, dimenticate
C’è un dondolo che dondola

Valli di Comacchio

torno poi al presente per un momento

Che belle scene di lei che viene
Da lune piene, si dondola

che belle scene di lei che viene

e quindi inciampo nelle trame di nidi di stelle immaginari.

Cammino e penso a te, ai grilli e alle cicale, come strane suore,
Baby respiro respiro te
Purezza e leccornia, fuoco della sera
Siamo destini, siamo sempre noi, ma più vicini
Stretti e supini, siamo sempre noi lassù

Io e Fornaciari siamo sintonizzati sulle lunghezza d’onda dello stesso sentimento blues, il tema dei ricordi legati alla sua estrema giovinezza è spesso presente nei pezzi che scrive, ai più a volte potrà anche sembrare ripetitivo ma un uomo di blues ci sguazza in quel blue feeling, d’altra parte da bambino passavo le domeniche a Villa Bagno in campagna dai nonni, a un tiro di schioppo dalla sua Roncocesi, qui nella Regium Lepidi County.

La luce polverosa del sole che filtra nel solaio (in dialetto al tasèl) delle case di campagna delle nostre zone, il verderame, la vendemmia, Venere che viene su dai campi … l’immagine di giovani donne concrete, sensuali e voluttuose per noi ragazzini alle prese con i primi pruriti … la nostra terra, che è la più bella solo perché è quella a cui sono appesi i nostri ricordi, faccenda dunque puramente soggettiva. Adelmo ha qualche anno in più di me, ma quello che scrive nelle sue canzoni io l’ho vissuto, in primis la nonna che dal grande portone in ferro urla verso la campagna e ci chiama …’delmo, viin a cà …’tefano, viin a cà … Adelmo/Stefano, vieni a casa…

Una volta Mel Previte (guitarist e producer extraordinaire) mi disse “A me piace Zucchero, però sempre quel nominare il blues, non è che lui poi faccia blues…”; al di là dei riferimenti musicali in senso stretto che comunque in certi suoi pezzi sono presenti io penso che il blues Sugar lo abbia nell’intenzione e nell’anima, ed è sempre presente in lui, e in me, ecco perché quando sento certe sue canzoni mi commuovo e mi immedesimo, mi ci trovo in quei suoi quadretti musicali, perché i momenti e i luoghi che disegna li ho visti e vissuti, pressappoco negli stessi anni…

Esco dalle canzoni di Zucchero e mi ritrovo nel posto in riva al mondo in cui vivo da più di 13 anni, Borgo Massenzio, ancora a pochissimi km da Roncocesi.

Domus Saurea - Luglio 2022 - Foto TT

Domus Saurea luglio 2022 – Foto TT

E’ l’estate 2022 io e Adelmo non siamo più bambini e il bello di noi due è già volato via, come canta in Ci Si Arrende

Quanto ti vorrei
Dentro le giovani estati
Anche adesso
Ora che il più bello di noi due
È già volato via e non ritorna più

Il tempo scorre veloce, il blues arranca lento e per non arrendermi cerco stratagemmi che distraggano il blues che pervade questa mia povera anima inquieta. Con qualche sacrificio alla Domus è arrivata una piscina esterna, con cui io e la pollastrella intendiamo affrontare questa estate torrida e implacabile.

Bluesing by the pool - Domus Saurea luglio 2022 - Foto TT

Bluesing by the pool – Domus Saurea luglio 2022 – Foto TT

Fare il morto guardando il cielo blu mi aiuta a fare evaporare le tossine …

View from the pool - Domus Saurea luglio 2022 - Foto TT

View from the pool – Domus Saurea luglio 2022 – Foto TT

fare qualche vasca mi tiene impegnato e mi distrae.

Bluesing by the pool - Domus Saurea luglio 2022 - Foto TT

Bluesing by the pool – Domus Saurea luglio 2022 – Foto Saura T

E così tutti i giorni, torno dal lavoro verso sera, mi butto nell’acqua blu, quasi un’oretta a mollo, poi doccia e – ogni tanto – Bella Napoli al Pizzikotto di Viale Gramsci.

Belgian Blanche Blue Boy - Regium Lepidi luglio 2022 - Foto Saura T

Belgian Blanche Blue Boy – Regium Lepidi luglio 2022 – Foto Saura T

A proposito del Pizzikotto di Viale Gramsci (location ormai amata da ogni amico che ho), il sinodo degli illuminati del blues quest’anno lo abbiamo festeggiato ieri sera, con tre settimane di ritardo, quel che conta è che ci siamo trovati ugualmente, il Team Tirelli (seppur non al completo) di nuovo insieme, e quando the boys are back in town, non c’è n’è per nessuno.

Blues Brothers - Domus Saurea Luglio 2022 - Foto Saura TT

Blues Brothers (left to right: Pike, Bèssi, Lollo, Tim, Riff, Liso, Mario) – Domus Saurea Luglio 2022 – Foto Saura TT

Al lavoro il periodo più impegnativo, che a dir la verità temevo, sembra essere passato, ne sono uscito più o meno indenne, mi sono calato nella parte di capo cantiere e ne sono venuto a capo. Certo, ho passato giorni duri e faticosi, dove non ero mica tanto biondo, come diciamo qui in Emilia. Lottare poi con il sentimento del “non me ne frega più un cazzo” di cui parlavo nel precedente articolo del blog non è stato facile, ma anche stavolta Stefano e Tim sono riusciti a imbrigliare Ittod (per chi si fosse sintonizzato solo ora sto parlando della lotta intestina tra i tre uomini che sono); meno male che a fine giornata avevo la opportunità di far decantare un po’ il tutto nella Sala Blues, la sala aziendale dove vi è l’impianto hifi di cui ho già parlato. Una sera vi arrivo e trovo il C.O.O. in call col collega dell’Human Science e il mio collega Zlatan tutto indaffarato alle prese con la chiusura del mese, stavano ascoltando il primo solista di Billy Idol. Mi sono gettato sul divanetto e mi sono messo ad ascoltarlo con loro. E’ stata una piacevole riscoperta.

Spostandomi sull’argomento Rock, leggo con interesse una intervista di Creem del mese scorso a Unity McLean, immarcescibile responsabile degli uffici della Swan Song

https://www.creem.com/fresh-creem/unity-maclean-interview-the-who-led-zeppelin?fbclid=IwAR2sk3ga2tpK6lmY_xFrtFZVITnxQhPT4w3mqtOXIlFKuuPU7QEOcWwaFBs

poi mi guardo su Youtube un nuovo filmato amatoriale dei Led Zeppelin Live in Los Angeles (March 25th, 1975) – 8mm film (Source 2)

Sappiamo che il tour del 1975 è stato pieno di problemi, che la band aveva iniziato il viaggio verso gli orizzonti perduti, ma nonostante questo il filmatino me lo gusto ugualmente.

https://www.youtube.com/watch?v=tlvFy14n6c8&ab_channel=ledzepfilm

Contemplo qualche vecchia classifica degli LP più venduti in America. Bello vedere nel 1973 Edgar Winter al primo posto,

US ALBUMS CHART june 1973 - courtesy of Dave Lewis

US ALBUMS CHART june 1973 – courtesy of Dave Lewis

mi viene poi da sospirare a contatto con quella del 1976, periodo in cui iniziai ad entrare davvero nella musica Rock … Presence, gli Wings, A Night A The Opera, Run With The Pack, Desire, Amigos, Station To Station … ah!

US ALBUMS CHART EARLY MAY 1976.

US ALBUMS CHART EARLY MAY 1976 – courtesy of Dave Lewis

Per tornare a noi, mi sta frullando nella maruga qualche idea per un possibile ritorno di Aramis (il personaggio da me creato con cui ogni tanto vi annoio sulle pagine miserelle di questo blog). Buffo, è bastata una foto trovata chissà dove di una paio di mutandine indossate da chissà chi per dare il via ai pensieri che forse porteranno a un nuovo episodio. Sono proprio un uomo.

Restando su quello che mi piace fare, continuano a venirmi idee per nuove canzoni, due sono ormai complete: Fantasia e I Got The Blues (entrambe in accordatura aperta di MI), un’altra, Sincronicità, è work in progress. Al di là del fatto che finiranno chiuse in un cassetto insieme alle altre, niente male Tim Tirelli.

L’estate continua, il gran caldo ci attanaglia, il blues ci prende alla gola, ma non molliamo, invochiamo il Dark Lord affinché vegli su di noi e andiamo avanti. Ever onward my friends!

TDL - Earls Court, may 1975

The Dark Lord – Earls Court, may 1975

Quando Trombetti parla dei Led Zeppelin …

18 Lug

Quando Trombetti parla dei Led Zeppelin mi tremano le ginocchia, perché non ne parla (solo) da fan, ne parla con cognizione di causa: li segue dal 1969, li ha visti e – nella veste di prestigioso giornalista musicale quale è – li può soppesare seguendo una prospettiva così più ampia che più ampia non si può; quindi – se anche un figura come la sua ne scrive in maniera così netta – non possiamo che avere conferma di quello che già pensiamo da sempre: i Led Zeppelin sono stati il più grande gruppo Rock mai apparso sulla Terra.

– articolo tratto dal blog Rock Around The Blog (il blog di Trombetti e Riva) – 

https://www.rockaroundtheblog.it/eroi-o-copioni-la-storia-del-gruppo-che-ha-cambiato-il-rock-and-roll/

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Ianus blues

26 Gen

Senza tirarla troppo per le lunghe, il dio romano Giano (Ianus appunto) era il dio degli inizi, ed era raffigurato con due volti (il famoso Giano bifronte) perché aveva la capacità di guardare e il futuro e il passato. Il mese di gennaio (Ianuarius) precisamente deve il suo nome a Giano, divinità che rappresentava anche il concetto di passaggio, di cambiamento.

Giano bifronte

In questo periodo, anche se gennaio ormai è alla fine, siamo un po’ Giano anche noi, affrontiamo un nuovo inizio d’anno, di stagione, di blues, ma con lo sguardo rivolto pure al passato (soprattutto musicalmente) e come sempre ne racconteremo su queste pagine miserelle. A proposito di queste paginette, tra meno di un mese saranno 12 anni di blog, ehi … mica male davvero, ci vuole una discreta costanza, ma d’altra parte come scrivo spesso non so dove sarei senza questo blog. In Scandinavia forse, lontano dalle latitudini latine in cui vivo sempre più a fatica? Sulle rive del Mississippi dove verrei finalmente battezzato nel nome del blues? Nella mia isoletta caraibica preferita dove per un istante sorse il Sol dell’Avvenire? Ma riuscirei a vivere in quei luoghi? A Santa Clara, nel Bayou, a Copenhagen? Riuscirei a tirare fuori la ramazza, a togliere la polvere da essa e riassettare casa prima di partire?

Conoscere Il Blues

Quando colleghi, amici, conoscenti vengono a confrontarsi con me circa la musica (Rock e  Blues) io inizio a sentirmi inadeguato, perché finisco per fare una parte che – essendo uomo di una (in)certa età – vorrei non fare più, ovvero quello del pseudo esperto con una verve critica che non fa sconti. Il fatto è che sono un cagacaxxo e non riesco più ad essere accondiscendente e ad esimermi dunque dall’entrare nel vivo del discorso con la mia solita vena polemica; d’altra parte in un mondo dove ormai il senso critico è sparito, tutti i dischi, i concerti, i gruppi, gli artisti sono descritti solo con iperbole a volte davvero fuori luogo. Finisco sempre per cercare di far capire a chi, magari non ha una passione come la mia e dunque ha una preparazione meno capillare, come stanno le cose, o comunque come la vedo io; così facendo mi sembra quasi di dovere vendere le mie tesi, di dover convincere il mio contendente ad acquistare il mio prodotto.

Quando ero un bambino talvolta venivano a bussare alla porta venditori di enciclopedia, noi finimmo per avere “Conoscere”, un vero e proprio must negli anni sessanta e settanta

e ora, a decenni di distanza quando vengo coinvolto in questi argomenti mi sembra di essere appunto un venditore di enciclopedie, che so, di “Conoscere il Blues”, 666 volumi di storie di uomini e musica obliqua, oppure di essere uno che va in giro bussando di porta in porta a predicare la musica rurale nera degli anni venti e trenta del XX secolo … il testimone del blues.

 

VITA IN AZIENDA:

“Tim Tirelli number one”

9 gennaio (Natale insomma … questa non è per tutti), dopo la chiusura l’azienda riapre. Tornare al lavoro dopo uno stacco piuttosto lungo non è mai immediato e dunque sono un po’ sgrauso A metà mattina incontro sulle scale una collega dell’ufficio personale, è insieme ad un nuovo arrivo, una giovane donna che inizia oggi. Dopo le due chiacchiere di rito ci salutiamo, mentre scendo le scale sento che la mia collega le dice: “Quello che hai appena conosciuto si chiama Stefano Tirelli, ma lo chiamiamo tutti Tim, per la precisione Tim Tirelli Number One”.

Scuoto la testa… ma che buraccione ho messo in piedi anche qui?!

“Cé uno che suona la chitarra”

Una mia amica è a pranzo col suo compagno e ad un figlio di lui avuto da una precedente relazione. Il figlio ha pressappoco 25 anni e lavora nello stesso ambito della azienda per cui lavoro, ipertecnologia insomma. Il figlio parla della sua professione e della ditta di cui fa parte e dice: “Sì, ma noi siamo una ditta che fa quello che può, non siamo come (cita il nome della mia azienda), là sono ad un altro livello, sono bravissimi, pensate che che hanno persino un super chitarrista che va in giro per l’azienda a suonare mentre gli altri lavorano, così tutto diventa più stimolante”

La mia amica mi riferisce la cosa e rimango basito da come le voci, le storie, passando di bocca in bocca ad ogni passaggio acquistano sfumature nuove sino a superare l’effettiva realtà. Sì, lavoro in una azienda speciale e preparata, con una nomea di un certo tipo, dove suono sì col mio gruppo ma quando organizziamo feste aziendali e dove – fuori l’orario del lavoro e su richiesta della direzione – tengo le mie lezioncine sul Rock, ma da qui ad arrivare a pensare che io suoni girando per gli uffici per fare atmosfera ce ne vuole.

ANDARE ALLO STADIO OGGI

L’umana che vive con me mi regala due biglietti per una partita dell’Inter, primo anello rosso, mica roba da tutti i giorni ed è il motivo per cui sono in autostrada diretto nella culla dell’umanità calcistica. Entro nel parcheggio di fianco allo stadio alle 18:30, pago 25 euro (dio pòver!), scelgo il trailer burger (va beh, il furgone dove vendono panini all’esterno del Meazza) dove acquistare per 20 euro (porca madosca) due panini e due bibite. Ore 19: rendez vous con il musical scriba extraordinaire Beppe Riva e Ferdi, con entrambi condivido l’amore folle per l’Internazionale Milano. Mezzoretta passata a discuter di Rock e di Football, due delle nostre grandi passioni. Ore 18:30 siamo ai nostri posti. Entrare a San Siro è ogni volta una forte emozione, stavolta ancor di più essendo nel settore migliore di tutto lo stadio. Mi godo l’atmosfera e il riscaldamento dei ragazzi ma poi pian piano sale una certa insofferenza: musiche da voltastomaco, giochi di luce, miseri inni non ufficiali dell’Inter, intrattenimenti forzati e sopra le righe di stampo chiaramente statunitense, per me davvero insopportabili. 

Nella fila sotto alla mia vi sono padre, madre e ragazzina di 12 anni che già si veste e si atteggia come una popstar contemporanea. Lo schermo dello stadio manda in diretta le immagini degli spogliatoi, dove ad un certo punto compare il difensore nerazzurro Acerbi a torso nudo, la ragazzina se ne accorge ed inizia a strillare nemmeno fosse negli anni sessanta davanti a Beatles. E io mi chiedo “ma, proprio Acerbi?”. Poco dopo il tutto si ripete quando Lautaro (una delle stelle della mia squadra) si avvicina al nostro settore. La ragazzina, 12 anni, ha pure un diamante incastonato tra i denti. Niente di che, sono le nuove generazioni, ma fatico a concepire una 12enne che si esalti per Acerbi. 

READERS POLL – UK magazine “Sounds” december 1974

Il referendum dei lettori delle riviste inglesi degli anni settanta mi hanno sempre fatto sorridere, non ho mai capito che senso avesse la distinzione tra British Section e International Section, o meglio, capisco il bisogno di una nazione imperialista di avere una classifica dedicata ai soli musicisti britannici, ma i risultati spesso mi fanno sorridere (vedi ad esempio le differenze tra i migliori tastieristi …UK vince Emerson, INT vince Wakeman … con le prime tre posizioni appannaggio degli stessi tre musicisti inglesi). Ad ogni modo, classifica che evidenzia la grandezza degli ELP in quegli anni. Nel 1973 uscì Brain Salad Surgery, nel 1974 il triplo live Welcome Back My Friends dunque facile farsi suggestionare, ma che bello vederli così in alto.

Readers Poll – UK magazine Sounds december 1974

Readers Poll – UK magazine Sounds december 1974

LA FATTORIA DEGLI ANIMALI (1945 – Edizione Mondadori 2015) TTTT

Rileggere di questi tempi La Fattoria Degli Animali significa per me dividermi tra l’acuta satira verso il totalitarismo sovietico di Eric Arthur Blair (va beh, George Orwell) e quella contro il capitalismo senza freni nella rilettura di Roger Waters. Due aspetti della società con cui dobbiamo fare i conti ancora oggi, benché l’URSS non sia più tale da decenni. Orwell era una sorta di socialista moderno che non tollerava quel tipo di società e l’espediente narrativo da lui trovato funziona molto bene. É un’opera di quasi 80 anni fa, dunque a tratti risulta leggermente naif, ma rimane un caposaldo della narrativa del novecento che si rilegge volentieri.

george orwell la fattoria degli animali

FILM SOBRI

Su Netflix c’è una categoria che si chiama FILM SOBRI, ed è quella a cui sono solito abbeverarmi. Trovo sovente titoli notevoli da guardare.

_IL PRODIGIO / THE WONDER – (Usa/UK/Irlanda 2022) – TTTT

Film potente e drammatico ambientato nel 1862 in un Irlanda profondamente religiosa e dunque bigotta fino all’autolesionismo. Da vedere.

_MR HARRIGAN’S PHONE (USA 2022) – TTT½

Tratto dal romanzo di Stephen King, un buon horror col giovane Jaeden Martell e Donald Sutherland.

_LA SCOPERTA / THE DISCOVER (USA/UK 2017) – TTTT

Un fisico riesce a dimostrare l’esistenza dell’aldilà, le conseguenze per la popolazione sono terribili e forse non tutto è come sembra. Con Robert Redford e Rooney Mara. Da vedere.

_ALL WE HAD (USA 2016) – TTT¾

Film indipendente e drammatico che tratta una di quelle storie di consueta americanaggine fatta di losers e di vite al limite. Film maturo, pieno di sentimento ma sobrio, film di denuncia circa la crisi finanziaria ed immobiliare statunitense..

_IL LEGIONARIO (Italia 2022) – TTT

La celere deve sgombrare palazzi occupati, triste rappresentazione degli angoli nascosti della nostra società. Non male, ma non mi ha convinto del tutto.

_METAL LORDS (USA 2022) – TTT–

Magari è anche divertente, ma alla fin fine non è altro che il solito filmetto di formazione liceale, stavolta con l’heavy metal in primo piano. Con Jaeden Martell.

Su Disney + è disponibile col doppiaggio in italiano il film

_AD ASTRA (2019 USA-CINA) – TTT½

Il fatto è che a me la fantascienza piace parecchio (sono un fan della saga Alien) e dunque tendo a guardare (o perlomeno ad iniziare) qualunque film sci-fi che appaia decente. In questo vi sono Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Donald Sutherland e insieme formano una discreta garanzia. La prima parte della pellicola mi è piaciuta molto, l’ultima un po’ meno. Ad ogni modo in queste giornate che sanciscono la fine delle festività invernali è un film che si fa guardare. Il titolo è preso dal motto latino per aspera ad astra (‘attraverso le asperità si giunge alle stelle’) .

SERIE TV

_Romulus II – La guerra per Roma (SKY ITALIA 2022) – TTTTT

Per la seconda serie di Romulus non possiamo che confermare quanto detto per la prima: serie meravigliosa! Produzione impeccabile, attori magnifici, scenografie credibili. E poi, lo raccomando a tutti, va vista nell’audio originale con i sottotitoli in italiano. Sì perché grazie all’aiuto di linguisti e studiosi i dialoghi sono stati affidati ad un una lingua creata per l’occasione, il protolatino, di cui non sappiamo granché non essendo arrivato a noi nulla di scritto, ma perlomeno l’esperimento suona terribilmente verosimile. E’ un peccato che questa serie non abbia la giusta risonanza internazionale perché è fantastica e meriterebbe un successo planetario. E’ magnifico immergersi nella storia di Roma, magnifico.

_Seven Seconds (USA 2018) – TTT¾

Buon poliziesco che striscia nell’humus delle tensioni tra cittadini di colore e poliziotti bianchi.

 

 

 

 

 

 

 

PLAYLIST

CODA

Questi ultimi giorni sono stati carichi di promesse nevose, ma non hanno portato nulla, giovedì scorso la neve era data per certa qui in pianura, ma è nevicato a Piacenza, a Parma, a Bologna e in Romagna … le mie due città, Mutina e Regium Lepidi, sono state saltate a piè pari. E va beh, cercherò di trovarla nei sogni la neve, spero che venga a me in maniera vivida e potente, come talvolta succede quando si sogna la mattina e ci si sveglia credendo di aver vissuto davvero quello che la mente si è divertita a creare.